From the late XIXth century onwards, the new technical and economic sector and socio-cultural model of individual mobility emerge was characterised by the birth of small firms, in Italy particularly in the Turin and Milan areas, result of the adaptation of already existing workshops on one floor and often engaged in several small-scale manufacturing activities. The model for the following stage of rationalisation and integration of production was that of the factory as an urban block, with volumes for specialised production functions, characterised in particular in Italy by the rapid adoption of reinforced concrete and by representational and administrative architecture, in keeping with the stylistic features of Art Nouveau and, later, Modern architecture. In the 1910s the model of the tall factory emerged, optimised for the assembly and the coachworks, with its modular, multi-storey construction, in reinforced concrete frames, symbol of modernity and of the technical achievement of the Daylight Factory. By the 1920s this model had already been superseded by the development of the horizontal factory, which allowed the full development of the Fordist assembly line. The architectural heritage of the proto and early automotive industry – in Turin and in the major nations – has been only partly the subject of patrimonialization and conservation, unlike the exceptional symbolic value assumed by historic vehicles. In the case study of the Italian Detroit, what emerges is the open potential of the territorial automotive brand in terms of re-appropriation of identity and cultural tourism which open up new prospects for audience development and integrated promotion of movable and immovable automotive heritage. Da fine ‘800, il processo di emersione del nuovo settore tecnico-economico e del modello socio-culturale della mobilità individuale si connota per la nascita di aziende artigianali, in Italia particolarmente nelle aree di Torino e Milano. Le prime sedi automobilistiche, di motoristi e carrozzieri, sono il risultato del riuso di officine già esistenti a un solo piano e sovente destinate a più attività artigianali. Nella fase successiva di razionalizzazione e integrazione produttiva, il modello è quello della fabbrica in isolato urbano, con volumi per funzioni specializzate produttive, caratterizzati, in particolare in Italia, dalla rapida adozione del cemento armato e con le architetture rappresentativo-amministrative coerenti agli stilemi dell’art nouveau e poi del moderno. Negli anni ’10 emerge il modello della fabbrica alta, ottimizzato per l’assemblaggio e la carrozzeria, con costruzione modulare e pluripiano in telai di cemento armato, simbolo del moderno e della conquista del daylight factory. Già dagli anni ’20, tale modello è superato dallo sviluppo della fabbrica orizzontale, che permette il pieno sviluppo della catena di montaggio fordista. Il patrimonio architettonico della proto e prima industria automobilistica – a Torino e nei maggiori paesi – è stato solo in modo limitato oggetto di patrimonializzazione e conservazione, a differenza dell’eccezionale valore simbolico assunto dai veicoli storici. Nel caso di studio della “Detroit italiana”, emergono le potenzialità aperte del territorial automotive brand in termini di riappropriazione di identità e di turismo culturale che aprono alle prospettive di audience development per la valorizzazione integrata del patrimonio, mobile e immobile, dell’automobilismo.
Conservazione, valorizzazione e turismo del patrimonio architettonico dell’industria dell’automobile. Dal caso di studio di Torino alle “mo-town” internazionali / Conservation, enhancement and tourism of the architectural heritage of the car industry. From the Turin case to the international “mo-town” / Maspoli, Rossella. - In: PATRIMONIO INDUSTRIALE. - ISSN 2037-2353. - STAMPA. - 19 - 20:(2018), pp. 11-31.
Conservazione, valorizzazione e turismo del patrimonio architettonico dell’industria dell’automobile. Dal caso di studio di Torino alle “mo-town” internazionali / Conservation, enhancement and tourism of the architectural heritage of the car industry. From the Turin case to the international “mo-town”.
Maspoli Rossella
2018
Abstract
From the late XIXth century onwards, the new technical and economic sector and socio-cultural model of individual mobility emerge was characterised by the birth of small firms, in Italy particularly in the Turin and Milan areas, result of the adaptation of already existing workshops on one floor and often engaged in several small-scale manufacturing activities. The model for the following stage of rationalisation and integration of production was that of the factory as an urban block, with volumes for specialised production functions, characterised in particular in Italy by the rapid adoption of reinforced concrete and by representational and administrative architecture, in keeping with the stylistic features of Art Nouveau and, later, Modern architecture. In the 1910s the model of the tall factory emerged, optimised for the assembly and the coachworks, with its modular, multi-storey construction, in reinforced concrete frames, symbol of modernity and of the technical achievement of the Daylight Factory. By the 1920s this model had already been superseded by the development of the horizontal factory, which allowed the full development of the Fordist assembly line. The architectural heritage of the proto and early automotive industry – in Turin and in the major nations – has been only partly the subject of patrimonialization and conservation, unlike the exceptional symbolic value assumed by historic vehicles. In the case study of the Italian Detroit, what emerges is the open potential of the territorial automotive brand in terms of re-appropriation of identity and cultural tourism which open up new prospects for audience development and integrated promotion of movable and immovable automotive heritage. Da fine ‘800, il processo di emersione del nuovo settore tecnico-economico e del modello socio-culturale della mobilità individuale si connota per la nascita di aziende artigianali, in Italia particolarmente nelle aree di Torino e Milano. Le prime sedi automobilistiche, di motoristi e carrozzieri, sono il risultato del riuso di officine già esistenti a un solo piano e sovente destinate a più attività artigianali. Nella fase successiva di razionalizzazione e integrazione produttiva, il modello è quello della fabbrica in isolato urbano, con volumi per funzioni specializzate produttive, caratterizzati, in particolare in Italia, dalla rapida adozione del cemento armato e con le architetture rappresentativo-amministrative coerenti agli stilemi dell’art nouveau e poi del moderno. Negli anni ’10 emerge il modello della fabbrica alta, ottimizzato per l’assemblaggio e la carrozzeria, con costruzione modulare e pluripiano in telai di cemento armato, simbolo del moderno e della conquista del daylight factory. Già dagli anni ’20, tale modello è superato dallo sviluppo della fabbrica orizzontale, che permette il pieno sviluppo della catena di montaggio fordista. Il patrimonio architettonico della proto e prima industria automobilistica – a Torino e nei maggiori paesi – è stato solo in modo limitato oggetto di patrimonializzazione e conservazione, a differenza dell’eccezionale valore simbolico assunto dai veicoli storici. Nel caso di studio della “Detroit italiana”, emergono le potenzialità aperte del territorial automotive brand in termini di riappropriazione di identità e di turismo culturale che aprono alle prospettive di audience development per la valorizzazione integrata del patrimonio, mobile e immobile, dell’automobilismo.Pubblicazioni consigliate
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https://hdl.handle.net/11583/2787752