Il ricchissimo ed eterogeneo corpus di opere grafiche conservati presso la Biblioteca Nazionale di Torino, composto da schizzi e disegni juvarriani e altri di collaboratori come Ignazio Agliaudi alias Giovanni Pietro Baroni di Tavigliano, già ampiamente studiati e pubblicati, pur nell’ampia gamma di temi toccati, lascia tutto sommato poco spazio al nodo del giardino in senso stretto. Si passa da dettagli, resi con la nota precisione vivace, del periodo romano, in cui emergono paesaggi, località, ville e particolari di architetture, ai pensieri per le fontane nelle ville di Lucca, ai sontuosi disegni, riconosciuta opera del Tavigliano, per i giardini di Villa della Regina a Torino, quale rappresentazione dei progetti juvarriani o immaginifiche estensioni successive. Anche in altri fondi il tema del giardino non ha un rilievo strategico, pur emergendo identificabile. Ovviamente esistono ragioni per questa limitata quantità di idee, progetti, disegni. Siamo in un contesto in cui il predominio dell’architetto nella progettazione del giardino ha lasciato campo a nuove professionalità dedicate. Pur nelle forti permanenze della tradizione italiana, il jardin régulier, o “alla francese” s’impone come soluzione alla moda. È un processo maturato nella Francia del Seicento. Il primato degli architetti era stato scalzato da una figura chiave come quella di André Le Nôtre, per poi riemergere in parte alla sua scomparsa. I manufatti del giardino, comunque, restano appannaggio degli architetti, ed è in questo quadro che Juvarra si muove. Il contesto romano e della campagna emerge nei disegni e negli schizzi di Juvarra del periodo, costituendo sicuramente un imprinting notevole. Nei piccoli schizzi della Raccolta 59.4 indizi ripetuti mostrano una conoscenza dei “luoghi centrali” per la storia del giardino italiano tra Cinquecento e Seicento. Ariccia con la chiesa berniniana, il palazzo Chigi famoso per il suo bosco, apprezzato anche dai protagonisti del Grand Tour, ma soprattutto le ville di Frascati, già luogo di villeggiatura papale, sede delle più importanti residenze della nobiltà romana. Il segno dell’attenzione alle strutture architettoniche dei giardini di queste ville è dato dallo schizzo che raffigura una porzione del teatro d’acqua della villa Aldobrandini, che riporta la chiara indicazione Belvedere di Frascati. Una lezione per i progetti lucchesi e la successiva attività Torino, come il rilievo del casino del Pigneto Sacchetti, di Pietro da Cortona. I progetti lucchesi sono molto presenti negli album conservati presso la Biblioteca Nazionale, tutti legati a una medesima concezione. La maggioranza propone soluzioni per i fondali dei giardini in forma curvilinea, sempre pensati come spazi chiusi, di piccole o medie dimensioni, o comunque per fontane immaginate come quinta prospettica. L’esperienza dei teatri d’acqua delle ville di Frascati viene tradotta alla scala delle ville lucchesi e soprattutto viene irrobustita dal piglio tardobarocco di Juvarra, che – anche sulla scia delle sue invenzioni per la scena – incurva ogni linea in pianta e in alzato, esalta con statue, vasi e trofei. L’esito più convincente di questo percorso tra Roma e Lucca, lungo le architetture da giardino e le fontane, è l’aggiornamento del giardino della Villa della Regina in Torino. Qui Juvarra può giocare sul sicuro: l’impianto del complesso è dichiaratamente un calco della villa Aldobrandini di Frascati, come la storiografia ha già più volte sottolineato. Juvarra enfatizza questa composizione senza alterarne schemi e assialità, ma inserendo architetture di rilievo. Al centro, in alto, realizza il Belvedere, una struttura a “teatro” che riprende le invenzioni lucchesi, senza giochi d’acqua propri. La quinta architettonica rielabora la tripartizione delle proposte lucchesi, in chiave però più monumentale, e riprende i nicchioni del teatro d’acqua di villa Aldobrandini. L’enfasi data al corpo centrale, con grande nicchione, attico e balaustre sommitali, inserito in una struttura a esedra, si ricollega in un certo modo agli aspetti scenografici del Casino Sacchetti del Pigneto a Roma. I disegni di Giovanni Pietro Baroni di Tavigliano mettono in opera le idee juvarriane per il Padiglione dei Solinghi, poi realizzato con ulteriori volumi progettati dall’architetto Paolo Massazza di Valdandona. Di Tavigliano l’immaginifico progetto per il fondale meridionale del giardino, non eseguito: il disegno mostra comunque lo sviluppo iperbolico dei caratteri architettonici del giardino italiano che emerge dalla fantasia del progettista, estrema derivazione e ricca di tutte le possibili variazioni dell’impianto originale vitozziano e del Belvedere juvarriano.

Filippo Juvarra: architetture e giardini da Roma a Torino / Cornaglia, P. - In: Filippo Juvarra. Regista di corti e capitali. Dalla Sicilia al Piemonte all’Europa / Porticelli F., Roggero C. , Devoti C., Mola di Nomaglio G.. - STAMPA. - Torino : Centro Studi Piemontesi, 2020. - ISBN 978-88-8262-298-5. - pp. 310-321

Filippo Juvarra: architetture e giardini da Roma a Torino

cornaglia p.
2020

Abstract

Il ricchissimo ed eterogeneo corpus di opere grafiche conservati presso la Biblioteca Nazionale di Torino, composto da schizzi e disegni juvarriani e altri di collaboratori come Ignazio Agliaudi alias Giovanni Pietro Baroni di Tavigliano, già ampiamente studiati e pubblicati, pur nell’ampia gamma di temi toccati, lascia tutto sommato poco spazio al nodo del giardino in senso stretto. Si passa da dettagli, resi con la nota precisione vivace, del periodo romano, in cui emergono paesaggi, località, ville e particolari di architetture, ai pensieri per le fontane nelle ville di Lucca, ai sontuosi disegni, riconosciuta opera del Tavigliano, per i giardini di Villa della Regina a Torino, quale rappresentazione dei progetti juvarriani o immaginifiche estensioni successive. Anche in altri fondi il tema del giardino non ha un rilievo strategico, pur emergendo identificabile. Ovviamente esistono ragioni per questa limitata quantità di idee, progetti, disegni. Siamo in un contesto in cui il predominio dell’architetto nella progettazione del giardino ha lasciato campo a nuove professionalità dedicate. Pur nelle forti permanenze della tradizione italiana, il jardin régulier, o “alla francese” s’impone come soluzione alla moda. È un processo maturato nella Francia del Seicento. Il primato degli architetti era stato scalzato da una figura chiave come quella di André Le Nôtre, per poi riemergere in parte alla sua scomparsa. I manufatti del giardino, comunque, restano appannaggio degli architetti, ed è in questo quadro che Juvarra si muove. Il contesto romano e della campagna emerge nei disegni e negli schizzi di Juvarra del periodo, costituendo sicuramente un imprinting notevole. Nei piccoli schizzi della Raccolta 59.4 indizi ripetuti mostrano una conoscenza dei “luoghi centrali” per la storia del giardino italiano tra Cinquecento e Seicento. Ariccia con la chiesa berniniana, il palazzo Chigi famoso per il suo bosco, apprezzato anche dai protagonisti del Grand Tour, ma soprattutto le ville di Frascati, già luogo di villeggiatura papale, sede delle più importanti residenze della nobiltà romana. Il segno dell’attenzione alle strutture architettoniche dei giardini di queste ville è dato dallo schizzo che raffigura una porzione del teatro d’acqua della villa Aldobrandini, che riporta la chiara indicazione Belvedere di Frascati. Una lezione per i progetti lucchesi e la successiva attività Torino, come il rilievo del casino del Pigneto Sacchetti, di Pietro da Cortona. I progetti lucchesi sono molto presenti negli album conservati presso la Biblioteca Nazionale, tutti legati a una medesima concezione. La maggioranza propone soluzioni per i fondali dei giardini in forma curvilinea, sempre pensati come spazi chiusi, di piccole o medie dimensioni, o comunque per fontane immaginate come quinta prospettica. L’esperienza dei teatri d’acqua delle ville di Frascati viene tradotta alla scala delle ville lucchesi e soprattutto viene irrobustita dal piglio tardobarocco di Juvarra, che – anche sulla scia delle sue invenzioni per la scena – incurva ogni linea in pianta e in alzato, esalta con statue, vasi e trofei. L’esito più convincente di questo percorso tra Roma e Lucca, lungo le architetture da giardino e le fontane, è l’aggiornamento del giardino della Villa della Regina in Torino. Qui Juvarra può giocare sul sicuro: l’impianto del complesso è dichiaratamente un calco della villa Aldobrandini di Frascati, come la storiografia ha già più volte sottolineato. Juvarra enfatizza questa composizione senza alterarne schemi e assialità, ma inserendo architetture di rilievo. Al centro, in alto, realizza il Belvedere, una struttura a “teatro” che riprende le invenzioni lucchesi, senza giochi d’acqua propri. La quinta architettonica rielabora la tripartizione delle proposte lucchesi, in chiave però più monumentale, e riprende i nicchioni del teatro d’acqua di villa Aldobrandini. L’enfasi data al corpo centrale, con grande nicchione, attico e balaustre sommitali, inserito in una struttura a esedra, si ricollega in un certo modo agli aspetti scenografici del Casino Sacchetti del Pigneto a Roma. I disegni di Giovanni Pietro Baroni di Tavigliano mettono in opera le idee juvarriane per il Padiglione dei Solinghi, poi realizzato con ulteriori volumi progettati dall’architetto Paolo Massazza di Valdandona. Di Tavigliano l’immaginifico progetto per il fondale meridionale del giardino, non eseguito: il disegno mostra comunque lo sviluppo iperbolico dei caratteri architettonici del giardino italiano che emerge dalla fantasia del progettista, estrema derivazione e ricca di tutte le possibili variazioni dell’impianto originale vitozziano e del Belvedere juvarriano.
2020
978-88-8262-298-5
Filippo Juvarra. Regista di corti e capitali. Dalla Sicilia al Piemonte all’Europa
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2861392