Innalzati nel tempio degli avi come il tripode di Kao, per splendore e per pregio sarebbero a quelli secondi, o non piuttosto cento volte migliori? Se la grazia imperiale concedesse l’accademia a degna dimora, l’ingegno degli studiosi, disputando, chiarendo, si affinerebbe. Come un tempo alla porta Hung-tu alla vista dei classici s’assiepava la folla, resterebbero oggi, per questi, ondate infinite accorse da tutto l’impero. Raschiato il muschio, estirpati i licheni, rimessi in luce angoli e nodi, starebbero ritti e tranquilli, bene ordinati sopra un piano senza pendenza, in largo edificio al riparo d’un tetto profondo, e pur che a lungo vivessero nel tempo lontano, nient’altro avrebbe importanza. La lettura di questo canto di Han Yü (820 a.C.) spinse Roberto Pane a indagare le matrici della conservazione del patrimonio archeologico ai confini della cultura occidentale, in un paese, la Cina, in cui l’importanza documentale dei tamburi di pietra spinse il poeta a immaginare tali reperti restaurati e conservati in un tempio confuciano. L’amore, invece, verso i monumenti precolombiani indusse lo stesso Pane a denunciare le ricostruzioni di Cholula come un “autentico insulto all’autenticità dei resti archeologici”, criticando gli interventi di ricostruzione della maggior parte dei monumenti di Teotihuacan. Il rispetto verso il rudere archeologico nella sua autenticità materica e formale ha quindi sempre accompagnato lo studioso napoletano nelle sue riflessioni sulla tutela, spingendolo a visitare soprattutto i siti archeologici distribuiti sul territorio dei paesi del bacino mediterraneo. Il contributo, pertanto, intende confrontare quanto descritto nei documenti di viaggio di Roberto Pane (foto, appunti, considerazioni) circa la condizione in cui si presentava allora il patrimonio archeologico, con la situazione attuale degli stessi siti da lui visitati. Risulta particolarmente interessante, a questo proposito, individuare quanto, delle sue indicazioni teorico-metodologiche, sia stato recepito nei decenni successivi entrando a far parte dell’odierna teoria e prassi del restauro archeologico e quanto, invece, sia stato disatteso, preferendo soluzioni di ripristino o ricostruzione a discapito del rispetto dell’autenticità del rudere.

Roberto Pane e il restauro archeologico: alcune riflessioni / Romeo, Emanuele. - STAMPA. - (2010), pp. 178-187. (Intervento presentato al convegno Roberto Pane tra storia e restauro : architettura, città, paesaggio tenutosi a Napoli nel 27-28 ottobre 2008).

Roberto Pane e il restauro archeologico: alcune riflessioni

ROMEO, Emanuele
2010

Abstract

Innalzati nel tempio degli avi come il tripode di Kao, per splendore e per pregio sarebbero a quelli secondi, o non piuttosto cento volte migliori? Se la grazia imperiale concedesse l’accademia a degna dimora, l’ingegno degli studiosi, disputando, chiarendo, si affinerebbe. Come un tempo alla porta Hung-tu alla vista dei classici s’assiepava la folla, resterebbero oggi, per questi, ondate infinite accorse da tutto l’impero. Raschiato il muschio, estirpati i licheni, rimessi in luce angoli e nodi, starebbero ritti e tranquilli, bene ordinati sopra un piano senza pendenza, in largo edificio al riparo d’un tetto profondo, e pur che a lungo vivessero nel tempo lontano, nient’altro avrebbe importanza. La lettura di questo canto di Han Yü (820 a.C.) spinse Roberto Pane a indagare le matrici della conservazione del patrimonio archeologico ai confini della cultura occidentale, in un paese, la Cina, in cui l’importanza documentale dei tamburi di pietra spinse il poeta a immaginare tali reperti restaurati e conservati in un tempio confuciano. L’amore, invece, verso i monumenti precolombiani indusse lo stesso Pane a denunciare le ricostruzioni di Cholula come un “autentico insulto all’autenticità dei resti archeologici”, criticando gli interventi di ricostruzione della maggior parte dei monumenti di Teotihuacan. Il rispetto verso il rudere archeologico nella sua autenticità materica e formale ha quindi sempre accompagnato lo studioso napoletano nelle sue riflessioni sulla tutela, spingendolo a visitare soprattutto i siti archeologici distribuiti sul territorio dei paesi del bacino mediterraneo. Il contributo, pertanto, intende confrontare quanto descritto nei documenti di viaggio di Roberto Pane (foto, appunti, considerazioni) circa la condizione in cui si presentava allora il patrimonio archeologico, con la situazione attuale degli stessi siti da lui visitati. Risulta particolarmente interessante, a questo proposito, individuare quanto, delle sue indicazioni teorico-metodologiche, sia stato recepito nei decenni successivi entrando a far parte dell’odierna teoria e prassi del restauro archeologico e quanto, invece, sia stato disatteso, preferendo soluzioni di ripristino o ricostruzione a discapito del rispetto dell’autenticità del rudere.
2010
9788831706339
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