Nelle valli alpine al confine fra il Piemonte occidentale e la Francia orientale, il paesaggio racconta di insediamenti costruiti in armonia con la natura, con l’orografia, sfruttando i materiali del luogo, oggi diremmo a kilometro zero, e improntati alla ecologia e alla resilienza. Sono le “terre alte”, paesaggi a circa mille metri e oltre di altitudine, fatti di case, borgate, edifici di supporto all’agricoltura e alla pastorizia, alpeggi, sentieri, terrazzamenti, che in modo quasi repentino, fra la fine degli anni Ottanta e i primi anni del XXI secolo, sono stati abbandonati perché non più redditizi e scomodi. Ma oggi, forse perché sono rimasti cristallizzati e pressochè intatti nel tempo, questi paesaggi attraggono la nostra attenzione, ci interessano e appassionano in quanto la loro natura di luoghi e ambienti in cui la costruzione ed il suolo che la ospita sono diventati un unicum, sono divenuti rappresentativi di un mondo del quale – anche alla luce della recente emergenza sanitaria – riscopriamo valori che si erano perduti nel tempo, e dei quali, invece, vorremmo di nuovo godere. In quest’ottica si può allora aprire un campo di lavoro – di ricerca e sperimentazione progettuale – in quanto la montagna, almeno in Piemonte, in queste vallate, è il paesaggio per antonomasia, lo sfondo di tutti i territori, e quindi di tutti i progetti. Ma non solo. Il saggio elabora un ragionamento a margine, un parallelo: tratta un confronto tra questa architettura (che non è mai stata progettata) e l’architettura contemporanea (che invece si potrebbe dire rappresenta il progetto nella sua pienezza). In particolare cerca di porre in rilievo le questioni da un lato della sostenibilità e dell’ecologia, e dall’altro dell’estetica dell’architettura, oggi sicuramente inflazionate, anche se spesso invocate a sproposito, o comunque in modo quasi sempre pretestuoso. Da sempre, alla base del pensiero architettonico c’è una necessità reale: l’idea si sviluppa per far fronte alle esigenze che la realtà esprime. E per dare risposte ai quesiti della realtà, l’architettura utilizza la materia, la tettonica, il tipo. Ma soprattutto l’architettura si fonda in un sito che ha specifiche caratteristiche e a cui, inevitabilmente, l’opera architettonica si deve adeguare. Questi edifici hanno un fascino dovuto principalmente alla loro materialità, in quanto aderiscono pienamente alle condizioni della realtà. Il concetto di materia che traspare da queste architetture è quello primigenio. Ed è curioso che oggi, quando forse stiamo attraversando una fase post-tecnologica (cioè successiva alla fase ipertecnologica in cui dominava l’high-tech) il concetto di materia torni ad essere centrale: si torna a parlare di ambiente e di ecologia, di rispetto della natura, di attenzione ai luoghi, di durata dei materiali. Anzi, forse è la forma che è tornata a seguire la materia, confermando la necessità di rispettare i vincoli naturali per muoversi in un orizzonte effettivo di sostenibilità, mentre fino a poco tempo fa le due parti erano scisse fra loro, e la ricerca della libertà dai vincoli naturali aveva finito per sottostare ad un altro vincolo (questa volta artificiale) rivelatosi poi come pretesa di fragile e soltanto apparente autonomia.

Las "Tierras Altas" y la lección del paisaje / Mellano, P. - In: ARQUITECTURA Y PAISAJE. Transferencias históricas retos contemporáneos / Arredondo Garrido D., Barrios Rozúa J. M., Cachorro Fernández E., Calatrava Escobar J., del Cid Mendoza A., García Pérez F. A., Gor Gómez A., Líndez Vílchez B., Reina Fernández J. C., Rodríguez Iturriaga M., Zurita Elizalde M.. - STAMPA. - MADRID : ABADA Editores, 2022. - ISBN 9788419008077. - pp. 1087-1097

Las "Tierras Altas" y la lección del paisaje

MELLANO P.
2022

Abstract

Nelle valli alpine al confine fra il Piemonte occidentale e la Francia orientale, il paesaggio racconta di insediamenti costruiti in armonia con la natura, con l’orografia, sfruttando i materiali del luogo, oggi diremmo a kilometro zero, e improntati alla ecologia e alla resilienza. Sono le “terre alte”, paesaggi a circa mille metri e oltre di altitudine, fatti di case, borgate, edifici di supporto all’agricoltura e alla pastorizia, alpeggi, sentieri, terrazzamenti, che in modo quasi repentino, fra la fine degli anni Ottanta e i primi anni del XXI secolo, sono stati abbandonati perché non più redditizi e scomodi. Ma oggi, forse perché sono rimasti cristallizzati e pressochè intatti nel tempo, questi paesaggi attraggono la nostra attenzione, ci interessano e appassionano in quanto la loro natura di luoghi e ambienti in cui la costruzione ed il suolo che la ospita sono diventati un unicum, sono divenuti rappresentativi di un mondo del quale – anche alla luce della recente emergenza sanitaria – riscopriamo valori che si erano perduti nel tempo, e dei quali, invece, vorremmo di nuovo godere. In quest’ottica si può allora aprire un campo di lavoro – di ricerca e sperimentazione progettuale – in quanto la montagna, almeno in Piemonte, in queste vallate, è il paesaggio per antonomasia, lo sfondo di tutti i territori, e quindi di tutti i progetti. Ma non solo. Il saggio elabora un ragionamento a margine, un parallelo: tratta un confronto tra questa architettura (che non è mai stata progettata) e l’architettura contemporanea (che invece si potrebbe dire rappresenta il progetto nella sua pienezza). In particolare cerca di porre in rilievo le questioni da un lato della sostenibilità e dell’ecologia, e dall’altro dell’estetica dell’architettura, oggi sicuramente inflazionate, anche se spesso invocate a sproposito, o comunque in modo quasi sempre pretestuoso. Da sempre, alla base del pensiero architettonico c’è una necessità reale: l’idea si sviluppa per far fronte alle esigenze che la realtà esprime. E per dare risposte ai quesiti della realtà, l’architettura utilizza la materia, la tettonica, il tipo. Ma soprattutto l’architettura si fonda in un sito che ha specifiche caratteristiche e a cui, inevitabilmente, l’opera architettonica si deve adeguare. Questi edifici hanno un fascino dovuto principalmente alla loro materialità, in quanto aderiscono pienamente alle condizioni della realtà. Il concetto di materia che traspare da queste architetture è quello primigenio. Ed è curioso che oggi, quando forse stiamo attraversando una fase post-tecnologica (cioè successiva alla fase ipertecnologica in cui dominava l’high-tech) il concetto di materia torni ad essere centrale: si torna a parlare di ambiente e di ecologia, di rispetto della natura, di attenzione ai luoghi, di durata dei materiali. Anzi, forse è la forma che è tornata a seguire la materia, confermando la necessità di rispettare i vincoli naturali per muoversi in un orizzonte effettivo di sostenibilità, mentre fino a poco tempo fa le due parti erano scisse fra loro, e la ricerca della libertà dai vincoli naturali aveva finito per sottostare ad un altro vincolo (questa volta artificiale) rivelatosi poi come pretesa di fragile e soltanto apparente autonomia.
2022
9788419008077
ARQUITECTURA Y PAISAJE. Transferencias históricas retos contemporáneos
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2954809