Il mito di Fetonte, come allegoria di punizione dell’orgogliosa tracotanza, ha avuto il suo spazio nell’arte figurativa anche su svariate medaglie commemorative. Il primo caso che sarà illustrato è quello di una medaglia conservata al British Museum, creata dopo la Battaglia di Torino del 1706, che vide Vittorio Amedeo II e il Principe Eugenio sconfiggere il Re Sole, Luigi XIV. La medaglia mostra appunto Fetonte che, colpito da Zeus, precipita nel Po, con inscrizione Mergitur Eridano. La simbologia rappresenta la vittoria del Duca (Zeus) sul Re Sole (Fetonte). L’altra faccia della medaglia mostra Vittorio Amedeo II che entra vittorioso a Torino. La medaglia, con la sua simbologia mitologica, rispondeva allo spettacolo allegorico che si tenne a Versailles nel 1704. L'allegoria voleva essere l'apoteosi del Re Sole e delle sue armate. La sera del 26 luglio 1704, nel gran viale del castello apparve un carro su cui torreggiava Marte, il dio della guerra, fiancheggiato da Pallade e Bellona. Narra Mario Zucchi, 1909, “che il nume veniva dalle rive del Po” e “fra i trofei di battaglia che adornavano il suo carro trionfale, stavano avvinti da catene d'oro quattro prigionieri venuti dalle conquistate città d'Italia”. “Quando il carro sostò innanzi al re, che attendeva circondato dalla sua Corte, Marte proruppe in un ampolloso saluto poetico”. Dopo il saluto a Luigi XIV, “il nume spronava i focosi destrieri e riprendeva la via per l'Italia dove, dice il cronista, meditava per il Gran Re nuove vittorie”. Sempre Zucchi nota che “poco più di due anni dopo”, nel 1706, “Marte si tramutava in Fetonte e sotto la sua effigie in atto di precipitare vergognosamente dal carro luminoso del sole”, si leggeva l’eloquente iscrizione: Mergitur Eridano. A commemorare la fine dell’assedio, Vittorio Amedeo fece coniare un’altra medaglia. Essa mostra da un lato il Duca e sull’altra faccia la città turrita con ai suoi piedi la rappresentazione del Po come Eridano, che alza una corona civica. La Vittoria alata porta una corona ed un serto d’alloro. Riguardo il mito di Fetonte vi è un’altra medaglia, dedicata alla figura del Principe Eugenio, relativa alla vittoria di Malplaquet (1709) sui francesi. Troviamo Luigi XIV trasformato in Fetonte, proprio perché il re francese aveva preso a suo emblema il sole e su medaglie da lui fatte creare compare il carro del sole. Il re di Francia, durante il suo lunghissimo regno, utilizzò le medaglie con il suo ritratto come mezzo di propaganda per diffondere la sua immagine e le sue vittorie in tutto il continente. Questo non impedì ai suoi nemici di utilizzare lo stesso mezzo per sottolineare le sue sconfitte, con la stessa allegoria classica.

Fetonte ed i Savoia, ovvero le vittorie del Duca e del Principe sul Re Sole rappresentate in medaglie allegoriche del 1706 e 1709 / Sparavigna, Amelia Carolina. - ELETTRONICO. - (2025). [10.5281/zenodo.15045723]

Fetonte ed i Savoia, ovvero le vittorie del Duca e del Principe sul Re Sole rappresentate in medaglie allegoriche del 1706 e 1709

Amelia Carolina Sparavigna
2025

Abstract

Il mito di Fetonte, come allegoria di punizione dell’orgogliosa tracotanza, ha avuto il suo spazio nell’arte figurativa anche su svariate medaglie commemorative. Il primo caso che sarà illustrato è quello di una medaglia conservata al British Museum, creata dopo la Battaglia di Torino del 1706, che vide Vittorio Amedeo II e il Principe Eugenio sconfiggere il Re Sole, Luigi XIV. La medaglia mostra appunto Fetonte che, colpito da Zeus, precipita nel Po, con inscrizione Mergitur Eridano. La simbologia rappresenta la vittoria del Duca (Zeus) sul Re Sole (Fetonte). L’altra faccia della medaglia mostra Vittorio Amedeo II che entra vittorioso a Torino. La medaglia, con la sua simbologia mitologica, rispondeva allo spettacolo allegorico che si tenne a Versailles nel 1704. L'allegoria voleva essere l'apoteosi del Re Sole e delle sue armate. La sera del 26 luglio 1704, nel gran viale del castello apparve un carro su cui torreggiava Marte, il dio della guerra, fiancheggiato da Pallade e Bellona. Narra Mario Zucchi, 1909, “che il nume veniva dalle rive del Po” e “fra i trofei di battaglia che adornavano il suo carro trionfale, stavano avvinti da catene d'oro quattro prigionieri venuti dalle conquistate città d'Italia”. “Quando il carro sostò innanzi al re, che attendeva circondato dalla sua Corte, Marte proruppe in un ampolloso saluto poetico”. Dopo il saluto a Luigi XIV, “il nume spronava i focosi destrieri e riprendeva la via per l'Italia dove, dice il cronista, meditava per il Gran Re nuove vittorie”. Sempre Zucchi nota che “poco più di due anni dopo”, nel 1706, “Marte si tramutava in Fetonte e sotto la sua effigie in atto di precipitare vergognosamente dal carro luminoso del sole”, si leggeva l’eloquente iscrizione: Mergitur Eridano. A commemorare la fine dell’assedio, Vittorio Amedeo fece coniare un’altra medaglia. Essa mostra da un lato il Duca e sull’altra faccia la città turrita con ai suoi piedi la rappresentazione del Po come Eridano, che alza una corona civica. La Vittoria alata porta una corona ed un serto d’alloro. Riguardo il mito di Fetonte vi è un’altra medaglia, dedicata alla figura del Principe Eugenio, relativa alla vittoria di Malplaquet (1709) sui francesi. Troviamo Luigi XIV trasformato in Fetonte, proprio perché il re francese aveva preso a suo emblema il sole e su medaglie da lui fatte creare compare il carro del sole. Il re di Francia, durante il suo lunghissimo regno, utilizzò le medaglie con il suo ritratto come mezzo di propaganda per diffondere la sua immagine e le sue vittorie in tutto il continente. Questo non impedì ai suoi nemici di utilizzare lo stesso mezzo per sottolineare le sue sconfitte, con la stessa allegoria classica.
2025
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
mergitur100.pdf

accesso aperto

Tipologia: 1. Preprint / submitted version [pre- review]
Licenza: Creative commons
Dimensione 5.16 MB
Formato Adobe PDF
5.16 MB Adobe PDF Visualizza/Apri
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2998364