L’edificio che ospita la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna, progettato da Giuseppe Vaccaro nel 1931–35, è insieme raffinata opera d’architettura, scomoda testimonianza del regime fascista, e complesso luogo del trauma a lungo rimosso. Moderno organismo funzionale, il complesso nasce come simbolo di una densa retorica politica e militarista. Dopo l’armistizio del 1943 l’edificio è occupato dalla Guardia Nazionale Repubblicana e utilizzato come ufficio politico investigativo, carcere e luogo di tortura. Superata la guerra, come accade in altre sedi pubbliche coeve, gli elementi architettonici e decorativi più controversi sono rimossi. Per decenni, inoltre, si tace sul biennio di violenze perpetrate nelle aule: solo nel 2016 è apposta una lapide nell’atrio, a ricordo di quegli avvenimenti. Il saggio ripercorre la storia pubblica dell’edificio, attraverso fonti a stampa e documenti d’archivio. Obiettivo principale è quello di indagare il rapporto tra architettura di regime e luogo contaminato, analizzando i processi di riconversione e rimozione, e i timidi tentativi di costruire una memoria dentro e intorno a un’importante sede dell’ateneo bolognese.
Aule senza memoria: la Facoltà di Ingegneria a Bologna, architettura di regime e luogo contaminato (1935–2016) / Nannini, Sofia; Gaetani, Marianna - In: Autoritarismi, totalitarismi e luoghi del trauma. Da siti di violenza a spazi di memoria / Giubilaro C., Pirazzoli E., Tononi D.. - STAMPA. - Palermo : Palermo University Press, 2021. - ISBN 978-88-5509-381-1. - pp. 77-96
Aule senza memoria: la Facoltà di Ingegneria a Bologna, architettura di regime e luogo contaminato (1935–2016)
Nannini Sofia;
2021
Abstract
L’edificio che ospita la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna, progettato da Giuseppe Vaccaro nel 1931–35, è insieme raffinata opera d’architettura, scomoda testimonianza del regime fascista, e complesso luogo del trauma a lungo rimosso. Moderno organismo funzionale, il complesso nasce come simbolo di una densa retorica politica e militarista. Dopo l’armistizio del 1943 l’edificio è occupato dalla Guardia Nazionale Repubblicana e utilizzato come ufficio politico investigativo, carcere e luogo di tortura. Superata la guerra, come accade in altre sedi pubbliche coeve, gli elementi architettonici e decorativi più controversi sono rimossi. Per decenni, inoltre, si tace sul biennio di violenze perpetrate nelle aule: solo nel 2016 è apposta una lapide nell’atrio, a ricordo di quegli avvenimenti. Il saggio ripercorre la storia pubblica dell’edificio, attraverso fonti a stampa e documenti d’archivio. Obiettivo principale è quello di indagare il rapporto tra architettura di regime e luogo contaminato, analizzando i processi di riconversione e rimozione, e i timidi tentativi di costruire una memoria dentro e intorno a un’importante sede dell’ateneo bolognese.File | Dimensione | Formato | |
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