Il progetto di ricerca ha come oggetto i paesaggi antropizzati della produzione legati al settore vitivinicolo. L’obiettivo è la scoperta degli elementi di qualità residua, riscontrabili nelle architetture rurali. Il fine è la valorizzazione dei paesaggi nella loro interezza attraverso l’attribuzione alle architetture minori di una nuova funzione di supporto. La tesi ha carattere interdisciplinare e guarda ai paesaggi vitivinicoli dal punto di vista sia dell’Architettura Tecnica sia della Geografia. Attraverso la cotutela tra Sapienza Università di Roma e Parigi 8 Vincennes Saint-Denis, l’analisi è stata condotta sui due paesaggi vitivinicoli, selezionati sui quindici inscritti nella World Heritage List: Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato e Climats du vignoble de Bourgogne. Rispettivamente patrimonio UNESCO italiano del 2014 e francese del 2015, sono stati analizzati secondo quattro macrocategorie comuni: la descrizione del sito, l’iter di candidatura e di nomina, l’aggiornamento del sistema normativo e gli impatti sul territorio. L’analisi ha condotto alla produzione di tabelle, grafici e cartografie utili alla comprensione delle diverse dinamiche territoriali e alla comparazione degli approcci di tutela e valorizzazione dei beni in relazione ai progetti di sviluppo territoriale delle due nazioni. L’identificare ed l’indagare i paesaggi vitivinicoli inseriti nella Lista del Patrimonio UNESCO ha condotto a comprendere se e quali fossero le categorie e le caratteristiche comuni tra i due paesaggi culturali, determinando gli elementi più rappresentativi per l’iscrizione nel patrimonio mondiale dell’umanità. La scelta è ricaduta sui patrimoni UNESCO per analizzare il problema del recupero e della salvaguardia dei beni in un sistema rurale altamente valorizzato. In un paesaggio culturale oggetto di attenzione mondiale, si tenderebbe a pensare che ogni traccia venga tutelata pari merito con le altre, ma le politiche territoriali non permettono legittimamente la valorizzazione di ogni singolo elemento. Il focus sulle architetture rurali a supporto della produzione agricola ha condotto alla scoperta di una tipologia edilizia, presente all’interno del sistema paesaggistico italiano, attualmente in stato di dismissione: i ciabòt. Edifici rurali di supporto al contadino durante il lavoro nei campi, risultano essere simili per tipologia e funzione ai cabotes francesi. Sebbene risultino essere stati oggetti determinanti per la dimostrazione dei valori eccezionali universali del sito italiano e soggetti di molteplici progetti risultati inefficaci in scala architettonica e paesaggistica, questo patrimonio rurale spontaneo risulta ancora in stato di abbandono. Ciò è dovuto alla perdita di funzione e al mancato riconoscimento del potenziale latente da parte della comunità che lo ha costruito. Tali tracce risultano essere una potenzialità per il territorio: non solo costituiscono i nodi di una rete culturale, tessere fondamentali nel riconoscimento del territorio e della sua storia, ma per l’importante valore sociale ed economico, essendo un tipo di patrimonio legato alle savoir faire e all’identità locale e associato ad ogni aspetto odierno del vivere il territorio. Potenzialità inespresse in quanto la lettura odierna non permette ancora una visione d’insieme futura. Contrariamente a quanto succede in Francia, dove i cabotes, risultano essere oggetto di programmi di restauro e di reimmissione nella mise en scène paysager. Le architetture rurali diventano così oggetti ammirabili dal turista all’interno dei circuiti escursionistici o di visita nelle cantine, ma non fruibili. Nel caso italiano, tale approccio non risulterebbe efficace: per le caratteristiche dell’edificio e per le dinamiche territoriali locali, il ciabòt non potrebbe essere ridotto ad oggetto del territorio, bensì recuperato e riutilizzato come supporto all’escursionista con specifiche modalità. Ripristinando le funzioni di supporto originarie in relazione al turismo esperienziale, il ciabòt risulterebbe essere quell’elemento di qualità residua che conduce ad emergere nel rispetto delle dinamiche territoriali.
La valorizzazione dei paesaggi vitivinicoli oltre la candidatura UNESCO. Elementi di qualità residua / Renzulli, Alessandra. - (2023).
La valorizzazione dei paesaggi vitivinicoli oltre la candidatura UNESCO. Elementi di qualità residua
Alessandra Renzulli
2023
Abstract
Il progetto di ricerca ha come oggetto i paesaggi antropizzati della produzione legati al settore vitivinicolo. L’obiettivo è la scoperta degli elementi di qualità residua, riscontrabili nelle architetture rurali. Il fine è la valorizzazione dei paesaggi nella loro interezza attraverso l’attribuzione alle architetture minori di una nuova funzione di supporto. La tesi ha carattere interdisciplinare e guarda ai paesaggi vitivinicoli dal punto di vista sia dell’Architettura Tecnica sia della Geografia. Attraverso la cotutela tra Sapienza Università di Roma e Parigi 8 Vincennes Saint-Denis, l’analisi è stata condotta sui due paesaggi vitivinicoli, selezionati sui quindici inscritti nella World Heritage List: Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato e Climats du vignoble de Bourgogne. Rispettivamente patrimonio UNESCO italiano del 2014 e francese del 2015, sono stati analizzati secondo quattro macrocategorie comuni: la descrizione del sito, l’iter di candidatura e di nomina, l’aggiornamento del sistema normativo e gli impatti sul territorio. L’analisi ha condotto alla produzione di tabelle, grafici e cartografie utili alla comprensione delle diverse dinamiche territoriali e alla comparazione degli approcci di tutela e valorizzazione dei beni in relazione ai progetti di sviluppo territoriale delle due nazioni. L’identificare ed l’indagare i paesaggi vitivinicoli inseriti nella Lista del Patrimonio UNESCO ha condotto a comprendere se e quali fossero le categorie e le caratteristiche comuni tra i due paesaggi culturali, determinando gli elementi più rappresentativi per l’iscrizione nel patrimonio mondiale dell’umanità. La scelta è ricaduta sui patrimoni UNESCO per analizzare il problema del recupero e della salvaguardia dei beni in un sistema rurale altamente valorizzato. In un paesaggio culturale oggetto di attenzione mondiale, si tenderebbe a pensare che ogni traccia venga tutelata pari merito con le altre, ma le politiche territoriali non permettono legittimamente la valorizzazione di ogni singolo elemento. Il focus sulle architetture rurali a supporto della produzione agricola ha condotto alla scoperta di una tipologia edilizia, presente all’interno del sistema paesaggistico italiano, attualmente in stato di dismissione: i ciabòt. Edifici rurali di supporto al contadino durante il lavoro nei campi, risultano essere simili per tipologia e funzione ai cabotes francesi. Sebbene risultino essere stati oggetti determinanti per la dimostrazione dei valori eccezionali universali del sito italiano e soggetti di molteplici progetti risultati inefficaci in scala architettonica e paesaggistica, questo patrimonio rurale spontaneo risulta ancora in stato di abbandono. Ciò è dovuto alla perdita di funzione e al mancato riconoscimento del potenziale latente da parte della comunità che lo ha costruito. Tali tracce risultano essere una potenzialità per il territorio: non solo costituiscono i nodi di una rete culturale, tessere fondamentali nel riconoscimento del territorio e della sua storia, ma per l’importante valore sociale ed economico, essendo un tipo di patrimonio legato alle savoir faire e all’identità locale e associato ad ogni aspetto odierno del vivere il territorio. Potenzialità inespresse in quanto la lettura odierna non permette ancora una visione d’insieme futura. Contrariamente a quanto succede in Francia, dove i cabotes, risultano essere oggetto di programmi di restauro e di reimmissione nella mise en scène paysager. Le architetture rurali diventano così oggetti ammirabili dal turista all’interno dei circuiti escursionistici o di visita nelle cantine, ma non fruibili. Nel caso italiano, tale approccio non risulterebbe efficace: per le caratteristiche dell’edificio e per le dinamiche territoriali locali, il ciabòt non potrebbe essere ridotto ad oggetto del territorio, bensì recuperato e riutilizzato come supporto all’escursionista con specifiche modalità. Ripristinando le funzioni di supporto originarie in relazione al turismo esperienziale, il ciabòt risulterebbe essere quell’elemento di qualità residua che conduce ad emergere nel rispetto delle dinamiche territoriali.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/11583/2985017