Nonostante l’avanzare costante dell’estensione della superficie urbanizzata che, sin dalla scelta di Torino come capitale sabauda, è contraddistinta da un sacrificio delle aree destinate ai coltivi a favore di quelle urbane, il sistema produttivo agrario della cosiddetta «parte piana», per distinguerla da quella «collinare», secondo la dizione invalsa nei piani regolatori sin dall’inizio del XX secolo (capitale quello del 1906-08), lascia vistose tracce della propria presenza e organizzazione. Ancora oggi, facendo i conti con i processi di rigenerazione urbana, la città scopre di avere lacerti consistenti non solo di singoli complessi rurali (talvolta annegati nella compatta rilettura di estese aree cittadine, ma in altri casi ben visibili ed emergenti in modo quasi incongruo in contesti peraltro ormai alieni), ma di un intero sistema. Una rete che comporta la presenza superstite di «vie vicinali», come appaiono indicate nella cartografa storica, di bealere ossia canalizzazioni artificiali a scopo irriguo derivate dai principali corsi d’acqua che naturalmente caratterizzano l’area, financo tracce di perimetrazioni di proprietà e di vecchi sistemi di demarcazione dei confini, dai cippi alle edicole votive. Se le singole emergenze sono abbastanza ben documentate, è proprio questo sistema territoriale sotteso che va evidenziato, assieme al suo rapporto – talvolta rafforzato, seppure magari in parte inconsapevolmente, più sovente negato, sottaciuto e apertamente violato – con la pianificazione urbanistica; una programmazione costante, continua e sempre in qualche misura coerente con se stessa, che caratterizza una città non a caso, per suo ruolo di capitale, riconosciuta come “ipernormata” e connotata da una ingente espansione tra la seconda metà del XIX secolo e i primi anni ottanta del XX, per poi assistere invece a fenomeni di contrazione e ridisegno. Appoggiandosi alla cartografa storica, ai dati d’archivio (in particolare quelli conservati presso l’Archivio Storico della Città di Torino), ma anche alla lettura tipologica dei complessi agricoli, si cercherà di offrire una “visione d’insieme”, sistemica, del processo di perdita della caratterizzazione rurale della sezione piana della città, ricomponendo i lacerti – ancora oggi ben visibili – di un sistema che è stato determinante, con lunga continuità, anche per i rapporti tra la capitale e il suo immediato orizzonte territoriale.

LACERTI DI UN SISTEMA AGRARIO: LE CASCINE DELLA «PARTE PIANA DELLA CITTÀ» DI TORINO TRA PERSISTENZA E PIANIFICAZIONE URBANISTICA / Devoti, Chiara; Bronzino, Giosuè. - In: STORIA DELL'URBANISTICA. - ISSN 2035-8733. - STAMPA. - PRINCIPÎ URBANISTICI DEGLI STATI ITALIANI DALLA METÀ DEL SETTECENTO ALLA RESTAURAZIONE:12/2020(2021), pp. 467-485.

LACERTI DI UN SISTEMA AGRARIO: LE CASCINE DELLA «PARTE PIANA DELLA CITTÀ» DI TORINO TRA PERSISTENZA E PIANIFICAZIONE URBANISTICA

Devoti, Chiara;Bronzino, Giosuè
2021

Abstract

Nonostante l’avanzare costante dell’estensione della superficie urbanizzata che, sin dalla scelta di Torino come capitale sabauda, è contraddistinta da un sacrificio delle aree destinate ai coltivi a favore di quelle urbane, il sistema produttivo agrario della cosiddetta «parte piana», per distinguerla da quella «collinare», secondo la dizione invalsa nei piani regolatori sin dall’inizio del XX secolo (capitale quello del 1906-08), lascia vistose tracce della propria presenza e organizzazione. Ancora oggi, facendo i conti con i processi di rigenerazione urbana, la città scopre di avere lacerti consistenti non solo di singoli complessi rurali (talvolta annegati nella compatta rilettura di estese aree cittadine, ma in altri casi ben visibili ed emergenti in modo quasi incongruo in contesti peraltro ormai alieni), ma di un intero sistema. Una rete che comporta la presenza superstite di «vie vicinali», come appaiono indicate nella cartografa storica, di bealere ossia canalizzazioni artificiali a scopo irriguo derivate dai principali corsi d’acqua che naturalmente caratterizzano l’area, financo tracce di perimetrazioni di proprietà e di vecchi sistemi di demarcazione dei confini, dai cippi alle edicole votive. Se le singole emergenze sono abbastanza ben documentate, è proprio questo sistema territoriale sotteso che va evidenziato, assieme al suo rapporto – talvolta rafforzato, seppure magari in parte inconsapevolmente, più sovente negato, sottaciuto e apertamente violato – con la pianificazione urbanistica; una programmazione costante, continua e sempre in qualche misura coerente con se stessa, che caratterizza una città non a caso, per suo ruolo di capitale, riconosciuta come “ipernormata” e connotata da una ingente espansione tra la seconda metà del XIX secolo e i primi anni ottanta del XX, per poi assistere invece a fenomeni di contrazione e ridisegno. Appoggiandosi alla cartografa storica, ai dati d’archivio (in particolare quelli conservati presso l’Archivio Storico della Città di Torino), ma anche alla lettura tipologica dei complessi agricoli, si cercherà di offrire una “visione d’insieme”, sistemica, del processo di perdita della caratterizzazione rurale della sezione piana della città, ricomponendo i lacerti – ancora oggi ben visibili – di un sistema che è stato determinante, con lunga continuità, anche per i rapporti tra la capitale e il suo immediato orizzonte territoriale.
2021
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2880877