Uno dei più importanti assunti in campo finanziario è che a investimenti più rischiosi deve necessariamente corrispondere un rendimento atteso superiore. Ma un investitore, per stabilire se è adeguatamente compensato per il rischio che affronta, deve riuscire a comprendere chiaramente le dinamiche rischio-rendimento inerenti le diverse classi di beni, comparando i relativi premi di rischio al livello di rischiosità insito in ciascun investimento. Deve dunque avere piena consapevolezza delle variabili in gioco e di come ciascuna influenza il risultato finale. Benché l’evidenza storica abbia confermato che gli investimenti più rischiosi sono stati, mediamente, remunerati con rendimenti più elevati in proporzione diretta, la quantificazione del rischio per uno specifico progetto può essere più complicata, in particolare nel settore immobiliare. I beni immobili si distinguono, infatti, dalle altre asset class per la loro natura patrimoniale, per un’elevata disomogeneità e, non ultimo per importanza, per la loro localizzazione nello spazio, in quanto beni reali e territoriali. Allo stesso tempo, gli investimenti immobiliari sono stati storicamente considerati, da un lato, come un’importante fonte di diversificazione del rischio e, dall’altro, come beni rifugio, in particolare contro l’effetto dell’inflazione. Occorre tuttavia ricordare che ciò è valso in una situazione economicamente non troppo perturbata, o almeno sino alla crisi finanziaria del 2008. Questo evento, di portata economica epocale, ha rappresentato un vero momento di rottura, per i suoi effetti dirompenti a scala globale e proprio perché il settore immobiliare – gli strumenti finanziari che lo sostenevano – è stata una delle cause scatenanti. È stato rilevato (Kolb, 2011) come la crisi finanziaria globale abbia cambiato le stesse attitudini degli investitori nei confronti del rischio e come essa abbia avuto profondi contraccolpi dal punto di vista sociale. Nel tentativo di individuarne le cause profonde, è stato, di volta in volta, posto l’accento sull’eccesso di liquidità nel settore finanziario, sugli squilibri domanda-offerta, sui prestiti concessi da istituzioni finanziarie spregiudicate e sulla truffa dei mutui subprime, sull’eccesso o, al contrario, sulla mancanza di regole, su un processo difettoso di generazione di titoli derivati e così via. In realtà, è stato l’insieme di queste cause a generare la cosiddetta tempesta perfetta, ma è chiaro che soltanto attraverso un’analisi di medio-lungo periodo sarà possibile individuare le vere ragioni di un evento di tale portata per ricavare indicazioni utili per il futuro. Con uno sguardo alla crisi globale, questo lavoro si occupa dunque d’investimenti immobiliari, di percezione del rischio e di strumenti per individuarlo, calcolarlo e prevederlo correttamente, in particolare in contesti territoriali caratterizzati da elevato livello d’incertezza e dalla presenza di più attori, ognuno con obiettivi e logiche differenti. Ad esempio, dal punto di vista dell’investitore privato, la fase costruttiva dei progetti di sviluppo immobiliare presenta caratteristiche di rischio e rendimento molto diverse rispetto alla semplice finalità reddituale e, di conseguenza, dovrebbe fornire rendimenti attesi più elevati. È dunque molto importante tenere presente che l’offerta nel mercato dei capitali è articolata in diverse categorie di soggetti, con altrettanti profili di rischio e rendimento che rimandano a differenti livelli di aleatorietà delle variabili prese in considerazione. Il promotore immobiliare si trova, in effetti, a fronteggiare diversi tipi di rischio poiché, prima di tutto, non ha certezze circa i tassi di occupazione/vendita delle unità immobiliari e non sa entro quanto tempo e a quale canone locativo, o prezzo, le alienerà o affitterà. D’altra parte, anche se non è connotato da leva finanziaria – ossia se il progetto è finanziato interamente con capitale proprio – né da rischio di sfitto o invenduto, l’investimento sarà comunque caratterizzato da leva operativa, poiché, a fronte dell’irreversibilità dei costi – sunk cost – più o meno certi, ci si troverà a fare i conti con ricavi potenzialmente variabili, il tutto in un lasso di tempo più o meno lungo, secondo le dimensioni dell’investimento e delle aree caratterizzate dalla trasformazione. D’altra parte, un ruolo chiave nei processi di trasformazione del territorio è stato assunto anche dall’ente pubblico che, attraverso strumenti regolatori e operativi, è intervenuto, non solo nel governare e limitare lo sviluppo immobiliare, ma anche nell’incentivarlo e nel promuoverlo, soprattutto in ambiti di trasformazione critici come, ad esempio, le aree industriali dismesse (brownfields). È ovvio che, dal punto di vista della collettività, i profili di rischio non ricalcano quelli dell’operatore privato e gli obiettivi vanno al di là della semplice massimizzazione dei profitti. Tanto più che, in uno scenario di crisi globale, l’ente pubblico si è fatto portavoce di una logica che sostiene un uso più consapevole e oculato delle risorse ambientali evitando lo spreco di territorio libero. Con la finalità di chiarire quali strumenti di valutazione – all’interno di condizioni storiche ed economiche profondamente mutate – i soggetti interessati a vario titolo agli investimenti in beni reali hanno oggi a loro disposizione, questo lavoro si pone i seguenti obiettivi: ‒ il calcolo del rendimento atteso di un progetto di sviluppo immobiliare, caratterizzato da una sua unicità alla luce della natura eterogenea dei beni immobili e della scarsa trasparenza del mercato delle aree edificabili; ‒ la stima del rischio associato a tale investimento, anche attraverso l’ausilio di strumenti matematici più sofisticati di quelli tradizionali, individuando nel contempo l’entità dei potenziali bias, di natura cognitiva e comportamentale, che l’assunzione dei modelli previsionali implica necessariamente, per mezzo di specifici stress-test; ‒ la quantificazione, attraverso l’utilizzo di approcci alternativi, del valore aggiunto generato da opzionalità legate a uno specifico progetto, che, in un ambiente dinamico e incerto, come di fatto è quello attuale, introducono flessibilità e consentono di adattare la valutazione all’evolversi degli eventi; ‒ l’applicazione di questo approccio alla verifica della fattibilità di un progetto di sviluppo immobiliare che preveda l’intervento di più attori e che inneschi processi virtuosi di riqualificazione ambientale, non disgiungibili dallo sviluppo immobiliare. Con tali finalità, il lavoro è strutturato in quattro Capitoli. Il primo si occupa di delineare i principali mutamenti dello scenario internazionale negli ultimi cinquant’anni, pertinenti il settore immobiliare. Il secondo prende in considerazione, partendo dal ruolo fondamentale giocato dal debito nella dinamica delle crisi, le tecniche di valutazione degli investimenti immobiliari – a partire dalla relativa letteratura – così come si sono evolute nel tempo, mostrando come l’approccio basato sulla Discounted Cash Flow Analysis (DCFA) consenta di prevenire gli eventuali ‘sfilacciamenti’ tra valore e potenziale economico effettivo di un immobile. Il terzo capitolo, partendo dall’evidenza scientifica circa i bias comportamentali e cognitivi che influenzano le decisioni d’investimento, propone una sistematizzazione dell’analisi di fattibilità, strutturandola anche sulla probabilità di default dell’investimento. Il quarto capitolo mostra come una gestione attiva del progetto consenta di proteggere l’investimento, formalizzando uno specifico approccio – fondato sulla teoria delle opzioni reali – che verrà utilizzato in particolare per valutare la fattibilità del recupero delle aree industriali dismesse. L’ultimo capitolo affronta infatti un caso concreto di sviluppo immobiliare in un’area industriale dismessa, un contesto per sua natura problematico, in cui si confrontano logiche e attori diversi e nel quale si perseguono obiettivi che vanno al di là della semplice massimizzazione dei profitti.

VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI IMMOBILIARI IN CONDIZIONI INCERTE: STIMA DEI RISCHI E OPZIONALITÀ / Rossi, Stefano. - (2016). [10.6092/polito/porto/2645103]

VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI IMMOBILIARI IN CONDIZIONI INCERTE: STIMA DEI RISCHI E OPZIONALITÀ

ROSSI, STEFANO
2016

Abstract

Uno dei più importanti assunti in campo finanziario è che a investimenti più rischiosi deve necessariamente corrispondere un rendimento atteso superiore. Ma un investitore, per stabilire se è adeguatamente compensato per il rischio che affronta, deve riuscire a comprendere chiaramente le dinamiche rischio-rendimento inerenti le diverse classi di beni, comparando i relativi premi di rischio al livello di rischiosità insito in ciascun investimento. Deve dunque avere piena consapevolezza delle variabili in gioco e di come ciascuna influenza il risultato finale. Benché l’evidenza storica abbia confermato che gli investimenti più rischiosi sono stati, mediamente, remunerati con rendimenti più elevati in proporzione diretta, la quantificazione del rischio per uno specifico progetto può essere più complicata, in particolare nel settore immobiliare. I beni immobili si distinguono, infatti, dalle altre asset class per la loro natura patrimoniale, per un’elevata disomogeneità e, non ultimo per importanza, per la loro localizzazione nello spazio, in quanto beni reali e territoriali. Allo stesso tempo, gli investimenti immobiliari sono stati storicamente considerati, da un lato, come un’importante fonte di diversificazione del rischio e, dall’altro, come beni rifugio, in particolare contro l’effetto dell’inflazione. Occorre tuttavia ricordare che ciò è valso in una situazione economicamente non troppo perturbata, o almeno sino alla crisi finanziaria del 2008. Questo evento, di portata economica epocale, ha rappresentato un vero momento di rottura, per i suoi effetti dirompenti a scala globale e proprio perché il settore immobiliare – gli strumenti finanziari che lo sostenevano – è stata una delle cause scatenanti. È stato rilevato (Kolb, 2011) come la crisi finanziaria globale abbia cambiato le stesse attitudini degli investitori nei confronti del rischio e come essa abbia avuto profondi contraccolpi dal punto di vista sociale. Nel tentativo di individuarne le cause profonde, è stato, di volta in volta, posto l’accento sull’eccesso di liquidità nel settore finanziario, sugli squilibri domanda-offerta, sui prestiti concessi da istituzioni finanziarie spregiudicate e sulla truffa dei mutui subprime, sull’eccesso o, al contrario, sulla mancanza di regole, su un processo difettoso di generazione di titoli derivati e così via. In realtà, è stato l’insieme di queste cause a generare la cosiddetta tempesta perfetta, ma è chiaro che soltanto attraverso un’analisi di medio-lungo periodo sarà possibile individuare le vere ragioni di un evento di tale portata per ricavare indicazioni utili per il futuro. Con uno sguardo alla crisi globale, questo lavoro si occupa dunque d’investimenti immobiliari, di percezione del rischio e di strumenti per individuarlo, calcolarlo e prevederlo correttamente, in particolare in contesti territoriali caratterizzati da elevato livello d’incertezza e dalla presenza di più attori, ognuno con obiettivi e logiche differenti. Ad esempio, dal punto di vista dell’investitore privato, la fase costruttiva dei progetti di sviluppo immobiliare presenta caratteristiche di rischio e rendimento molto diverse rispetto alla semplice finalità reddituale e, di conseguenza, dovrebbe fornire rendimenti attesi più elevati. È dunque molto importante tenere presente che l’offerta nel mercato dei capitali è articolata in diverse categorie di soggetti, con altrettanti profili di rischio e rendimento che rimandano a differenti livelli di aleatorietà delle variabili prese in considerazione. Il promotore immobiliare si trova, in effetti, a fronteggiare diversi tipi di rischio poiché, prima di tutto, non ha certezze circa i tassi di occupazione/vendita delle unità immobiliari e non sa entro quanto tempo e a quale canone locativo, o prezzo, le alienerà o affitterà. D’altra parte, anche se non è connotato da leva finanziaria – ossia se il progetto è finanziato interamente con capitale proprio – né da rischio di sfitto o invenduto, l’investimento sarà comunque caratterizzato da leva operativa, poiché, a fronte dell’irreversibilità dei costi – sunk cost – più o meno certi, ci si troverà a fare i conti con ricavi potenzialmente variabili, il tutto in un lasso di tempo più o meno lungo, secondo le dimensioni dell’investimento e delle aree caratterizzate dalla trasformazione. D’altra parte, un ruolo chiave nei processi di trasformazione del territorio è stato assunto anche dall’ente pubblico che, attraverso strumenti regolatori e operativi, è intervenuto, non solo nel governare e limitare lo sviluppo immobiliare, ma anche nell’incentivarlo e nel promuoverlo, soprattutto in ambiti di trasformazione critici come, ad esempio, le aree industriali dismesse (brownfields). È ovvio che, dal punto di vista della collettività, i profili di rischio non ricalcano quelli dell’operatore privato e gli obiettivi vanno al di là della semplice massimizzazione dei profitti. Tanto più che, in uno scenario di crisi globale, l’ente pubblico si è fatto portavoce di una logica che sostiene un uso più consapevole e oculato delle risorse ambientali evitando lo spreco di territorio libero. Con la finalità di chiarire quali strumenti di valutazione – all’interno di condizioni storiche ed economiche profondamente mutate – i soggetti interessati a vario titolo agli investimenti in beni reali hanno oggi a loro disposizione, questo lavoro si pone i seguenti obiettivi: ‒ il calcolo del rendimento atteso di un progetto di sviluppo immobiliare, caratterizzato da una sua unicità alla luce della natura eterogenea dei beni immobili e della scarsa trasparenza del mercato delle aree edificabili; ‒ la stima del rischio associato a tale investimento, anche attraverso l’ausilio di strumenti matematici più sofisticati di quelli tradizionali, individuando nel contempo l’entità dei potenziali bias, di natura cognitiva e comportamentale, che l’assunzione dei modelli previsionali implica necessariamente, per mezzo di specifici stress-test; ‒ la quantificazione, attraverso l’utilizzo di approcci alternativi, del valore aggiunto generato da opzionalità legate a uno specifico progetto, che, in un ambiente dinamico e incerto, come di fatto è quello attuale, introducono flessibilità e consentono di adattare la valutazione all’evolversi degli eventi; ‒ l’applicazione di questo approccio alla verifica della fattibilità di un progetto di sviluppo immobiliare che preveda l’intervento di più attori e che inneschi processi virtuosi di riqualificazione ambientale, non disgiungibili dallo sviluppo immobiliare. Con tali finalità, il lavoro è strutturato in quattro Capitoli. Il primo si occupa di delineare i principali mutamenti dello scenario internazionale negli ultimi cinquant’anni, pertinenti il settore immobiliare. Il secondo prende in considerazione, partendo dal ruolo fondamentale giocato dal debito nella dinamica delle crisi, le tecniche di valutazione degli investimenti immobiliari – a partire dalla relativa letteratura – così come si sono evolute nel tempo, mostrando come l’approccio basato sulla Discounted Cash Flow Analysis (DCFA) consenta di prevenire gli eventuali ‘sfilacciamenti’ tra valore e potenziale economico effettivo di un immobile. Il terzo capitolo, partendo dall’evidenza scientifica circa i bias comportamentali e cognitivi che influenzano le decisioni d’investimento, propone una sistematizzazione dell’analisi di fattibilità, strutturandola anche sulla probabilità di default dell’investimento. Il quarto capitolo mostra come una gestione attiva del progetto consenta di proteggere l’investimento, formalizzando uno specifico approccio – fondato sulla teoria delle opzioni reali – che verrà utilizzato in particolare per valutare la fattibilità del recupero delle aree industriali dismesse. L’ultimo capitolo affronta infatti un caso concreto di sviluppo immobiliare in un’area industriale dismessa, un contesto per sua natura problematico, in cui si confrontano logiche e attori diversi e nel quale si perseguono obiettivi che vanno al di là della semplice massimizzazione dei profitti.
2016
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Tipologia: Tesi di dottorato
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