L’occasione dello studio di un’architettura iconica quale il Centro di servizi sociali e residenziali Olivetti a Ivrea, nota anche come La Serra, è quella per tentare una ricognizione sui dispositivi di tutela attivati per il sistema di architetture olivettiane di cui a pieno titolo questo edificio fa parte, verificando le circostanze di riconoscimento e viceversa di mancata salvaguardia del patrimonio costruito legato alla medesima influente committenza nell’interland eporediese. Il saggio considera pertanto le implicazioni dell’iscrizione di «Ivrea, città industriale del XX secolo» nella World Heritage List UNESCO dal 2018 e il recente «Censimento delle Architetture italiane dal 1945 a oggi», promosso e coordinato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiC, come momento di conoscenza e di premessa al destino delle architetture d’Autore del secolo breve. Il saggio è contenuto nel volume curato da S. Caccia Gherardini, M.A. Giusti e M. Naretto, «Un edificio-città: la serra di Ivrea. Centro di servizi sociali e residenziali Olivetti», di cui si riporta a seguire il relativo abstract generale. Architettura “parlante”, marchio aziendale della fabbrica Olivetti di Ivrea, l’edificio concluso nel 1975 dopo un lungo e controverso iter progettuale impone la sua forza iconica al limite della città di antica fondazione. La sua forma provocatoria voleva evocare il dinamismo dell’azienda, espressione di cambiamento della società e del modo di vivere, dall’individuale al collettivo. A interpretarne il senso furono gli architetti veneziani Iginio Cappai e Pietro Mainardis, che progettarono l’edificio per una nuova idea del vivere e dell’abitare, un centro di riferimento per gli abitanti e i non abitanti della città olivettiana. L’edificio sorge sul sito di antichi resti archeologici e viene realizzato nonostante le polemiche e gli ostacoli delle amministrazioni di tutela, col plauso di critici del calibro di Zevi e di Ragghianti. L’idea era quella di città connessa, inclusa in una struttura che assembla alloggi e servizi: un caso di studio che impone oggi un’attenta riflessione sulla sua conservazione fisica e funzionale. Il volume intende ricostruirne la vicenda, contestualizzata nel momento storico della committenza Olivetti, a oltre un decennio dalla scomparsa di Adriano, e del dibattito internazionale sull’architettura, la città e il design a cavallo degli anni ’60 e ’70 del Novecento, come base per un’azione di riconoscimento del bene, patrimonio da preservare e valorizzare.
Riconoscimento, censimento e destino delle architetture olivettiane nell’eporediese / Naretto, Monica (SERIE DI ARCHITETTURA E DESIGN). - In: Un edificio-città: la Serra di Ivrea. Centro di servizi sociali e residenziali Olivetti / Caccia Gherardini S., Giusti M.A., Naretto M. (a cura di). - STAMPA. - Milano : Franco Angeli, 2024. - ISBN 978-88-351-1094-1. - pp. 47-58
Riconoscimento, censimento e destino delle architetture olivettiane nell’eporediese
NARETTO MONICA
2024
Abstract
L’occasione dello studio di un’architettura iconica quale il Centro di servizi sociali e residenziali Olivetti a Ivrea, nota anche come La Serra, è quella per tentare una ricognizione sui dispositivi di tutela attivati per il sistema di architetture olivettiane di cui a pieno titolo questo edificio fa parte, verificando le circostanze di riconoscimento e viceversa di mancata salvaguardia del patrimonio costruito legato alla medesima influente committenza nell’interland eporediese. Il saggio considera pertanto le implicazioni dell’iscrizione di «Ivrea, città industriale del XX secolo» nella World Heritage List UNESCO dal 2018 e il recente «Censimento delle Architetture italiane dal 1945 a oggi», promosso e coordinato dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiC, come momento di conoscenza e di premessa al destino delle architetture d’Autore del secolo breve. Il saggio è contenuto nel volume curato da S. Caccia Gherardini, M.A. Giusti e M. Naretto, «Un edificio-città: la serra di Ivrea. Centro di servizi sociali e residenziali Olivetti», di cui si riporta a seguire il relativo abstract generale. Architettura “parlante”, marchio aziendale della fabbrica Olivetti di Ivrea, l’edificio concluso nel 1975 dopo un lungo e controverso iter progettuale impone la sua forza iconica al limite della città di antica fondazione. La sua forma provocatoria voleva evocare il dinamismo dell’azienda, espressione di cambiamento della società e del modo di vivere, dall’individuale al collettivo. A interpretarne il senso furono gli architetti veneziani Iginio Cappai e Pietro Mainardis, che progettarono l’edificio per una nuova idea del vivere e dell’abitare, un centro di riferimento per gli abitanti e i non abitanti della città olivettiana. L’edificio sorge sul sito di antichi resti archeologici e viene realizzato nonostante le polemiche e gli ostacoli delle amministrazioni di tutela, col plauso di critici del calibro di Zevi e di Ragghianti. L’idea era quella di città connessa, inclusa in una struttura che assembla alloggi e servizi: un caso di studio che impone oggi un’attenta riflessione sulla sua conservazione fisica e funzionale. Il volume intende ricostruirne la vicenda, contestualizzata nel momento storico della committenza Olivetti, a oltre un decennio dalla scomparsa di Adriano, e del dibattito internazionale sull’architettura, la città e il design a cavallo degli anni ’60 e ’70 del Novecento, come base per un’azione di riconoscimento del bene, patrimonio da preservare e valorizzare.Pubblicazioni consigliate
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https://hdl.handle.net/11583/2995824
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