Le strutture fortificate costituiscono una testimonianza di cultura materiale ed espressione di magisteri costruttivi la cui conoscenza è ineludibile ai fini conservativi. Le premesse per una conservazione di questi beni passa però necessariamente attraverso il riconoscimento di altre componenti che ne rinnovano lo stretto rapporto con il territorio nella duplice valenza di valore paesaggistico e di recupero dei valori immateriali che ne hanno determinato la costruzione, l’uso e in molti casi l’oblio e la demolizione. Il contributo che si intende sviluppare in questo contesto interessa i castelli analizzati nell’ambito territoriale del Piemonte, a seguito dello studio per la costituzione dell’Atlante castellano d’Italia, il cui impianto originario è documentato nel XIV secolo o comunque il Trecento ne costituisce una fase significativa. In particolare un primo riferimento è al castello di Ivrea (metà XIV), al castello di Osasco (metà XIV circa), il castello di Parpaglia (XIV) a Candiolo, castello di Fortemaggiore (inizio XIV) a Chieri, il castello di Foglizzo (prima metà XIV). Queste strutture costituiscono un palinsesto architettonico spesso complesso da interpretare, ma la cui specificità appunto è costituita da permanenze, aggiunte e trasformazioni in cui però la fase del XIV secolo ha un suo riscontro non solo documentale. Quali processi dunque hanno permesso a questi “documenti” di costituire ancora oggi una testimonianza attiva di tecniche costruttive, di caratterizzazione del paesaggio, e quali legami esistono con la comunità locale che in passato ne ha determinato lo sviluppo e la conservazione nel tempo? Per molti di questi beni la perdita della funzione originaria ha costituito l’avvio di un processo di ruderizzazione, diversamente, trasformazioni, integrazioni, nuovi usi sono diventati un’occasione di trasmissione al futuro di questo patrimonio di strutture fortificate. L’individuazione di una nuova funzione per una struttura fortificata (ma per un bene culturale in genere) passa necessariamente attraverso alcune fasi che pongano fra i primi passaggi la verifica della compatibilità dell’uso e della sostenibilità per la struttura esistente. Alcuni dei castelli citati sono da anni oggetto di politiche di valorizzazione (Ivrea, Candiolo, Foglizzo) con risultati diversi; altri sono testimonianza di scelte di valorizzazione precise che possono costituire un utile orientamento (Osasco); altri ancora (Fortemaggiore a Chieri) costituiscono esempi a monito per una mancata azione di controllo delle attività edilizie. La conservazione e valorizzazione di un bene non prescinde da un giudizio di valore o dall’appartenenza ad una determinata fase storica, senz’altro la conoscenza e lo studio, la presenza significativa di permanenze del XIV secolo costituiscono testimonianze concrete che possono determinare l’avvio di buone pratiche per una tutela attiva del bene stesso.

Testimonianze trecentesche nei castelli piemontesi: restauri, trasformazioni, processi di valorizzazione e nuovi usi / Novelli, Francesco - In: Architettura medievale: il Trecento. Modelli, tecniche, materiali / Beltramo S., Tosco C.. - STAMPA. - Sesto Fiorentino (FI) : All'Insegna giglio, 2022. - ISBN 978-88-9285-144-3. - pp. 496-505

Testimonianze trecentesche nei castelli piemontesi: restauri, trasformazioni, processi di valorizzazione e nuovi usi

Novelli, Francesco
2022

Abstract

Le strutture fortificate costituiscono una testimonianza di cultura materiale ed espressione di magisteri costruttivi la cui conoscenza è ineludibile ai fini conservativi. Le premesse per una conservazione di questi beni passa però necessariamente attraverso il riconoscimento di altre componenti che ne rinnovano lo stretto rapporto con il territorio nella duplice valenza di valore paesaggistico e di recupero dei valori immateriali che ne hanno determinato la costruzione, l’uso e in molti casi l’oblio e la demolizione. Il contributo che si intende sviluppare in questo contesto interessa i castelli analizzati nell’ambito territoriale del Piemonte, a seguito dello studio per la costituzione dell’Atlante castellano d’Italia, il cui impianto originario è documentato nel XIV secolo o comunque il Trecento ne costituisce una fase significativa. In particolare un primo riferimento è al castello di Ivrea (metà XIV), al castello di Osasco (metà XIV circa), il castello di Parpaglia (XIV) a Candiolo, castello di Fortemaggiore (inizio XIV) a Chieri, il castello di Foglizzo (prima metà XIV). Queste strutture costituiscono un palinsesto architettonico spesso complesso da interpretare, ma la cui specificità appunto è costituita da permanenze, aggiunte e trasformazioni in cui però la fase del XIV secolo ha un suo riscontro non solo documentale. Quali processi dunque hanno permesso a questi “documenti” di costituire ancora oggi una testimonianza attiva di tecniche costruttive, di caratterizzazione del paesaggio, e quali legami esistono con la comunità locale che in passato ne ha determinato lo sviluppo e la conservazione nel tempo? Per molti di questi beni la perdita della funzione originaria ha costituito l’avvio di un processo di ruderizzazione, diversamente, trasformazioni, integrazioni, nuovi usi sono diventati un’occasione di trasmissione al futuro di questo patrimonio di strutture fortificate. L’individuazione di una nuova funzione per una struttura fortificata (ma per un bene culturale in genere) passa necessariamente attraverso alcune fasi che pongano fra i primi passaggi la verifica della compatibilità dell’uso e della sostenibilità per la struttura esistente. Alcuni dei castelli citati sono da anni oggetto di politiche di valorizzazione (Ivrea, Candiolo, Foglizzo) con risultati diversi; altri sono testimonianza di scelte di valorizzazione precise che possono costituire un utile orientamento (Osasco); altri ancora (Fortemaggiore a Chieri) costituiscono esempi a monito per una mancata azione di controllo delle attività edilizie. La conservazione e valorizzazione di un bene non prescinde da un giudizio di valore o dall’appartenenza ad una determinata fase storica, senz’altro la conoscenza e lo studio, la presenza significativa di permanenze del XIV secolo costituiscono testimonianze concrete che possono determinare l’avvio di buone pratiche per una tutela attiva del bene stesso.
2022
978-88-9285-144-3
Architettura medievale: il Trecento. Modelli, tecniche, materiali
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2977972