Architettura “parlante”, marchio aziendale della fabbrica Olivetti di Ivrea, l’edificio concluso nel 1975 dopo un lungo e controverso iter progettuale impone la sua forza iconica al limite della città di antica fondazione. La sua forma provocatoria voleva evocare il dinamismo dell’azienda, espressione di cambiamento della società e del modo di vivere, dall’individuale al collettivo. A interpretarne il senso furono gli architetti veneziani Iginio Cappai e Pietro Mainardis, che progettarono l’edificio per una nuova idea del vivere e dell’abitare, un centro di riferimento per gli abitanti e i non abitanti della città olivettiana. L’edificio sorge sul sito di antichi resti archeologici e viene realizzato nonostante le polemiche e gli ostacoli delle amministrazioni di tutela, col plauso di critici del calibro di Zevi e di Ragghianti. L’idea era quella di città connessa, inclusa in una struttura che assembla alloggi e servizi: un caso di studio che impone oggi un’attenta riflessione sulla sua conservazione fisica e funzionale. Il volume intende ricostruirne la vicenda, contestualizzata nel momento storico della committenza Olivetti, a oltre un decennio dalla scomparsa di Adriano, e del dibattito internazionale sull’architettura, la città e il design a cavallo degli anni ’60 e ’70 del Novecento, come base per un’azione di riconoscimento del bene, patrimonio da preservare e valorizzare.
Un edificio-città: la serra di Ivrea. Centro di servizi sociali e residenziali Olivetti / Caccia Gherardini, Susanna; Giusti, Maria Adriana; Naretto, Monica; Giusti, Francesca. - STAMPA. - Serie di Architettura e Design, Nuova serie di Architettura, Restauro del Contemporaneo, n. 1098.2.66:(2025), pp. 1-196.
Un edificio-città: la serra di Ivrea. Centro di servizi sociali e residenziali Olivetti
CACCIA GHERARDINI SUSANNA;GIUSTI MARIA ADRIANA;NARETTO MONICA;GIUSTI FRANCESCA
2025
Abstract
Architettura “parlante”, marchio aziendale della fabbrica Olivetti di Ivrea, l’edificio concluso nel 1975 dopo un lungo e controverso iter progettuale impone la sua forza iconica al limite della città di antica fondazione. La sua forma provocatoria voleva evocare il dinamismo dell’azienda, espressione di cambiamento della società e del modo di vivere, dall’individuale al collettivo. A interpretarne il senso furono gli architetti veneziani Iginio Cappai e Pietro Mainardis, che progettarono l’edificio per una nuova idea del vivere e dell’abitare, un centro di riferimento per gli abitanti e i non abitanti della città olivettiana. L’edificio sorge sul sito di antichi resti archeologici e viene realizzato nonostante le polemiche e gli ostacoli delle amministrazioni di tutela, col plauso di critici del calibro di Zevi e di Ragghianti. L’idea era quella di città connessa, inclusa in una struttura che assembla alloggi e servizi: un caso di studio che impone oggi un’attenta riflessione sulla sua conservazione fisica e funzionale. Il volume intende ricostruirne la vicenda, contestualizzata nel momento storico della committenza Olivetti, a oltre un decennio dalla scomparsa di Adriano, e del dibattito internazionale sull’architettura, la città e il design a cavallo degli anni ’60 e ’70 del Novecento, come base per un’azione di riconoscimento del bene, patrimonio da preservare e valorizzare.| File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/11583/2995825
