Sebbene la questione ecologica sia centrale nel dibattito filosofico e scientifico da oltre cinquant’anni – come «lo studio delle interrelazioni che intercorrono fra gli organismi e l’ambiente chi li ospita […] su tre livelli di gerarchia biologica: individui, popolazioni e comunità» (Treccani) – gli ultimi anni hanno visto una esplosione del tema, entrato a forza nelle agende politiche e soprattutto negli immaginari collettivi. In modi diversi, movimenti come FridaysForFuture ed Extinction Rebellion hanno condensato le energie attiviste di tutto il mondo, ed espanso la battaglia che un tempo era essenzialmente legata a temi strettamente ambientali e di protezione animale – come le storiche battaglie del WWF negli anni ’80 e ’90. Non è cioè casuale la convergenza tra movimenti ambientalisti e quei movimenti No Global e No Logo che negli ultimi vent’anni sono nati e progressivamente scomparsi, assorbiti in una tensione di livello più alto: quella ecologica, che eccede di gran lunga la tematica ambientalista. L’appena concluso G20 di Roma e l’immediatamente successiva Cop 26 – la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – hanno intanto dimostrato che la frattura tra richieste e agende politiche si sta allargando. Una frattura che non dipende solo, o necessariamente, dalla volontà dell’Istituzione, ma (anche) dal fatto che la questione ecologica è più grande delle rappresentazioni che siamo in grado di darne. Comprende, e insieme influenza, tutte le tematiche che normalmente siamo portati a trattare settorialmente.

La fine di tutte le cose. Strategie ecologiche per la contingenza / Leghissa, Giovanni; Giustiniano, Alberto; Balestreri, Mauro; Cavedagna, Veronica; Deregibus, Carlo; Monginot, Benoît; Piatti, Giulio; Tarditi, Claudio. - In: PHILOSOPHY KITCHEN. - ISSN 2385-1945. - ELETTRONICO. - Philosophy Kitchen, 15, II/2021::(2021). [10.13135/2385-1945/15.2021]

La fine di tutte le cose. Strategie ecologiche per la contingenza

Deregibus, Carlo;
2021

Abstract

Sebbene la questione ecologica sia centrale nel dibattito filosofico e scientifico da oltre cinquant’anni – come «lo studio delle interrelazioni che intercorrono fra gli organismi e l’ambiente chi li ospita […] su tre livelli di gerarchia biologica: individui, popolazioni e comunità» (Treccani) – gli ultimi anni hanno visto una esplosione del tema, entrato a forza nelle agende politiche e soprattutto negli immaginari collettivi. In modi diversi, movimenti come FridaysForFuture ed Extinction Rebellion hanno condensato le energie attiviste di tutto il mondo, ed espanso la battaglia che un tempo era essenzialmente legata a temi strettamente ambientali e di protezione animale – come le storiche battaglie del WWF negli anni ’80 e ’90. Non è cioè casuale la convergenza tra movimenti ambientalisti e quei movimenti No Global e No Logo che negli ultimi vent’anni sono nati e progressivamente scomparsi, assorbiti in una tensione di livello più alto: quella ecologica, che eccede di gran lunga la tematica ambientalista. L’appena concluso G20 di Roma e l’immediatamente successiva Cop 26 – la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – hanno intanto dimostrato che la frattura tra richieste e agende politiche si sta allargando. Una frattura che non dipende solo, o necessariamente, dalla volontà dell’Istituzione, ma (anche) dal fatto che la questione ecologica è più grande delle rappresentazioni che siamo in grado di darne. Comprende, e insieme influenza, tutte le tematiche che normalmente siamo portati a trattare settorialmente.
2021
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