Il contributo indaga il concetto di "paesaggi emergenti", intesi come esiti non soltanto di interazioni visibili tra elementi naturali e antropici, ma anche di processi profondi che sfuggono alla percezione immediata. In questa prospettiva, l’autore critica l’approccio antropocentrico, riconoscendo invece l’autonomia degli oggetti (secondo la Object-Oriented Ontology di Graham Harman) e la loro capacità di interagire indipendentemente dalla volontà umana. Accostando tali riflessioni alle idee di Marshall McLuhan sulla “teoria dei media”, il paesaggio viene interpretato come un medium che non si limita a trasmettere informazioni, ma ne perturba e trasforma costantemente il contenuto. Richiamando la “tetrade” di McLuhan (enhancement, obsolescence, retrieval, reversal), il testo sottolinea come il paesaggio, in quanto medium, possieda un ordine latente che ne spiega la trasformazione interna e il suo emergere continuo, senza ridursi a un semplice succedersi di fasi storiche. Tale chiave di lettura risulta particolarmente efficace nell’affrontare fenomeni come il cambiamento climatico, i cui effetti si rivelano soprattutto nella dimensione estetica: l’esperienza diretta di nuovi assetti “emergenti” (es. barriere artificiali, infrastrutture di difesa, trasformazioni dell’ecosistema) evidenzia i limiti della nostra visione antropocentrica e spinge a reinterpretare la relazione tra umano e non-umano. In questo senso, i paesaggi si confermano “metafore attive”, dotate di un potere trasformatore capace di investire tanto chi li vive quanto le immagini e le pratiche che in essi si generano.

Paesaggi emergenti. Una riflessione sugli oggetti e il medium-paesaggio / Lobosco, Gianni - In: Architettura e natura tra progetto e paesaggio / Ippolito A. M., Milani R.. - STAMPA. - Milano : Franco Angeli, 2025. - ISBN 978-88-351-7175-1. - pp. 53-56

Paesaggi emergenti. Una riflessione sugli oggetti e il medium-paesaggio.

Lobosco, Gianni
2025

Abstract

Il contributo indaga il concetto di "paesaggi emergenti", intesi come esiti non soltanto di interazioni visibili tra elementi naturali e antropici, ma anche di processi profondi che sfuggono alla percezione immediata. In questa prospettiva, l’autore critica l’approccio antropocentrico, riconoscendo invece l’autonomia degli oggetti (secondo la Object-Oriented Ontology di Graham Harman) e la loro capacità di interagire indipendentemente dalla volontà umana. Accostando tali riflessioni alle idee di Marshall McLuhan sulla “teoria dei media”, il paesaggio viene interpretato come un medium che non si limita a trasmettere informazioni, ma ne perturba e trasforma costantemente il contenuto. Richiamando la “tetrade” di McLuhan (enhancement, obsolescence, retrieval, reversal), il testo sottolinea come il paesaggio, in quanto medium, possieda un ordine latente che ne spiega la trasformazione interna e il suo emergere continuo, senza ridursi a un semplice succedersi di fasi storiche. Tale chiave di lettura risulta particolarmente efficace nell’affrontare fenomeni come il cambiamento climatico, i cui effetti si rivelano soprattutto nella dimensione estetica: l’esperienza diretta di nuovi assetti “emergenti” (es. barriere artificiali, infrastrutture di difesa, trasformazioni dell’ecosistema) evidenzia i limiti della nostra visione antropocentrica e spinge a reinterpretare la relazione tra umano e non-umano. In questo senso, i paesaggi si confermano “metafore attive”, dotate di un potere trasformatore capace di investire tanto chi li vive quanto le immagini e le pratiche che in essi si generano.
2025
978-88-351-7175-1
Architettura e natura tra progetto e paesaggio
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2998210
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo