Il dibattito degli ultimi anni ha contribuito notevolmente a far emergere in tutta la sua urgenza il tema della fragilità di ampie porzioni del territorio; termine questo che - con tutta la sua ambiguità polisemica - si presta bene a descrivere uno spettro ampio di criticità, le quali sono spesso riconducibili a molteplici fattori. Fragile è definibile normalmente ciò che presenta debolezza intrinseca, scarsa resistenza strutturale, vulnerabilità e attitudine alla disgregazione; e in questo senso le aree devastate dai recenti fenomeni sismici, o gravate da un rischio idrogeologico sempre più evidente nelle sue frequenti manifestazioni catastrofiche, rappresentano una traduzione fisica quasi letterale del concetto. Ma la nozione di fragilità offre anche altri spunti interpretativi meno convenzionali, e forse più stimolanti. Con un significato più prossimo alla scienza dei materiali e alle scienze sociali, essa indica limitata capacità di assorbire la deformazione, bassa resilienza e scarsa elasticità; ed è in particolare in questa seconda accezione, sia pur metaforicamente intesa, che essa aiuta a comprendere alcune ragioni della crisi di molti territori contemporanei. Se si osserva il territorio nazionale attraverso i dati che emergono dalle ultime indagini a scala nazionale le criticità di alcuni dei recenti fenomeni di trasformazione paiono in effetti strettamente legate alla rigidezza ed all’incapacità intrinseca di adattamento di molte delle categorie interpretative con cui ancora oggi guardiamo al territorio e tentiamo di controllarne le trasformazioni. Il dato fisico dell'abbandono rappresenta in questo senso l’epifenomeno di una crisi di natura socioeconomica che non è più congiunturale, ma strutturale; ad essere giunti a “fine vita”, in altre parole, non sono semplicemente i volumi e gli spazi urbani che oggi tentiamo di recuperare e “riciclare”, ma soprattutto un determinato modello di sviluppo economico e sociale, che non è più in grado di formulare una richiesta strutturata per quegli spazi; mentre, sul versante opposto, alcune delle nuove categorie interpretative e dei nuovi soggetti istituzionali da esse derivanti (come le Città Metropolitane) faticano ancora a cogliere la complessità di fenomeni i cui esiti fisici sono ancora in gran parte sfuggenti rispetto ai tentativi di definizione più stringenti.

La fragilità come opportunità. Nuovi modelli per i territori della crisi / Berta, Mauro - In: Territori dell'architettura. Continuità e fragilità nel progetto contemporaneo / Cocco G. B., Dessì A.. - STAMPA. - Macerata : Quodlibet, 2022. - ISBN 9788822908445. - pp. 128-133 [10.2307/j.ctv2sbm7tn.22]

La fragilità come opportunità. Nuovi modelli per i territori della crisi

Berta, Mauro
2022

Abstract

Il dibattito degli ultimi anni ha contribuito notevolmente a far emergere in tutta la sua urgenza il tema della fragilità di ampie porzioni del territorio; termine questo che - con tutta la sua ambiguità polisemica - si presta bene a descrivere uno spettro ampio di criticità, le quali sono spesso riconducibili a molteplici fattori. Fragile è definibile normalmente ciò che presenta debolezza intrinseca, scarsa resistenza strutturale, vulnerabilità e attitudine alla disgregazione; e in questo senso le aree devastate dai recenti fenomeni sismici, o gravate da un rischio idrogeologico sempre più evidente nelle sue frequenti manifestazioni catastrofiche, rappresentano una traduzione fisica quasi letterale del concetto. Ma la nozione di fragilità offre anche altri spunti interpretativi meno convenzionali, e forse più stimolanti. Con un significato più prossimo alla scienza dei materiali e alle scienze sociali, essa indica limitata capacità di assorbire la deformazione, bassa resilienza e scarsa elasticità; ed è in particolare in questa seconda accezione, sia pur metaforicamente intesa, che essa aiuta a comprendere alcune ragioni della crisi di molti territori contemporanei. Se si osserva il territorio nazionale attraverso i dati che emergono dalle ultime indagini a scala nazionale le criticità di alcuni dei recenti fenomeni di trasformazione paiono in effetti strettamente legate alla rigidezza ed all’incapacità intrinseca di adattamento di molte delle categorie interpretative con cui ancora oggi guardiamo al territorio e tentiamo di controllarne le trasformazioni. Il dato fisico dell'abbandono rappresenta in questo senso l’epifenomeno di una crisi di natura socioeconomica che non è più congiunturale, ma strutturale; ad essere giunti a “fine vita”, in altre parole, non sono semplicemente i volumi e gli spazi urbani che oggi tentiamo di recuperare e “riciclare”, ma soprattutto un determinato modello di sviluppo economico e sociale, che non è più in grado di formulare una richiesta strutturata per quegli spazi; mentre, sul versante opposto, alcune delle nuove categorie interpretative e dei nuovi soggetti istituzionali da esse derivanti (come le Città Metropolitane) faticano ancora a cogliere la complessità di fenomeni i cui esiti fisici sono ancora in gran parte sfuggenti rispetto ai tentativi di definizione più stringenti.
2022
9788822908445
Territori dell'architettura. Continuità e fragilità nel progetto contemporaneo
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