Per Torino il Settecento si aprì con il terzo ampliamento della città, deciso, su basi militari e urbanistici, da Michelangelo Garove tra 1702 e 1712. Con esso la forma della città si completò, portando a compimento la mandorla bastionata già suggerita nelle tavole seicentesche del Theatrum Sabaudiae. Iniziò, così, per la capitale del Regno un processo di perfezionamento della sua immagine di sede della regalità attraverso l’architettura. Filippo Juvarra prima e Benedetto Alfieri poi, tra 1714 e 1767, modificarono il tessuto della città storica, creando, secondo principi di crescente razionalità, nuovi fulcri del potere regale. La facciata di Palazzo Madama, realizzata nel 1718, per esempio, fu pensata come un segnale forte del potere regio nel luogo più centrale della città. Anche la parte più antica di Torino, basata sul tracciato romano reso angusto e irregolare nei secoli successivi, fu sottoposta alla razionalità degli ampliamenti seicenteschi. Il potere sabaudo si manifestò – in forme ancor più pervasive che negli altri stati europei - nella pianificazione dello sviluppo urbano, nella regolarità delle facciate continue che mettono in secondo piano le individualità dei palazzi, nella ridefinizione aulica dei propri luoghi centrali. La città si presentò, così, en capitale, portando a compimento, con un linguaggio architettonico innovato, un disegno urbanistico impostato sin dagli anni di Carlo Emanuele I. Di tale realtà, costituiscono uno specchio puntale e preciso le nuove vedute della città che integrano e sostituiscono il ponderoso lascito del Theatrum, nonché l’iconografia legata ai matrimoni dinastici ed alle relazioni politiche internazionali intrecciate con essi dalla dinastia. Non a caso, Carlo Emanuele III affidò alle vedute e ai disegni di Stupinigi, ai rilievi di Venaria Reale, il ruolo di documento della raffinatezza e del tenore di vita della corte, inviandoli nelle altre capitali. Attraverso l'immagine della corte e della sua civiltà, la città si presentò nuova, aggiornata, pronta ad accogliere voyageurs come Marigny, Cochin, l’abbé Le Blanc, Soufflot, i conti del Nord. Elisabeth Vigée le Brun, a Torino nel 1789 in fuga dalla Rivoluzione, avrà modo ancora di dire: «La città è di per sé molto bella; le strade sono tutte perfettamente allineate e le case edificate con grande regolarità». Una regolarità insieme prodotto ed immagine del “ben regolato” assolutismo sabaudo.

Torino nel Settecento e la sua immagine perfezionata. Riplasmazioni urbanistiche, vedute incise, matrimoni dinastici tra corte e città / Cornaglia, Paolo - In: LA CITTA' NEL SETTECENTO. SAPERI E FORME DI RAPPRESENTAZIONE / FORMICA M., MERLOTTI A., RAO A.N.. - STAMPA. - ROMA : EDIZIONI DI STORIA E LETTERATURA, 2014. - ISBN 9788863725742. - pp. 219-245 [10.1400/221700]

Torino nel Settecento e la sua immagine perfezionata. Riplasmazioni urbanistiche, vedute incise, matrimoni dinastici tra corte e città

CORNAGLIA, Paolo
2014

Abstract

Per Torino il Settecento si aprì con il terzo ampliamento della città, deciso, su basi militari e urbanistici, da Michelangelo Garove tra 1702 e 1712. Con esso la forma della città si completò, portando a compimento la mandorla bastionata già suggerita nelle tavole seicentesche del Theatrum Sabaudiae. Iniziò, così, per la capitale del Regno un processo di perfezionamento della sua immagine di sede della regalità attraverso l’architettura. Filippo Juvarra prima e Benedetto Alfieri poi, tra 1714 e 1767, modificarono il tessuto della città storica, creando, secondo principi di crescente razionalità, nuovi fulcri del potere regale. La facciata di Palazzo Madama, realizzata nel 1718, per esempio, fu pensata come un segnale forte del potere regio nel luogo più centrale della città. Anche la parte più antica di Torino, basata sul tracciato romano reso angusto e irregolare nei secoli successivi, fu sottoposta alla razionalità degli ampliamenti seicenteschi. Il potere sabaudo si manifestò – in forme ancor più pervasive che negli altri stati europei - nella pianificazione dello sviluppo urbano, nella regolarità delle facciate continue che mettono in secondo piano le individualità dei palazzi, nella ridefinizione aulica dei propri luoghi centrali. La città si presentò, così, en capitale, portando a compimento, con un linguaggio architettonico innovato, un disegno urbanistico impostato sin dagli anni di Carlo Emanuele I. Di tale realtà, costituiscono uno specchio puntale e preciso le nuove vedute della città che integrano e sostituiscono il ponderoso lascito del Theatrum, nonché l’iconografia legata ai matrimoni dinastici ed alle relazioni politiche internazionali intrecciate con essi dalla dinastia. Non a caso, Carlo Emanuele III affidò alle vedute e ai disegni di Stupinigi, ai rilievi di Venaria Reale, il ruolo di documento della raffinatezza e del tenore di vita della corte, inviandoli nelle altre capitali. Attraverso l'immagine della corte e della sua civiltà, la città si presentò nuova, aggiornata, pronta ad accogliere voyageurs come Marigny, Cochin, l’abbé Le Blanc, Soufflot, i conti del Nord. Elisabeth Vigée le Brun, a Torino nel 1789 in fuga dalla Rivoluzione, avrà modo ancora di dire: «La città è di per sé molto bella; le strade sono tutte perfettamente allineate e le case edificate con grande regolarità». Una regolarità insieme prodotto ed immagine del “ben regolato” assolutismo sabaudo.
2014
9788863725742
LA CITTA' NEL SETTECENTO. SAPERI E FORME DI RAPPRESENTAZIONE
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
CORNAGLIA-2014-700.pdf

non disponibili

Descrizione: Pdf Casa Editrice completo
Tipologia: 2a Post-print versione editoriale / Version of Record
Licenza: Non Pubblico - Accesso privato/ristretto
Dimensione 1.68 MB
Formato Adobe PDF
1.68 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2550538