«Bramante non [fece] né la più bella né la più artificiosa architettura di questa». Così si conclude la concisa descrizione serliana della «scala a lumaca» del palatium innocenziano-roveresco in Vaticano. La lumaca ‘scava’ una nuda torre a pianta quadrangolare innestata sul fianco orientale della c.d. “villa” papale. La facies esterna denuncia l’incompletezza della scala e si rileva nella tessitura muraria in laterizio – a sud come a est – alternata al tufo – a nord – con aperture occasionalmente provviste di cornici lapidee. Qui, le astratte geometrie dell’involucro, privo d’intonaco e spoglio di qualsiasi decorazione, tradiscono la raffinata articolazione interna «condotta con somma grazia & artifizio certo eccellente», come commentò il Vasari. Un «primo trattato del Cinquecento, non scritto ma edificato» – secondo Thoenes – dove l’«inventione» bramantesca si manifesta con una corona di trentasei colonne litiche sovrapposte, ripartite in quattro genera, a perimetrare il luminoso pozzo di luce. Viceversa, un’alterna fortuna storiografica accompagna la lumaca. Già nelle Vite della stampa giuntina (1568) – meno inclini al Bramante della versione torrentiniana (1550) – Vasari respinge l’originalità della scala: l’aretino ridimensiona l’opera per accogliere un preteso primato toscano, benché non fiorentino. Così Bramante avrebbe «cavato» la sua «inventione» dal trecentesco campanile di S. Nicola a Pisa. Ma, nel 1570, irrompono le «lumache» dei «Portici di Pompeio», presunti archetipi della lumaca: infatti, attingendo indirettamente – e acriticamente – da Peruzzi e Serlio, Palladio deriva l’«inventione» dallo pseudo-prototipo romano. Al dilagare della diatriba sull’«inventione» nei trattati, si affianca l’imposizione della lumaca quale topos architettonico, copiato e/o rielaborato e diffuso. Ma, sebbene la lumaca denoti – per Bruschi – la «completa sconfitta dei principi e delle regole», la riesamina critica del corpus architettonico bramantesco evidenzia il consiste lascito dell’opera. Ora, in un mutato contesto storiografico – contrassegnato da una progressiva revisione dell’intera opera bramantesca, estesa agli anni formativi nell’ambiente culturale lombardo tardo quattrocentesco – si impone un’attenta disamina storico-critica della lumaca. Così, integrando l'esame delle fonti documentarie – archivistiche e bibliografiche – con una minuziosa indagine sul monumento – ricorrendo a un rilievo ad hoc – e una riflessione sul contesto socio-culturale e architettonico agli inizi del Cinquecento, il focus della ricerca mira all’evoluzione delle scale elicoidali colonnate. Parallelamente, la reinterpretazione dei documenti suggerisce la revisione della cronologia – meno risolutiva, ma più coerente con le fonti – e una funzione alternativa della lumaca correlata alla «fontana molto abbo(n)dante di acque» descritta dal Serlio e ben contestualizzata nella temperie culturale tra XV e XVI secolo.

La «famosa Scala grande a Lumaca, detta di Bramante» / DI SALVO, Marco. - (2020).

La «famosa Scala grande a Lumaca, detta di Bramante»

Marco Di Salvo
2020

Abstract

«Bramante non [fece] né la più bella né la più artificiosa architettura di questa». Così si conclude la concisa descrizione serliana della «scala a lumaca» del palatium innocenziano-roveresco in Vaticano. La lumaca ‘scava’ una nuda torre a pianta quadrangolare innestata sul fianco orientale della c.d. “villa” papale. La facies esterna denuncia l’incompletezza della scala e si rileva nella tessitura muraria in laterizio – a sud come a est – alternata al tufo – a nord – con aperture occasionalmente provviste di cornici lapidee. Qui, le astratte geometrie dell’involucro, privo d’intonaco e spoglio di qualsiasi decorazione, tradiscono la raffinata articolazione interna «condotta con somma grazia & artifizio certo eccellente», come commentò il Vasari. Un «primo trattato del Cinquecento, non scritto ma edificato» – secondo Thoenes – dove l’«inventione» bramantesca si manifesta con una corona di trentasei colonne litiche sovrapposte, ripartite in quattro genera, a perimetrare il luminoso pozzo di luce. Viceversa, un’alterna fortuna storiografica accompagna la lumaca. Già nelle Vite della stampa giuntina (1568) – meno inclini al Bramante della versione torrentiniana (1550) – Vasari respinge l’originalità della scala: l’aretino ridimensiona l’opera per accogliere un preteso primato toscano, benché non fiorentino. Così Bramante avrebbe «cavato» la sua «inventione» dal trecentesco campanile di S. Nicola a Pisa. Ma, nel 1570, irrompono le «lumache» dei «Portici di Pompeio», presunti archetipi della lumaca: infatti, attingendo indirettamente – e acriticamente – da Peruzzi e Serlio, Palladio deriva l’«inventione» dallo pseudo-prototipo romano. Al dilagare della diatriba sull’«inventione» nei trattati, si affianca l’imposizione della lumaca quale topos architettonico, copiato e/o rielaborato e diffuso. Ma, sebbene la lumaca denoti – per Bruschi – la «completa sconfitta dei principi e delle regole», la riesamina critica del corpus architettonico bramantesco evidenzia il consiste lascito dell’opera. Ora, in un mutato contesto storiografico – contrassegnato da una progressiva revisione dell’intera opera bramantesca, estesa agli anni formativi nell’ambiente culturale lombardo tardo quattrocentesco – si impone un’attenta disamina storico-critica della lumaca. Così, integrando l'esame delle fonti documentarie – archivistiche e bibliografiche – con una minuziosa indagine sul monumento – ricorrendo a un rilievo ad hoc – e una riflessione sul contesto socio-culturale e architettonico agli inizi del Cinquecento, il focus della ricerca mira all’evoluzione delle scale elicoidali colonnate. Parallelamente, la reinterpretazione dei documenti suggerisce la revisione della cronologia – meno risolutiva, ma più coerente con le fonti – e una funzione alternativa della lumaca correlata alla «fontana molto abbo(n)dante di acque» descritta dal Serlio e ben contestualizzata nella temperie culturale tra XV e XVI secolo.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2993715
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