I municipi ottocenteschi di Torino, Milano e Venezia sono esempi sontuosi di qualità architettonica, che però non danno la misura di un fenomeno ben più ampio, come la costruzione o la ristrutturazione di edifici comunali nell'Italia settentrionale all'indomani dell'Unità d'Italia. Il nuovo Regno impose un ripensamento del rapporto tra centri e periferie: come possono, dunque, gli eccellenti cittadini del nuovo Regno d'Italia rimanere orgogliosi cittadini della loro città? In molti casi, una riappropriazione memoriale è avvenuta a favore di élite e progettisti locali, favorendo la costruzione di nuove sedi evocative di comuni medievali, a volte solo mitologicamente appartenenti a quei luoghi e a quelle comunità. Inoltre, all'interno del nuovo Stato, vecchie e nuove funzioni amministrative dovevano trovare spazio in edifici con caratteristiche distributive e funzionali omogenee: gli uffici pubblici, la Sala dei matrimoni, la Sala del Consiglio comunale, le stanze dei funzionari e l'ufficio del sindaco divennero elementi ricorrenti e strettamente basati su tipologie consolidate. Così, molti edifici comunali, concepiti come dispositivi operativi grazie alla sequenza degli spazi interni, apparivano come echi lontani di un passato spesso conosciuto solo in modo frammentario grazie alle loro facciate e alle sale di rappresentanza. La cultura architettonica del lungo Ottocento riuscì a immaginare per questi edifici un doppio standard, distributivo e simbolico, non necessariamente sovrapposti: l'unico obiettivo fondamentale era quello di far riapparire e vivere la storia di una comunità.

“Come l’albero nutre il fiore”. Società civile, arte, architettura nei palazzi municipali dell’Italia settentrionale nel corso del lungo Ottocento / Pace, Sergio. - In: STUDI E RICERCHE DI STORIA DELL'ARCHITETTURA. - ISSN 2532-2699. - ELETTRONICO. - Anno VIII, numero speciale, novembre 2024:"Una nazione giovane: l’Italia dei palazzi municipali, 1861-1911", a cura di I.C.R. Balestreri e M. Folin(2024), pp. 74-87. [10.17401/sr.sp.2024-pace]

“Come l’albero nutre il fiore”. Società civile, arte, architettura nei palazzi municipali dell’Italia settentrionale nel corso del lungo Ottocento

Pace, Sergio
2024

Abstract

I municipi ottocenteschi di Torino, Milano e Venezia sono esempi sontuosi di qualità architettonica, che però non danno la misura di un fenomeno ben più ampio, come la costruzione o la ristrutturazione di edifici comunali nell'Italia settentrionale all'indomani dell'Unità d'Italia. Il nuovo Regno impose un ripensamento del rapporto tra centri e periferie: come possono, dunque, gli eccellenti cittadini del nuovo Regno d'Italia rimanere orgogliosi cittadini della loro città? In molti casi, una riappropriazione memoriale è avvenuta a favore di élite e progettisti locali, favorendo la costruzione di nuove sedi evocative di comuni medievali, a volte solo mitologicamente appartenenti a quei luoghi e a quelle comunità. Inoltre, all'interno del nuovo Stato, vecchie e nuove funzioni amministrative dovevano trovare spazio in edifici con caratteristiche distributive e funzionali omogenee: gli uffici pubblici, la Sala dei matrimoni, la Sala del Consiglio comunale, le stanze dei funzionari e l'ufficio del sindaco divennero elementi ricorrenti e strettamente basati su tipologie consolidate. Così, molti edifici comunali, concepiti come dispositivi operativi grazie alla sequenza degli spazi interni, apparivano come echi lontani di un passato spesso conosciuto solo in modo frammentario grazie alle loro facciate e alle sale di rappresentanza. La cultura architettonica del lungo Ottocento riuscì a immaginare per questi edifici un doppio standard, distributivo e simbolico, non necessariamente sovrapposti: l'unico obiettivo fondamentale era quello di far riapparire e vivere la storia di una comunità.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2996444