Grande attenzione è stata storicamente riservata al patrimonio religioso moderno strettamente legato al culto, come da sempre si conferisce notevole attenzione ai grandi complessi legati agli ordini religiosi. Paiono invece raccogliere minor interesse gli stabili che nel tempo hanno ospitato (e taluni ancora accolgono) gli istituti di formazione del clero secolare, già nati nell’ambito delle singole diocesi in forza dei decreti scaturiti dal Concilio di Trento: la scarsità di materiale documentario, o l’estrema frammentarietà di questo, rende arduo ripercorrere non solo le logiche di formazione dei complessi, ma anche, laddove avvenuta, i frangenti legati alla loro dismissione. In quest’ultimo caso il reinserimento nel contesto sociale rappresenta per certi versi una risorsa per la collettività, ma anche un dilemma per la proprietà, che tenta di conservare le destinazioni d’uso nell’orbita della attività culturali legate alla realtà diocesana. Quale contraltare al distacco dalla città, cagionato dal corpus normativo che regola abitualmente la vita tra le mura del seminario, le nuove destinazioni aprono l’antico recinto a nuove fruizioni, rivolte per lo più verso destinazioni a carattere espositivo, ma anche ad usi di matrice ricettiva, nell’ottica di una fruizione dello stabile rivolta a una più estesa collettività, ripensando ai concetti di limite, di soglia e di varco: ne scaturisce una nuova permeabilità di questi luoghi, caratterizzati in precedenza da una ristretta apertura alla città. In assenza, già richiamata, di documentazione, il rilievo offre un supporto alternativo, ma non per questo meno efficace, alla comprensione delle logiche originarie e delle potenzialità attuali, avvalendosi altresì delle tecniche di rilevamento (fotogrammetriche e LiDAR, impiegate singolarmente o in forma integrata). Queste ultime agevolano infatti la lettura delle trasformazioni che hanno contraddistinto i complessi architettonici: il portale di questi ne è l’emblema, prologo ed esordio nel percorso di esplorazione degli spazi interni, così come chiave di lettura delle distribuzioni planimetriche originarie, rilette e reinterpretate in chiave contemporanea, anche alla luce dei riferimenti ai dati archivistici, rispetto ai quali la misura appare asseverante o viceversa in grado di offrire nuovi strumenti interpretativi.
Seminari diocesani nel XVIII secolo: tra cantieri a scala urbana, accessi aulici e riusi contemporanei dei complessi architettonici della Regione Ecclesiastica Piemontese / Bronzino, GIOSUE PIER CARLO; Chiaro, De (HEREDIUM). - In: Il valore del patrimonio. Studi per Giulio Mondini / Devoti C., Bottero M.. - STAMPA. - Sesto Fiorentino : All'insegna del Giglio, 2022. - ISBN 978-88-9285-157-3. - pp. 93-102 [10.36153/heredium03-008]
Seminari diocesani nel XVIII secolo: tra cantieri a scala urbana, accessi aulici e riusi contemporanei dei complessi architettonici della Regione Ecclesiastica Piemontese.
bronzino;de chiaro
2022
Abstract
Grande attenzione è stata storicamente riservata al patrimonio religioso moderno strettamente legato al culto, come da sempre si conferisce notevole attenzione ai grandi complessi legati agli ordini religiosi. Paiono invece raccogliere minor interesse gli stabili che nel tempo hanno ospitato (e taluni ancora accolgono) gli istituti di formazione del clero secolare, già nati nell’ambito delle singole diocesi in forza dei decreti scaturiti dal Concilio di Trento: la scarsità di materiale documentario, o l’estrema frammentarietà di questo, rende arduo ripercorrere non solo le logiche di formazione dei complessi, ma anche, laddove avvenuta, i frangenti legati alla loro dismissione. In quest’ultimo caso il reinserimento nel contesto sociale rappresenta per certi versi una risorsa per la collettività, ma anche un dilemma per la proprietà, che tenta di conservare le destinazioni d’uso nell’orbita della attività culturali legate alla realtà diocesana. Quale contraltare al distacco dalla città, cagionato dal corpus normativo che regola abitualmente la vita tra le mura del seminario, le nuove destinazioni aprono l’antico recinto a nuove fruizioni, rivolte per lo più verso destinazioni a carattere espositivo, ma anche ad usi di matrice ricettiva, nell’ottica di una fruizione dello stabile rivolta a una più estesa collettività, ripensando ai concetti di limite, di soglia e di varco: ne scaturisce una nuova permeabilità di questi luoghi, caratterizzati in precedenza da una ristretta apertura alla città. In assenza, già richiamata, di documentazione, il rilievo offre un supporto alternativo, ma non per questo meno efficace, alla comprensione delle logiche originarie e delle potenzialità attuali, avvalendosi altresì delle tecniche di rilevamento (fotogrammetriche e LiDAR, impiegate singolarmente o in forma integrata). Queste ultime agevolano infatti la lettura delle trasformazioni che hanno contraddistinto i complessi architettonici: il portale di questi ne è l’emblema, prologo ed esordio nel percorso di esplorazione degli spazi interni, così come chiave di lettura delle distribuzioni planimetriche originarie, rilette e reinterpretate in chiave contemporanea, anche alla luce dei riferimenti ai dati archivistici, rispetto ai quali la misura appare asseverante o viceversa in grado di offrire nuovi strumenti interpretativi.File | Dimensione | Formato | |
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