Negli ultimi anni si è assistito ad un crescente riconoscimento del ruolo della geografia fisica nel definire un panorama descrittivo efficiente, e una prospettiva applicativa efficace, nell’ambito della conservazione ambientale. Gli studiosi hanno riconosciuto quanto la componente abiotica sia imprescindibile, e pari ordinata, rispetto alla componente biotica nell’architettura degli ecosistemi locali e globali. Le specie animali e vegetali non possono essere adeguatamente tutelate se non si passa attraverso la visione integrata dei loro cicli, non solo rispetto al substrato geologico che abitano e da cui traggono sostegno e nutrimento, ma anche alle dinamiche geomorfologiche che lo modificano. Di fronte all’accelerazione dei cambiamenti climatici antropogenici, da più parti si è auspicato lo sviluppo di un approccio olistico che permetta di mitigare il crescente stress ambientale a cui sono e saranno sempre più sottoposti tutti i bioti, consentendone un maggior margine di adattamento. Una forma specifica di risposta rapida delle comunità biologiche al cambiamento è la mobilità altitudinale e latitudinale. La mobilità biotica è sempre stata nella storia della Terra lo strumento di reazione più immediato alle modificazioni climatiche sia di breve che di lungo periodo. Ancor prima che questo tipo di bio-mobilità possa essere studiata, è tuttavia indispensabile definire un quadro preciso della geo-mobilità retrostante, ovvero di come l’ambiente geomorfologico reagisce al cambiamento climatico, dal momento che le dinamiche abiotiche e biotiche sono strettamente interdipendenti.
Una dinamicità nascosta: il ruolo del fattore abiotico nella mobilità degli ecosistemi delle aree deglacializzate / Pranzo, Andrea Marco Raffaele; Giardino, Marco; Besana, Angelo. - STAMPA. - 1:(2023), pp. 171-178. (Intervento presentato al convegno Padova 2021 - XXXIII Congresso Geografico Italiano. Geografie in Movimento - Moving Geographies tenutosi a Padova, Italia nel 8-13 settembre 2021).
Una dinamicità nascosta: il ruolo del fattore abiotico nella mobilità degli ecosistemi delle aree deglacializzate
Pranzo, Andrea Marco Raffaele;
2023
Abstract
Negli ultimi anni si è assistito ad un crescente riconoscimento del ruolo della geografia fisica nel definire un panorama descrittivo efficiente, e una prospettiva applicativa efficace, nell’ambito della conservazione ambientale. Gli studiosi hanno riconosciuto quanto la componente abiotica sia imprescindibile, e pari ordinata, rispetto alla componente biotica nell’architettura degli ecosistemi locali e globali. Le specie animali e vegetali non possono essere adeguatamente tutelate se non si passa attraverso la visione integrata dei loro cicli, non solo rispetto al substrato geologico che abitano e da cui traggono sostegno e nutrimento, ma anche alle dinamiche geomorfologiche che lo modificano. Di fronte all’accelerazione dei cambiamenti climatici antropogenici, da più parti si è auspicato lo sviluppo di un approccio olistico che permetta di mitigare il crescente stress ambientale a cui sono e saranno sempre più sottoposti tutti i bioti, consentendone un maggior margine di adattamento. Una forma specifica di risposta rapida delle comunità biologiche al cambiamento è la mobilità altitudinale e latitudinale. La mobilità biotica è sempre stata nella storia della Terra lo strumento di reazione più immediato alle modificazioni climatiche sia di breve che di lungo periodo. Ancor prima che questo tipo di bio-mobilità possa essere studiata, è tuttavia indispensabile definire un quadro preciso della geo-mobilità retrostante, ovvero di come l’ambiente geomorfologico reagisce al cambiamento climatico, dal momento che le dinamiche abiotiche e biotiche sono strettamente interdipendenti.File | Dimensione | Formato | |
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