Il Patrimonio Culturale, come ormai attestato da un’ampia e autorevole letteratura, è divenuto oggetto di un’attenzione transdisciplinare che ne mette in evidenza lo stretto rapporto con società civile e politica, sollecitando gli studiosi a interrogarsi su quale rapporto vi sia tra esso, l’identità e la memoria, e quale peso detenga la partecipazione diretta della popolazione nel suo riconoscimento e sulla sua conseguente conservazione. Tali tematiche sono oggetto di riflessione e ripensamenti anche nell’ambito disciplinare del Restauro, come dimostrano i focus dei convegni (tra i più recenti, ad esempio, RICerca/REStauro, organizzato dalla Società Italiana per il Restauro dell’Architettura-SIRA) e delle più accreditate riviste di settore («ANANKE», «Materiali e Strutture») e la sempre maggior attenzione cui le Convenzioni internazionali e le Carte del Restauro tributano a tali aspetti. In particolare, con la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, elaborata a Faro nel 2005, si sarebbe passati da una concezione di tutela incentrata sul bene culturale (materiale o immateriale) a una che pone al centro il tema della comunità, che guarderebbe consapevolmente all’insieme del suo patrimonio. Muovendo da tali sollecitazioni teoretiche, la tesi si avvale di un supporto esemplificativo coincidente con la “comunità di eredità” (secondo la definizione contenuta nella Convenzione di Faro) delle Valli Valdesi del Piemonte, confrontato con la regione francese dell’Occitanie. La scelta territoriale – valli Pellice, Germanasca e Chisone nel Pinerolese (TO) e Dipartimenti dell’Aude e dell’Ariège – riflette un’area culturale omogenea riconosciuta nell’Occitania, che ha visto diffondersi due dei principali movimenti ereticali medievali: i Valdesi e i Catari; essa, inoltre, consente di paragonare le dinamiche di riconoscimento dei luoghi simbolici e la loro tutela secondo due tradizioni europee distinte, tra le più influenti per l’intero contesto mondiale. Per ciò che concerne i Valdesi, da sempre attenti alla salvaguardia della propria identità minoritaria, è possibile delineare una progressiva tutela applicata prima ai monumenti simbolici, e poi a intere porzioni di territorio, che ha dato luogo a una sistematica conservazione del loro patrimonio. Percorso diverso per Le Pays Cathare: i territori e i monumenti che fanno parte di questo circuito sono in effetti tutelati da tempo (un esempio è la rocca di Montségur, classificata Monument historique già nel 1862), ma hanno assunto questa dicitura solamente 2 nel 1992, con la nascita dell’omonimo marchio territoriale riconosciuto dal dipartimento dell’Aude. Analizzando, in particolare la comunità valdese, si è riscontrato l’emergere di quattro caratteri persistenti che, a mio parere, influiscono sulla conservazione dell’eredità culturale: la processualità dell’identità e della memoria; l’impiego, per la gestione comunitaria, del parlamentarismo, espressione di democrazia elettiva e partecipativa; la forte coscienza e applicazione del principio di responsabilità personale; il costante ricorso all’educazione e alla formazione, continue e permanenti. Questi elementi fanno sì che si crei un quadro di forte condivisione – di obiettivi e conoscenze – tra organismi di tutela e cittadinanza, che diventano in tal modo una vera e propria “comunità di eredità”, ove la conservazione non è vista come azione eventuale/straordinaria, ma parte della quotidianità.

Educare al patrimonio, partecipare alla conservazione. I paesaggi delle eresie tra memoria e identità: dall’esperienza delle comunità di eredità a una rinnovata processualità / Rudiero, Riccardo. - (2018 Jun 20).

Educare al patrimonio, partecipare alla conservazione. I paesaggi delle eresie tra memoria e identità: dall’esperienza delle comunità di eredità a una rinnovata processualità

RUDIERO, RICCARDO
2018

Abstract

Il Patrimonio Culturale, come ormai attestato da un’ampia e autorevole letteratura, è divenuto oggetto di un’attenzione transdisciplinare che ne mette in evidenza lo stretto rapporto con società civile e politica, sollecitando gli studiosi a interrogarsi su quale rapporto vi sia tra esso, l’identità e la memoria, e quale peso detenga la partecipazione diretta della popolazione nel suo riconoscimento e sulla sua conseguente conservazione. Tali tematiche sono oggetto di riflessione e ripensamenti anche nell’ambito disciplinare del Restauro, come dimostrano i focus dei convegni (tra i più recenti, ad esempio, RICerca/REStauro, organizzato dalla Società Italiana per il Restauro dell’Architettura-SIRA) e delle più accreditate riviste di settore («ANANKE», «Materiali e Strutture») e la sempre maggior attenzione cui le Convenzioni internazionali e le Carte del Restauro tributano a tali aspetti. In particolare, con la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, elaborata a Faro nel 2005, si sarebbe passati da una concezione di tutela incentrata sul bene culturale (materiale o immateriale) a una che pone al centro il tema della comunità, che guarderebbe consapevolmente all’insieme del suo patrimonio. Muovendo da tali sollecitazioni teoretiche, la tesi si avvale di un supporto esemplificativo coincidente con la “comunità di eredità” (secondo la definizione contenuta nella Convenzione di Faro) delle Valli Valdesi del Piemonte, confrontato con la regione francese dell’Occitanie. La scelta territoriale – valli Pellice, Germanasca e Chisone nel Pinerolese (TO) e Dipartimenti dell’Aude e dell’Ariège – riflette un’area culturale omogenea riconosciuta nell’Occitania, che ha visto diffondersi due dei principali movimenti ereticali medievali: i Valdesi e i Catari; essa, inoltre, consente di paragonare le dinamiche di riconoscimento dei luoghi simbolici e la loro tutela secondo due tradizioni europee distinte, tra le più influenti per l’intero contesto mondiale. Per ciò che concerne i Valdesi, da sempre attenti alla salvaguardia della propria identità minoritaria, è possibile delineare una progressiva tutela applicata prima ai monumenti simbolici, e poi a intere porzioni di territorio, che ha dato luogo a una sistematica conservazione del loro patrimonio. Percorso diverso per Le Pays Cathare: i territori e i monumenti che fanno parte di questo circuito sono in effetti tutelati da tempo (un esempio è la rocca di Montségur, classificata Monument historique già nel 1862), ma hanno assunto questa dicitura solamente 2 nel 1992, con la nascita dell’omonimo marchio territoriale riconosciuto dal dipartimento dell’Aude. Analizzando, in particolare la comunità valdese, si è riscontrato l’emergere di quattro caratteri persistenti che, a mio parere, influiscono sulla conservazione dell’eredità culturale: la processualità dell’identità e della memoria; l’impiego, per la gestione comunitaria, del parlamentarismo, espressione di democrazia elettiva e partecipativa; la forte coscienza e applicazione del principio di responsabilità personale; il costante ricorso all’educazione e alla formazione, continue e permanenti. Questi elementi fanno sì che si crei un quadro di forte condivisione – di obiettivi e conoscenze – tra organismi di tutela e cittadinanza, che diventano in tal modo una vera e propria “comunità di eredità”, ove la conservazione non è vista come azione eventuale/straordinaria, ma parte della quotidianità.
20-giu-2018
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2709892
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