La crisi dei principali settori produttivi e quella conseguente dei grandi insediamenti industriali ad essi necessari, manifestatasi in tutta Europa negli anni novanta, ha investito , sin dalla metà degli anni ottanta, anche la città di Torino, creando il problema del recupero di un’enorme patrimonio di aree e manufatti che, improntato alla ricerca artistica e tecnologica nel segno della maturità maturata nel corso del novecento, costituisce una risorsa preziosa per la valorizzazione del suo intero territorio. Il processo di riorganizzazione di quasi tre milioni di metri quadrati di aree industriali dismesse e il rilancio della città verso un nuovo ruolo da giocarsi nel settore terziario, in corso negli ultimi anni, è stato favorito da alcune operazioni strategiche: l’attuazione del nuovo Piano Regolatore l’integrazione del trasporto urbano nel più ampio schema dell’alta velocità ferroviaria e, soprattutto, le opere legate ai XX Giochi olimpici invernali del 2006. La candidatura di Torino, sostenuta da un’ampia campagna di promozione della città e delle sue risorse naturali, dai successi nazionali negli sport alpini e dal pieno appoggio del governo, porta all’assegnazione con il voto di Seul del 1999, sbaragliando con una netta maggioranza la concorrente località svizzera di Sion. L’aspetto innovativo e poco sperimentato della candidatura torinese, soprattutto nella tradizione nazionale, consiste nel proporre non tanto una città, ma piuttosto una serie di località sparse su un ampio territorio, organicamente collegate a rete in un processo di pianificazione e controllo che implica sinergie e collaborazioni tra numerosi enti locali tra i quali la regione, La provincia, sette Comuni, altre agli Enti centrali dello Stato. Il piano per l’attuazione delle nuove attrezzature olimpiche si incentra sul rispetto dell’ambiente e in alcuni casi sulla sua riqualificazione, sulla mobilità sostenibile, sulla sicurezza dei lavoratori e delle popolazioni, sulla prevenzione dei rischi naturali e sulla tutela del sistema idrico. Per quanto riguarda più specificamente Torino, la città deve realizzare gli impianti per lo svolgimento della competizioni su ghiaccio ed ospitare circa 10.000 giornalisti, 7.000 tra atleti, tecnici e giudici provenienti da 80 paesi, nonché i turisti e il pubblico dei giochi. Non si tratta quindi soltanto di localizzare impianti, ma anche di assicurare opportunità ricettive, culturali, per il tempo libero, e l’incontro; sono da risolvere i problemi della sicurezza dell’accessibilità dall’esterno, e delle comunicazioni interne e di collegamento con i siti olimpici. La costruzione delle 65 opere strettamente connesse ai Giochi olimpici diventa quindi incentivo al riuso e alla riqualificazione del territorio e di parti della città, al miglioramento delle infrastrutture viarie, aprendo una straordinaria occasione per valorizzare un patrimonio di aree e di edifici la cui utilizzazione post – olimpica dovrebbe consegnare alla cittadinanza nuove strutture per lo sport ed i servizi . Questo numero della rivista è dedicato alle principali opere di questa imponente trasformazione , destinata a ribaltare quella immagine stereotipata della città industriale a cui Torino ci ha abituati.

TORINO 2006: COSTRUIRE LA TRASFORMAZIONE / Garda, Emilia Maria; Montanari, Guido. - In: L'INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI. - ISSN 0579-4900. - STAMPA. - 386:(2005), pp. 4-77.

TORINO 2006: COSTRUIRE LA TRASFORMAZIONE

GARDA, Emilia Maria;MONTANARI, Guido
2005

Abstract

La crisi dei principali settori produttivi e quella conseguente dei grandi insediamenti industriali ad essi necessari, manifestatasi in tutta Europa negli anni novanta, ha investito , sin dalla metà degli anni ottanta, anche la città di Torino, creando il problema del recupero di un’enorme patrimonio di aree e manufatti che, improntato alla ricerca artistica e tecnologica nel segno della maturità maturata nel corso del novecento, costituisce una risorsa preziosa per la valorizzazione del suo intero territorio. Il processo di riorganizzazione di quasi tre milioni di metri quadrati di aree industriali dismesse e il rilancio della città verso un nuovo ruolo da giocarsi nel settore terziario, in corso negli ultimi anni, è stato favorito da alcune operazioni strategiche: l’attuazione del nuovo Piano Regolatore l’integrazione del trasporto urbano nel più ampio schema dell’alta velocità ferroviaria e, soprattutto, le opere legate ai XX Giochi olimpici invernali del 2006. La candidatura di Torino, sostenuta da un’ampia campagna di promozione della città e delle sue risorse naturali, dai successi nazionali negli sport alpini e dal pieno appoggio del governo, porta all’assegnazione con il voto di Seul del 1999, sbaragliando con una netta maggioranza la concorrente località svizzera di Sion. L’aspetto innovativo e poco sperimentato della candidatura torinese, soprattutto nella tradizione nazionale, consiste nel proporre non tanto una città, ma piuttosto una serie di località sparse su un ampio territorio, organicamente collegate a rete in un processo di pianificazione e controllo che implica sinergie e collaborazioni tra numerosi enti locali tra i quali la regione, La provincia, sette Comuni, altre agli Enti centrali dello Stato. Il piano per l’attuazione delle nuove attrezzature olimpiche si incentra sul rispetto dell’ambiente e in alcuni casi sulla sua riqualificazione, sulla mobilità sostenibile, sulla sicurezza dei lavoratori e delle popolazioni, sulla prevenzione dei rischi naturali e sulla tutela del sistema idrico. Per quanto riguarda più specificamente Torino, la città deve realizzare gli impianti per lo svolgimento della competizioni su ghiaccio ed ospitare circa 10.000 giornalisti, 7.000 tra atleti, tecnici e giudici provenienti da 80 paesi, nonché i turisti e il pubblico dei giochi. Non si tratta quindi soltanto di localizzare impianti, ma anche di assicurare opportunità ricettive, culturali, per il tempo libero, e l’incontro; sono da risolvere i problemi della sicurezza dell’accessibilità dall’esterno, e delle comunicazioni interne e di collegamento con i siti olimpici. La costruzione delle 65 opere strettamente connesse ai Giochi olimpici diventa quindi incentivo al riuso e alla riqualificazione del territorio e di parti della città, al miglioramento delle infrastrutture viarie, aprendo una straordinaria occasione per valorizzare un patrimonio di aree e di edifici la cui utilizzazione post – olimpica dovrebbe consegnare alla cittadinanza nuove strutture per lo sport ed i servizi . Questo numero della rivista è dedicato alle principali opere di questa imponente trasformazione , destinata a ribaltare quella immagine stereotipata della città industriale a cui Torino ci ha abituati.
2005
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