Da sempre Alessandria è stata fortemente condizionata dalla presenza dei suoi fiumi. I corsi d’acqua che interessano il territorio sono stati protagonisti della sua storia e ne hanno segnato l’espansione e lo sviluppo produttivo, commerciale e militare. Se il Tanaro è stato uno dei fattori costitutivi della città, del suo impianto, delle sue trasformazioni e della sua proiezione verso l’esterno, sono invece le acque della Bormida, condotte in città attraverso l’antico canale Betale, ad alimentare il primo impianto idraulico urbano, un’infrastruttura primaria che condiziona e caratterizza la conformazione e la struttura dell’abitato. Costruito tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, con lo scopo di portare acqua in città, sia per il miglioramento delle condizioni igieniche sia per mettere in moto le pale dei mulini e dei primi opifici urbani, tale impianto viene ad assumere nel corso degli anni, nonostante la precarietà di un’opera piuttosto rudimentale, un ruolo sempre più rilevante tanto nella crescita insediativa che nello sviluppo produttivo urbano ed extraurbano. Sul finire del Cinquecento e nei primi anni del secolo successivo il Betale risulta protagonista anche nella strategia difensiva della città. Il canale viene ripristinato e ammodernato dal Governo spagnolo per alimentare il fossato urbano e diventa a tutti gli effetti facente parte delle opere fortilizie cittadine. Inoltre le stesse acque, attraversata la cinta ed entrate in città, continuano a mantenere le antiche funzioni di rifornimento per usi domestici e di supporto per le attività artigianali e per la produzione di energia idraulica, nonché ad essere la principale fonte irrigua per orti e giardini urbani e ad assolvere l’importante compito di salvaguardia delle condizioni igienico-sanitarie urbane. Solo quando i nuovi sistemi difensivi settecenteschi «alla moderna» sovrastano le vecchie e ormai obsolete fortificazioni seicentesche, compresa l’antica infrastruttura idraulica, il canale cade nell’oblio e con esso tutto il sistema idraulico urbano. Così, se già a partire dal secolo precedente si erano intraprese le prime opere di tombatura dei tracciati dell’antico Betale, nel Settecento l’antica rete di canalizzazioni urbane scompare quasi del tutto lasciando di sè solo qualche traccia circoscritta. Con l’Ottocento si apre una nuova fase di sfruttamento delle acque. È l’architetto Leopoldo Valizone, in qualità di tecnico della Municipalità, ad essere chiamato ad ampliare il sistema di smaltimento urbano, progettando una rete di canali sotterranei per far confluire le acque stagnanti, che andavano ad ostruire numerose vie alessandrine, in nuovi condotti collegati agli scoli esistenti. Sono numerosi i disegni di dettaglio delle opere sotterranee che accompagnano l’attento studio sulle pendenze e sulle confluenze più opportune per garantire l’igiene e la salubrità in tutta la città. Il progetto del sistema fognario si completa con l’approvazione di una specifica normativa. Le tematiche relative ai problemi di carattere igienico vengono infatti riprese nel Regolamento d’Ornato della Città di Alessandria del 1834: in poco più di un decennio, tra gli anni Venti e Trenta, si creano le adeguate condizioni per far nascere una coscienza sempre più sensibile e attenta alle problematiche e ai criteri di decoro urbano nell’ambito di un capillare lavoro di riqualificazione degli spazi urbani. I primi decenni dell’Ottocento sono caratterizzati da numerosi progetti riguardanti nuove canalizzazioni extraurbane, che influiranno sulla crescita sia insediativa che produttiva della città e del territorio e ne decreteranno la prosperità economica e sociale. Se già nel 1818 l’ingegner Pernigotti aveva redatto un piano di massima per la deviazione di un canale dalla Bormida destinato a portare l’acqua sino ad Alessandria, solo all’inizio degli anni Trenta viene realizzato il canale Carlo Alberto su progetto dell’ingegner Negretti. Riprendendo in parte il percorso dell’antico Betale, o per lo meno la sua memoria, il nuovo manufatto, ultimato tra il 1846 e il 1847, assume molteplici ed eterogenee funzioni. Risulta essere la principale infrastruttura irrigua di tutto il territorio alessandrino, in anticipo rispetto agli sviluppi postunitari della rete d’irrigazione piemontese. Con l’obiettivo di condurre l’acqua alla città per provvedere ad un adeguato approvvigionamento idrico urbano e per favorire quel risanamento igienico tanto ambito, diventa soprattutto una fonte di energia essenziale per il processo di industrializzazione che interesserà la città a partire dalla metà del XIX secolo, rappresentando uno dei principali volani dell’economia produttiva ottocentesca. Nei primi decenni del Novecento nasce una nuova immagine di Alessandria, una moderna ed industriosa cittadina, rafforzata anche dalla realizzazione di un nuovo ed efficiente impianto di adduzione e smaltimento delle acque, ramificato in tutto l’abitato, voluto e finanziato dalla famiglia Borsalino. E’ Teresio Borsalino, ad intraprendere in accordo con l’amministrazione comunale, la realizzazione dell’acquedotto urbano, che viene realizzato a partire dalla metà degli anni Venti. Parallelamente si rende obbligatoria la costruzione di una nuova rete fognaria, dapprima costruita per le nuove aree di ampliamento della città e successivamente, sempre grazie all’intervento finanziario del Senatore, estesa a tutta la città. A questo si aggiunge la decisione di eliminare il tratto urbano del canale Carlo Alberto e di costruire una deviazione per condurre le sue acque direttamente nel Tanaro a monte dell’abitato. Con la nascita di nuove forme di energia, la risorsa idrica infatti aveva perso piano piano di valore: l’infrastruttura urbana viene quasi completamente interrata e ridotta a semplice canale di scolo dell’acquedotto comunale, mentre permane l’intero percorso extraurbano che, oggi ancora funzionante, continua ad assolvere esclusivamente funzioni irrigue.
Tracciati d'acqua e infrastrutture idrauliche nell'alessandrino / Boido, Cristina. - STAMPA. - (2023), pp. 1-79.
Tracciati d'acqua e infrastrutture idrauliche nell'alessandrino
Boido, Cristina
2023
Abstract
Da sempre Alessandria è stata fortemente condizionata dalla presenza dei suoi fiumi. I corsi d’acqua che interessano il territorio sono stati protagonisti della sua storia e ne hanno segnato l’espansione e lo sviluppo produttivo, commerciale e militare. Se il Tanaro è stato uno dei fattori costitutivi della città, del suo impianto, delle sue trasformazioni e della sua proiezione verso l’esterno, sono invece le acque della Bormida, condotte in città attraverso l’antico canale Betale, ad alimentare il primo impianto idraulico urbano, un’infrastruttura primaria che condiziona e caratterizza la conformazione e la struttura dell’abitato. Costruito tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, con lo scopo di portare acqua in città, sia per il miglioramento delle condizioni igieniche sia per mettere in moto le pale dei mulini e dei primi opifici urbani, tale impianto viene ad assumere nel corso degli anni, nonostante la precarietà di un’opera piuttosto rudimentale, un ruolo sempre più rilevante tanto nella crescita insediativa che nello sviluppo produttivo urbano ed extraurbano. Sul finire del Cinquecento e nei primi anni del secolo successivo il Betale risulta protagonista anche nella strategia difensiva della città. Il canale viene ripristinato e ammodernato dal Governo spagnolo per alimentare il fossato urbano e diventa a tutti gli effetti facente parte delle opere fortilizie cittadine. Inoltre le stesse acque, attraversata la cinta ed entrate in città, continuano a mantenere le antiche funzioni di rifornimento per usi domestici e di supporto per le attività artigianali e per la produzione di energia idraulica, nonché ad essere la principale fonte irrigua per orti e giardini urbani e ad assolvere l’importante compito di salvaguardia delle condizioni igienico-sanitarie urbane. Solo quando i nuovi sistemi difensivi settecenteschi «alla moderna» sovrastano le vecchie e ormai obsolete fortificazioni seicentesche, compresa l’antica infrastruttura idraulica, il canale cade nell’oblio e con esso tutto il sistema idraulico urbano. Così, se già a partire dal secolo precedente si erano intraprese le prime opere di tombatura dei tracciati dell’antico Betale, nel Settecento l’antica rete di canalizzazioni urbane scompare quasi del tutto lasciando di sè solo qualche traccia circoscritta. Con l’Ottocento si apre una nuova fase di sfruttamento delle acque. È l’architetto Leopoldo Valizone, in qualità di tecnico della Municipalità, ad essere chiamato ad ampliare il sistema di smaltimento urbano, progettando una rete di canali sotterranei per far confluire le acque stagnanti, che andavano ad ostruire numerose vie alessandrine, in nuovi condotti collegati agli scoli esistenti. Sono numerosi i disegni di dettaglio delle opere sotterranee che accompagnano l’attento studio sulle pendenze e sulle confluenze più opportune per garantire l’igiene e la salubrità in tutta la città. Il progetto del sistema fognario si completa con l’approvazione di una specifica normativa. Le tematiche relative ai problemi di carattere igienico vengono infatti riprese nel Regolamento d’Ornato della Città di Alessandria del 1834: in poco più di un decennio, tra gli anni Venti e Trenta, si creano le adeguate condizioni per far nascere una coscienza sempre più sensibile e attenta alle problematiche e ai criteri di decoro urbano nell’ambito di un capillare lavoro di riqualificazione degli spazi urbani. I primi decenni dell’Ottocento sono caratterizzati da numerosi progetti riguardanti nuove canalizzazioni extraurbane, che influiranno sulla crescita sia insediativa che produttiva della città e del territorio e ne decreteranno la prosperità economica e sociale. Se già nel 1818 l’ingegner Pernigotti aveva redatto un piano di massima per la deviazione di un canale dalla Bormida destinato a portare l’acqua sino ad Alessandria, solo all’inizio degli anni Trenta viene realizzato il canale Carlo Alberto su progetto dell’ingegner Negretti. Riprendendo in parte il percorso dell’antico Betale, o per lo meno la sua memoria, il nuovo manufatto, ultimato tra il 1846 e il 1847, assume molteplici ed eterogenee funzioni. Risulta essere la principale infrastruttura irrigua di tutto il territorio alessandrino, in anticipo rispetto agli sviluppi postunitari della rete d’irrigazione piemontese. Con l’obiettivo di condurre l’acqua alla città per provvedere ad un adeguato approvvigionamento idrico urbano e per favorire quel risanamento igienico tanto ambito, diventa soprattutto una fonte di energia essenziale per il processo di industrializzazione che interesserà la città a partire dalla metà del XIX secolo, rappresentando uno dei principali volani dell’economia produttiva ottocentesca. Nei primi decenni del Novecento nasce una nuova immagine di Alessandria, una moderna ed industriosa cittadina, rafforzata anche dalla realizzazione di un nuovo ed efficiente impianto di adduzione e smaltimento delle acque, ramificato in tutto l’abitato, voluto e finanziato dalla famiglia Borsalino. E’ Teresio Borsalino, ad intraprendere in accordo con l’amministrazione comunale, la realizzazione dell’acquedotto urbano, che viene realizzato a partire dalla metà degli anni Venti. Parallelamente si rende obbligatoria la costruzione di una nuova rete fognaria, dapprima costruita per le nuove aree di ampliamento della città e successivamente, sempre grazie all’intervento finanziario del Senatore, estesa a tutta la città. A questo si aggiunge la decisione di eliminare il tratto urbano del canale Carlo Alberto e di costruire una deviazione per condurre le sue acque direttamente nel Tanaro a monte dell’abitato. Con la nascita di nuove forme di energia, la risorsa idrica infatti aveva perso piano piano di valore: l’infrastruttura urbana viene quasi completamente interrata e ridotta a semplice canale di scolo dell’acquedotto comunale, mentre permane l’intero percorso extraurbano che, oggi ancora funzionante, continua ad assolvere esclusivamente funzioni irrigue.Pubblicazioni consigliate
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https://hdl.handle.net/11583/2988665