La considerazione dei valori storici e del patrimonio culturale è ormai indiscutibilmente parte integrante della pianificazione territoriale e paesaggistica, ma rischia di diventare un tema logoro o meramente retorico nel momento in cui viene data per scontata e non è più oggetto di dibattito critico. Due i rischi: in primo luogo che il patrimonio culturale e paesaggistico venga considerato solo per le sue potenzialità turistiche ed economiche, come attività di ripiego rispetto alle tramontate vocazioni manifatturiere, e non come elemento costitutivo della cittadinanza; come corollario, ne deriva che vengano proposti all’attenzione del “pubblico” (inteso dei turisti e dei consumatori) solo quei patrimoni culturali attrattivi, gradevoli, pacificanti, esteticamente appaganti; in secondo luogo, il rischio che il patrimonio diventi un elemento identitario autoreferenziale, autolegittimante per comunità locali che, per superare un certo disorientamento, si rifugiano in un mondo di nostalgia, presunte tradizioni o retaggi culturali quasi meta-storici e “originari”. A fronte di tali derive consumiste o localiste, è necessario richiamare alcuni principi metodologici di fondo che guidano il rapporto tra patrimonio e territorio, e quindi tra patrimonio e pianificazione; principi che hanno un’ineludibile dimensione etica.

Per un’etica della memoria: paesaggi, patrimoni e pianificazione / Longhi, Andrea. - In: TRA IL DIRE E IL FARE. - ISSN 2532-9928. - STAMPA. - 16, n.s. a. II:2(2018), pp. 48-50.

Per un’etica della memoria: paesaggi, patrimoni e pianificazione

Andrea LONGHI
2018

Abstract

La considerazione dei valori storici e del patrimonio culturale è ormai indiscutibilmente parte integrante della pianificazione territoriale e paesaggistica, ma rischia di diventare un tema logoro o meramente retorico nel momento in cui viene data per scontata e non è più oggetto di dibattito critico. Due i rischi: in primo luogo che il patrimonio culturale e paesaggistico venga considerato solo per le sue potenzialità turistiche ed economiche, come attività di ripiego rispetto alle tramontate vocazioni manifatturiere, e non come elemento costitutivo della cittadinanza; come corollario, ne deriva che vengano proposti all’attenzione del “pubblico” (inteso dei turisti e dei consumatori) solo quei patrimoni culturali attrattivi, gradevoli, pacificanti, esteticamente appaganti; in secondo luogo, il rischio che il patrimonio diventi un elemento identitario autoreferenziale, autolegittimante per comunità locali che, per superare un certo disorientamento, si rifugiano in un mondo di nostalgia, presunte tradizioni o retaggi culturali quasi meta-storici e “originari”. A fronte di tali derive consumiste o localiste, è necessario richiamare alcuni principi metodologici di fondo che guidano il rapporto tra patrimonio e territorio, e quindi tra patrimonio e pianificazione; principi che hanno un’ineludibile dimensione etica.
2018
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