Lo scavo e lo studio del complesso templare a due celle di età domizianea, situato sulla banchina occidentale del porto di Leptis Magna, all’estremità della Via Colonnata, condotti dal 1964 al 1968 dall’Università di Perugia, sotto la guida di Filippo Magi, è dal 1979 affidato alla Missione Archeologica Congiunta Italo-Libica “Tempio Flavio” diretta, fino al 2004, da Enrica Fiandra e, a seguire, da Anna Maria Dolciotti . Il cosiddetto Tempio Flavio è una complessa costruzione con destinazione funzionale e sacra che si inseriva tra il Foro Vecchio e il porto, comprendendo in una sistemazione unitaria anche la banchina d’attracco. Sulla traiettoria visiva di chi entrava nel porto, il complesso si presentava con l’imponenza della sua basis porticata. Al di sopra, sulla platea, circoscritta da una porticus a colonne ioniche, si ergeva il podio del tempio a due celle prostile, tetrastile, corinzie. La conformazione della struttura monumentale del Tempio Flavio è particolarmente interessante per la stretta interconnessione tra l’edificio di culto vero e proprio, un ottastilo gemino sine postico che si ergeva su un alto podio, e il sistema sottostante di ambienti destinati al deposito delle derrate e delle merci che giungevano al porto o in procinto di ripartire da esso; proprio di fronte al tempio, infatti, gli scavi recenti della Missione hanno riportato alla luce le banchine con i moli di attracco all’imboccatura del wadi Lebda che dimostrano la funzione logistica, oltreché templare, del complesso. Dopo i crolli e le spoliazioni del passato il complesso si presenta oggi come un’imponente rovina dominata dalla volta di conglomerato che sosteneva il pavimento di una delle celle; tutto all’intorno sono i resti delle strutture murarie e i brani lacunosi delle architetture antiche che solo un’ulteriore estensione dello scavo archeologico potrà permettere di riconoscere e interpretare ulteriormente. Già oggi tuttavia, pur con grande difficoltà, è possibile leggere i rapporti del tempio con la banchina del porto e con la strada sudoccidentale nelle sue diverse fasi di trasformazione, flavia e severiana, oltre ad operare una prima lettura degli elementi, tentandone una loro interpretazione preliminare che possa offrire un’immagine della terrazza templare, già sopra descritta, e del livello sottostante dei magazzini. (parte Mighetto pp. 268-272)

Il complesso templare della gens Flavia a Leptis Magna (Libia). Tra scenografia, funzionalità e colorismo / Dolciotti, A. M.; Fiandra, E.; Mighetto, Paolo. - STAMPA. - Acta Flaviana, 2:(2012), pp. 263-272. (Intervento presentato al convegno Vespasiano e l'impero dei Flavi tenutosi a Roma nel 18-20 novembre 2009).

Il complesso templare della gens Flavia a Leptis Magna (Libia). Tra scenografia, funzionalità e colorismo

MIGHETTO, PAOLO
2012

Abstract

Lo scavo e lo studio del complesso templare a due celle di età domizianea, situato sulla banchina occidentale del porto di Leptis Magna, all’estremità della Via Colonnata, condotti dal 1964 al 1968 dall’Università di Perugia, sotto la guida di Filippo Magi, è dal 1979 affidato alla Missione Archeologica Congiunta Italo-Libica “Tempio Flavio” diretta, fino al 2004, da Enrica Fiandra e, a seguire, da Anna Maria Dolciotti . Il cosiddetto Tempio Flavio è una complessa costruzione con destinazione funzionale e sacra che si inseriva tra il Foro Vecchio e il porto, comprendendo in una sistemazione unitaria anche la banchina d’attracco. Sulla traiettoria visiva di chi entrava nel porto, il complesso si presentava con l’imponenza della sua basis porticata. Al di sopra, sulla platea, circoscritta da una porticus a colonne ioniche, si ergeva il podio del tempio a due celle prostile, tetrastile, corinzie. La conformazione della struttura monumentale del Tempio Flavio è particolarmente interessante per la stretta interconnessione tra l’edificio di culto vero e proprio, un ottastilo gemino sine postico che si ergeva su un alto podio, e il sistema sottostante di ambienti destinati al deposito delle derrate e delle merci che giungevano al porto o in procinto di ripartire da esso; proprio di fronte al tempio, infatti, gli scavi recenti della Missione hanno riportato alla luce le banchine con i moli di attracco all’imboccatura del wadi Lebda che dimostrano la funzione logistica, oltreché templare, del complesso. Dopo i crolli e le spoliazioni del passato il complesso si presenta oggi come un’imponente rovina dominata dalla volta di conglomerato che sosteneva il pavimento di una delle celle; tutto all’intorno sono i resti delle strutture murarie e i brani lacunosi delle architetture antiche che solo un’ulteriore estensione dello scavo archeologico potrà permettere di riconoscere e interpretare ulteriormente. Già oggi tuttavia, pur con grande difficoltà, è possibile leggere i rapporti del tempio con la banchina del porto e con la strada sudoccidentale nelle sue diverse fasi di trasformazione, flavia e severiana, oltre ad operare una prima lettura degli elementi, tentandone una loro interpretazione preliminare che possa offrire un’immagine della terrazza templare, già sopra descritta, e del livello sottostante dei magazzini. (parte Mighetto pp. 268-272)
2012
9788882657475
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