Inserendosi nel dibattito sulla "qualità architettonica", con l'espressione nuovi paesaggismi intendiamo riflettere su una pratica di pensiero – e quindi di progetto - che, relazionando fra loro discipline diverse attinenti alla “trasformazione” dei luoghi, sia in grado di suggerire nuove dimensioni dell'architettura e del suo pensiero: dimensioni non più isolate e autoreferenziali, bensì eteronome ed eterodosse, capaci – come sottolinea lo stesso concetto di paesaggio, che include in sé quello di orizzonte quale linea immaginaria e inattingibile – di incentivare ampi margini di sperimentazione, deriva e sconfinamento. In questa ottica il paesaggio in situ e in visu - a ricordare la doppia artialisatiion di Alan Roger, diretta la prima, indiretta la seconda – è un modo di pensare lo spazio come insieme di relazioni e interazioni mai univocamente definibili o afferrabili, in cui si fondono e si con-fondono le componenti storiche e geografiche, il sensibile e il fisico, l’immaginario e il visibile e tutti gli aspetti, anche labili e fluttuanti, che designano un luogo come paesaggio nella memoria individuale e/o collettiva. Riflettendo “l’uni-dualità” del mondo (Edgar Morin) per afferrare relazioni significative inerenti a un insieme (reale e concettuale) non più smontabile nelle singole componenti e nel quale l’osservatore e l’atto di osservazione costituiscono parte integrante e fondamentale, il paesaggio diviene – o può divenire – strategia flessibile e multifocale del progetto contemporaneo, in grado di assorbire l’aleatorietà presente e futura.
Nuovi paesaggismi: per un progetto sistemico dell’architettura / Gregory, P.. - STAMPA. - (2012), pp. 57-67. (Intervento presentato al convegno 3gA. La tre giorni di Architettura. Ciclo di incontri sul tema dell'abitare tenutosi a Altamura nel 3-4-5 Agosto 2011).
Nuovi paesaggismi: per un progetto sistemico dell’architettura
Gregory, P.
2012
Abstract
Inserendosi nel dibattito sulla "qualità architettonica", con l'espressione nuovi paesaggismi intendiamo riflettere su una pratica di pensiero – e quindi di progetto - che, relazionando fra loro discipline diverse attinenti alla “trasformazione” dei luoghi, sia in grado di suggerire nuove dimensioni dell'architettura e del suo pensiero: dimensioni non più isolate e autoreferenziali, bensì eteronome ed eterodosse, capaci – come sottolinea lo stesso concetto di paesaggio, che include in sé quello di orizzonte quale linea immaginaria e inattingibile – di incentivare ampi margini di sperimentazione, deriva e sconfinamento. In questa ottica il paesaggio in situ e in visu - a ricordare la doppia artialisatiion di Alan Roger, diretta la prima, indiretta la seconda – è un modo di pensare lo spazio come insieme di relazioni e interazioni mai univocamente definibili o afferrabili, in cui si fondono e si con-fondono le componenti storiche e geografiche, il sensibile e il fisico, l’immaginario e il visibile e tutti gli aspetti, anche labili e fluttuanti, che designano un luogo come paesaggio nella memoria individuale e/o collettiva. Riflettendo “l’uni-dualità” del mondo (Edgar Morin) per afferrare relazioni significative inerenti a un insieme (reale e concettuale) non più smontabile nelle singole componenti e nel quale l’osservatore e l’atto di osservazione costituiscono parte integrante e fondamentale, il paesaggio diviene – o può divenire – strategia flessibile e multifocale del progetto contemporaneo, in grado di assorbire l’aleatorietà presente e futura.Pubblicazioni consigliate
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https://hdl.handle.net/11583/2617103
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