«Vista dall’alto, posta com’è all’imboccatura di due bellissime valli, a i piedi delle Alpi Cozie, davanti ad una pianura vastissima, seminata di centinaia di villaggi, che paiono isole bianche in un vasto mare verde e immobile, è la città più bella del Piemonte» (E. DE AMICIS, Alle porte d’Italia, Torino 1884). Così appare Pinerolo a fine Ottocento, ove si trova il cosiddetto “Palazzo dei Principi d’Acaja”, databile al XIV secolo, collocato a ridosso della cinta muraria che circondava l’antico Borgo Alto della città. Per molti anni è stato considerato erroneamente una dimora della famiglia Savoia - Acaja, che ha realmente dominato la città dal 1295 circa fino al 1418. Il refuso ha origine nella letteratura del XIX secolo, da parte di alcuni studiosi che hanno elaborato, a partire dalla scarsa documentazione ritrovata sugli avvenimenti storici pinerolesi, qualche interpretazione critica, avvalorata dalla peculiare collocazione dell’edificio e da alcuni elementi architettonici che lo caratterizzano, mentre i Savoia, nel tentativo di legittimare il loro ruolo come sovrani d’Italia, cercarono di risalire alle origini, alla ricerca di un simbolo che potesse dimostrare matericamente il proprio dominio sul territorio. Solo a partire dal 1999, mediante ad alcuni tentativi di ricostruzione della storia locale e delle trasformazioni del palazzo in relazione alla città, si fece chiarezza sull’equivoco, grazie agli studi perseguiti sulla base di un catasto del 1428 che lo descrive come un palazzo multidimora e di proprietà borghese. Studi incrociati hanno permesso di ricostruire le trasformazioni del tessuto urbano e ricerche in corso hanno avanzato ipotesi sui possibili proprietari. Il saggio proposto si pone dunque l’obiettivo di sottolineare l’importanza dello studio del cantiere storico, nonché della cartografia urbana, muovendo alcune riflessioni per comprendere il ruolo della committenza e dunque delle sue scelte, che risultano assai differenti in funzione del ruolo che incarna, sia per tipologia costruttiva, sia per la qualità delle maestranze.
Una committenza (quasi) signorile: quando un refuso storico esalta la qualità di un complesso architettonico e l’identità collettiva / Bergamo, Giulia (HEREDIUM). - In: ARCHIVI E CANTIERI PER INTERPRETARE IL PATRIMONIO. Fonti, metodi, prospettive - ARCHIVES ET CHANTIERS POUR L’INTERPRÉTATION DU PATRIMOINE. Sources, méthodes, mise en perspective / Devoti C., Naretto M.(a cura di). - STAMPA. - Firenze : All'insegna del Giglio, 2021. - ISBN 978-88-9285-041-5. - pp. 25-31 [10.36153/heredium02-004]
Una committenza (quasi) signorile: quando un refuso storico esalta la qualità di un complesso architettonico e l’identità collettiva
Bergamo, Giulia
2021
Abstract
«Vista dall’alto, posta com’è all’imboccatura di due bellissime valli, a i piedi delle Alpi Cozie, davanti ad una pianura vastissima, seminata di centinaia di villaggi, che paiono isole bianche in un vasto mare verde e immobile, è la città più bella del Piemonte» (E. DE AMICIS, Alle porte d’Italia, Torino 1884). Così appare Pinerolo a fine Ottocento, ove si trova il cosiddetto “Palazzo dei Principi d’Acaja”, databile al XIV secolo, collocato a ridosso della cinta muraria che circondava l’antico Borgo Alto della città. Per molti anni è stato considerato erroneamente una dimora della famiglia Savoia - Acaja, che ha realmente dominato la città dal 1295 circa fino al 1418. Il refuso ha origine nella letteratura del XIX secolo, da parte di alcuni studiosi che hanno elaborato, a partire dalla scarsa documentazione ritrovata sugli avvenimenti storici pinerolesi, qualche interpretazione critica, avvalorata dalla peculiare collocazione dell’edificio e da alcuni elementi architettonici che lo caratterizzano, mentre i Savoia, nel tentativo di legittimare il loro ruolo come sovrani d’Italia, cercarono di risalire alle origini, alla ricerca di un simbolo che potesse dimostrare matericamente il proprio dominio sul territorio. Solo a partire dal 1999, mediante ad alcuni tentativi di ricostruzione della storia locale e delle trasformazioni del palazzo in relazione alla città, si fece chiarezza sull’equivoco, grazie agli studi perseguiti sulla base di un catasto del 1428 che lo descrive come un palazzo multidimora e di proprietà borghese. Studi incrociati hanno permesso di ricostruire le trasformazioni del tessuto urbano e ricerche in corso hanno avanzato ipotesi sui possibili proprietari. Il saggio proposto si pone dunque l’obiettivo di sottolineare l’importanza dello studio del cantiere storico, nonché della cartografia urbana, muovendo alcune riflessioni per comprendere il ruolo della committenza e dunque delle sue scelte, che risultano assai differenti in funzione del ruolo che incarna, sia per tipologia costruttiva, sia per la qualità delle maestranze.File | Dimensione | Formato | |
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