Nel 1972, appena inaugurato, il complesso di abitazioni popolari dei Robin Hood Gardens nel quartiere operaio di Poplar a Londra, è già preso d’assalto da alcuni dei suoi stessi abitanti. Com’è possibile rileggere quest’esperienza solo a prima vista enigmatica? Ripercorrendone la storia, si resta colpiti dalla rapidità con cui si esaurisce il senso di un progetto che appare come l’esito di una ricerca ventennale sulla residenza sociale, per molti ancora in grado d’incarnare un riferimento imprescindibile della cultura architettonica del secondo Novecento. La vicenda degli appartamenti progettati da Alison e Peter Smithson s’inscrive in una complessa congiuntura storica: il loro completamento avviene all’inizio di un decennio che in Gran Bretagna in molti definiscono tetro, pessimista e violento. Il saggio traccia una panoramica delle diverse critiche che, a partire dalla fine degli anni sessanta, hanno interessato questo come altri importanti interventi di housing sociale realizzati nel secondo dopoguerra in Gran Bretagna. Ad emergere con chiarezza, accanto ad una nuova centralità accordata agli abitanti e alle loro istanze, sono alcuni dei primi e più radicali tentativi di riconsiderare criticamente l’eredità dell’architettura moderna. Lo scritto si avvale di una pluralità di fonti meno frequentate della critica architettonica del tardo Novecento, letterarie e visuali, tra cui la testimonianza e le illustrazioni dello storico vignettista di Architects’ Journal e Building Design, l’architetto Louis Hellman (Londra, 1936), il cui intenso lavoro di disegnatore satirico ha accompagnato tutte le principali vicende della cronaca architettonica degli ultimi cinquant’anni fornendone un commento al contempo sagace e straordinariamente acuto. In 1972, just after the Robin Hood Gardens housing estate was inaugurated in the working-class district of Poplar in London it was stormed by some of its inhabitants. How can we interpret this only ostensibly enigmatic event? A review of its history reveals a rather swift end to the relevance of a project that appears to be the result of a twenty-year study of social housing, for many people still a milestone for architectural culture in the second half of the Twentieth century. The story of the apartments designed by Alison and Peter Smithson is part of a complex historical conjuncture: its completion takes place at the beginning of a decade that many in Great Britain define as bleak, pessimistic and violent. The essay traces an overview of the various criticisms that, starting from the end of the Sixties, have affected this as well as other relevant social housing interventions carried out after the Second World War in Great Britain. What emerges clearly, alongside a new centrality accorded to the buildings’ inhabitants and their demands, are some of the first and most radical attempts to critically reasess the legacy of modern architecture. The essay makes use of a plurality of lesser-known accounts of late twentieth-century architectural criticism, both verbal and visual, including the testimony and illustrations of the historic cartoonist of Architects' Journal and Building Design, the architect Louis Hellman (London, 1936), whose intense work as a satirical illustrator has accompanied all the main events of the architectural chronicle of the last fifty years, providing a commentary at the same time pungent and extraordinarily acute.
London 1972 (and its surroundings): modern architecture reviewed by history / Rosso, Michela - In: ReHab Living. Inhabitants. Houses / Paone, Fabrizio, Sampieri, Angelo (a cura di). - STAMPA. - Berlino : Jovis, 2022. - ISBN 978-3-86859-716-5. - pp. 36-49
London 1972 (and its surroundings): modern architecture reviewed by history
Michela Rosso
2022
Abstract
Nel 1972, appena inaugurato, il complesso di abitazioni popolari dei Robin Hood Gardens nel quartiere operaio di Poplar a Londra, è già preso d’assalto da alcuni dei suoi stessi abitanti. Com’è possibile rileggere quest’esperienza solo a prima vista enigmatica? Ripercorrendone la storia, si resta colpiti dalla rapidità con cui si esaurisce il senso di un progetto che appare come l’esito di una ricerca ventennale sulla residenza sociale, per molti ancora in grado d’incarnare un riferimento imprescindibile della cultura architettonica del secondo Novecento. La vicenda degli appartamenti progettati da Alison e Peter Smithson s’inscrive in una complessa congiuntura storica: il loro completamento avviene all’inizio di un decennio che in Gran Bretagna in molti definiscono tetro, pessimista e violento. Il saggio traccia una panoramica delle diverse critiche che, a partire dalla fine degli anni sessanta, hanno interessato questo come altri importanti interventi di housing sociale realizzati nel secondo dopoguerra in Gran Bretagna. Ad emergere con chiarezza, accanto ad una nuova centralità accordata agli abitanti e alle loro istanze, sono alcuni dei primi e più radicali tentativi di riconsiderare criticamente l’eredità dell’architettura moderna. Lo scritto si avvale di una pluralità di fonti meno frequentate della critica architettonica del tardo Novecento, letterarie e visuali, tra cui la testimonianza e le illustrazioni dello storico vignettista di Architects’ Journal e Building Design, l’architetto Louis Hellman (Londra, 1936), il cui intenso lavoro di disegnatore satirico ha accompagnato tutte le principali vicende della cronaca architettonica degli ultimi cinquant’anni fornendone un commento al contempo sagace e straordinariamente acuto. In 1972, just after the Robin Hood Gardens housing estate was inaugurated in the working-class district of Poplar in London it was stormed by some of its inhabitants. How can we interpret this only ostensibly enigmatic event? A review of its history reveals a rather swift end to the relevance of a project that appears to be the result of a twenty-year study of social housing, for many people still a milestone for architectural culture in the second half of the Twentieth century. The story of the apartments designed by Alison and Peter Smithson is part of a complex historical conjuncture: its completion takes place at the beginning of a decade that many in Great Britain define as bleak, pessimistic and violent. The essay traces an overview of the various criticisms that, starting from the end of the Sixties, have affected this as well as other relevant social housing interventions carried out after the Second World War in Great Britain. What emerges clearly, alongside a new centrality accorded to the buildings’ inhabitants and their demands, are some of the first and most radical attempts to critically reasess the legacy of modern architecture. The essay makes use of a plurality of lesser-known accounts of late twentieth-century architectural criticism, both verbal and visual, including the testimony and illustrations of the historic cartoonist of Architects' Journal and Building Design, the architect Louis Hellman (London, 1936), whose intense work as a satirical illustrator has accompanied all the main events of the architectural chronicle of the last fifty years, providing a commentary at the same time pungent and extraordinarily acute.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/11583/2970210