Gli anni Sessanta e Settanta del Novecento rappresentano un momento cruciale per lo sviluppo del dibattito nazionale e internazionale legato al restauro e alla conservazione: dopo la Carta di Atene del 1931 e la Carta Italiana del Restauro del 1932, gli indirizzi culturali e le azioni tecniche sul patrimonio tornano infatti a essere proprio in questi anni tematiche di estrema attualità. Cosa bisogna conservare? Quali valori devono essere trasmessi al futuro? A quali principi deve fare riferimento l’architetto restauratore? Purtroppo, come nota Marco Dezzi Bardeschi nel 1964 in occasione della II Mostra Internazionale di Restauro Monumentale, sono moltissimi «i monumenti alterati irreversibilmente per una errata concezione tradizionale del Restauro come rifrazione/ripristino e ritorno al primitivo splendore». Proprio in quell’anno, a Venezia, durante il II° Congresso Internazionale del Restauro, alcuni dei maggiori studiosi e interpreti del Restauro, tra cui Piero Gazzola e Roberto Pane, danno origine alla Carta di Venezia, un documento fondamentale, ancora oggi di profonda attualità soprattutto nel contesto globale, che pone al centro dell’attenzione il concetto di autenticità nella conservazione e nella ricostruzione. A partire da questa riflessione, il presente contributo si pone l’obiettivo di individuare una possibile correlazione tra l’avanzamento teorico promosso proprio dalla Carta di Venezia e i principali interventi di restauro pubblicati durante i dieci anni successivi su una delle principali riviste nazionali di architettura, «Domus». Nel decennio considerato, sotto la guida dell’architetto Gio Ponti, la rivista assume un carattere internazionale e diventa un vero e proprio punto di riferimento per la comprensione delle differenti tendenze architettoniche e artistiche. L’analisi dei casi studio riportati sui numeri compresi nell’arco cronologico selezionato (dal gennaio 1964, numero 410, al dicembre 1973, numero 529) risulta così uno strumento per cogliere le rappresentazioni del cantiere di restauro come cantiere di architettura, sotto una duplice lente: il suo sviluppo tecnico nonché il messaggio interpretativo proposto.
«Domus» e la Carta di Venezia (1964-1973): cantieri e interpretazioni del restauro nella pubblicistica d’autore / Beltramo, Giulia - In: Archivi e cantieri per interpretare il patrimonio - Archives et chantiers pour l’interprétation du patrimoine / Devoti C., Naretto M.. - STAMPA. - Firenze : All'insegna del Giglio, 2021. - ISBN 978-88-9285-041-5. - pp. 309-314 [10.36153/heredium02-031]
«Domus» e la Carta di Venezia (1964-1973): cantieri e interpretazioni del restauro nella pubblicistica d’autore
Beltramo, Giulia
2021
Abstract
Gli anni Sessanta e Settanta del Novecento rappresentano un momento cruciale per lo sviluppo del dibattito nazionale e internazionale legato al restauro e alla conservazione: dopo la Carta di Atene del 1931 e la Carta Italiana del Restauro del 1932, gli indirizzi culturali e le azioni tecniche sul patrimonio tornano infatti a essere proprio in questi anni tematiche di estrema attualità. Cosa bisogna conservare? Quali valori devono essere trasmessi al futuro? A quali principi deve fare riferimento l’architetto restauratore? Purtroppo, come nota Marco Dezzi Bardeschi nel 1964 in occasione della II Mostra Internazionale di Restauro Monumentale, sono moltissimi «i monumenti alterati irreversibilmente per una errata concezione tradizionale del Restauro come rifrazione/ripristino e ritorno al primitivo splendore». Proprio in quell’anno, a Venezia, durante il II° Congresso Internazionale del Restauro, alcuni dei maggiori studiosi e interpreti del Restauro, tra cui Piero Gazzola e Roberto Pane, danno origine alla Carta di Venezia, un documento fondamentale, ancora oggi di profonda attualità soprattutto nel contesto globale, che pone al centro dell’attenzione il concetto di autenticità nella conservazione e nella ricostruzione. A partire da questa riflessione, il presente contributo si pone l’obiettivo di individuare una possibile correlazione tra l’avanzamento teorico promosso proprio dalla Carta di Venezia e i principali interventi di restauro pubblicati durante i dieci anni successivi su una delle principali riviste nazionali di architettura, «Domus». Nel decennio considerato, sotto la guida dell’architetto Gio Ponti, la rivista assume un carattere internazionale e diventa un vero e proprio punto di riferimento per la comprensione delle differenti tendenze architettoniche e artistiche. L’analisi dei casi studio riportati sui numeri compresi nell’arco cronologico selezionato (dal gennaio 1964, numero 410, al dicembre 1973, numero 529) risulta così uno strumento per cogliere le rappresentazioni del cantiere di restauro come cantiere di architettura, sotto una duplice lente: il suo sviluppo tecnico nonché il messaggio interpretativo proposto.File | Dimensione | Formato | |
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