La premessa da cui scaturisce il presente lavoro risiede nel riconoscere l’inderogabilità di una riflessione, ancora latente nel contesto italiano, che affronti le tematiche connesse al rapporto tra cambiamento climatico e arte e conservazione dei giardini storici. La ricerca si prefigge due obiettivi principali. Da un lato si intende illustrare l’intrinseca natura resiliente, nel corso dei secoli, tanto del giardino quanto dell’uomo di fronte a mutati scenari ambientali, come già Winckelmann osservava nella disamina della diretta azione dell’«influsso del cielo» sulla costruzione del genius loci e della cultura indigena. A tale scopo sono esaminate la situazione climatica odierna e la climatologia del passato in rapporto alle coeve trasformazioni nell’arte dei giardini, per mettere in luce i caratteri di resilienza e opportunità che hanno condotto a nuove risposte e acquisizioni. Dall’altro, alla luce di tali considerazioni, si intende delineare una prospettiva attualizzata relativa ad alcuni nodi critici della cultura del restauro dei giardini in Italia connessi alle indicazioni della Carta italiana, in continuità con l’analoga riflessione avviata nel 2016 dall’International Scientific Committee on Cultural Landscapes (ISCCL) per l’aggiornamento della Carta ICOMOS-IFLA, entrambe note come «Carte di Firenze» e scaturite nel 1981 dal VI colloquio del Comitato internazionale dei giardini storici. Tra i punti enucleati dall’ISCCL nel 2016 è dichiarato il riconoscimento del cambiamento climatico come causa di vulnerabilità dei giardini storici, nonché parte del loro significato culturale, sostenendo dunque la necessità di comprendere i limiti per adattamenti sostenibili e di definire nuovi principi per gestire le alterazioni. A comprovare tale necessità, una retrospettiva dedicata allo scenario italiano degli ultimi quarant’anni mette in luce l’affievolimento delle riflessioni critiche che il colloquio fiorentino aveva innescato, trovando riscontro in progetti e cantieri recenti contraddistinti da più facili soluzioni ricostruttive o da deboli interpretazioni contemporanee che sollecitano una necessaria rivitalizzazione del pensiero. Analogo carattere di contingenza emerge nell’affrontare la controversa questione del cambiamento climatico, ripercorrendo eziologia e prognosi degli scenari ambientali in mutamento dell’Antropocene che gli esperti hanno modellato sulla base dei dati raccolti negli ultimi vent’anni. A seguito di uno sguardo sulla fragilità del paesaggio italiano tra cambiamento climatico e responsabilità dell’uomo, si indagano i danni arrecati recentemente a numerosi giardini per effetto di estemporanei eventi catastrofici e di processi lenti e cumulativi: tempeste, alluvioni, siccità, incendi, fisiopatie e malattie di natura biotica, perdita di vocazionalità territoriale ed estinzione di specie vegetali. Ne è emblema la «tempesta del secolo» di forza 10 che il 26 e 28 dicembre 1999 si è abbattuta su l’Île de France, sconvolgendo il paradigma dell’arte dei giardini d’Occidente – il parco di Versailles – e con esso l’uomo nella sua capacità di far fronte a un evento traumatico di tale violenza distruttiva. La condizione di tabula rasa ha offerto tuttavia l’occasione per una rigenerazione del patrimonio arboreo e a nuove configurazioni dal vocabolario contemporaneo, analogamente a quanto sperimentato nell’ultimo quarto del XVIII secolo da Hubert Robert per Luigi XVI. A seguire, il connubio tra climatologia del passato e arte figurativa illustra un’anamnesi dell’Età Moderna segnata da un clima in costante mutamento, mettendo in luce la correlazione tra fenomeni atmosferici e consapevolezza della fragilità dell’uomo, il cui sguardo è rivolto al cielo in un misto di interesse scientifico e malinconica ricerca delle cause dei propri mali. La disamina di costanti variazioni quali la «piccola era glaciale» e singoli eventi traumatici come il «Grand Hiver» del 1709 e il 1816, «anno senza estate», evidenzia la risposta innovativa, resiliente e creativa delle scienze e delle arti che si riverbera nella cultura del giardino: serre e giardini di paesaggio si diffondono, oltre che per risposta culturale, politica, sociale ed economica, anche per un vantaggio climatico, ponendosi come perfetti ambiti di acclimatazione di esotismi e sperimentazione di specie di climi freddi – specialmente conifere – impiegate nella riproduzione ad arte di paesaggi nordici. Le odierne misurazioni suggeriscono che la persistenza del riscaldamento del tardo XX secolo sia senza precedenti. Quali nuovi scenari attendono i nostri giardini? Quale sarà la loro e la nostra capacità di resilienza? L’inevitabile adattamento, intrinseco al carattere entropico della natura stessa, sollecita un approccio attivo, creativo e sostenibile nella conservazione di tale «patrimonio fragile», al fine di garantirne la trasmissione quale inestimabile eredità culturale.

Après la tempête. Resilienza al cambiamento climatico nel restauro dei giardini / Ferrari, Marco. - (2021).

Après la tempête. Resilienza al cambiamento climatico nel restauro dei giardini

Marco Ferrari
2021

Abstract

La premessa da cui scaturisce il presente lavoro risiede nel riconoscere l’inderogabilità di una riflessione, ancora latente nel contesto italiano, che affronti le tematiche connesse al rapporto tra cambiamento climatico e arte e conservazione dei giardini storici. La ricerca si prefigge due obiettivi principali. Da un lato si intende illustrare l’intrinseca natura resiliente, nel corso dei secoli, tanto del giardino quanto dell’uomo di fronte a mutati scenari ambientali, come già Winckelmann osservava nella disamina della diretta azione dell’«influsso del cielo» sulla costruzione del genius loci e della cultura indigena. A tale scopo sono esaminate la situazione climatica odierna e la climatologia del passato in rapporto alle coeve trasformazioni nell’arte dei giardini, per mettere in luce i caratteri di resilienza e opportunità che hanno condotto a nuove risposte e acquisizioni. Dall’altro, alla luce di tali considerazioni, si intende delineare una prospettiva attualizzata relativa ad alcuni nodi critici della cultura del restauro dei giardini in Italia connessi alle indicazioni della Carta italiana, in continuità con l’analoga riflessione avviata nel 2016 dall’International Scientific Committee on Cultural Landscapes (ISCCL) per l’aggiornamento della Carta ICOMOS-IFLA, entrambe note come «Carte di Firenze» e scaturite nel 1981 dal VI colloquio del Comitato internazionale dei giardini storici. Tra i punti enucleati dall’ISCCL nel 2016 è dichiarato il riconoscimento del cambiamento climatico come causa di vulnerabilità dei giardini storici, nonché parte del loro significato culturale, sostenendo dunque la necessità di comprendere i limiti per adattamenti sostenibili e di definire nuovi principi per gestire le alterazioni. A comprovare tale necessità, una retrospettiva dedicata allo scenario italiano degli ultimi quarant’anni mette in luce l’affievolimento delle riflessioni critiche che il colloquio fiorentino aveva innescato, trovando riscontro in progetti e cantieri recenti contraddistinti da più facili soluzioni ricostruttive o da deboli interpretazioni contemporanee che sollecitano una necessaria rivitalizzazione del pensiero. Analogo carattere di contingenza emerge nell’affrontare la controversa questione del cambiamento climatico, ripercorrendo eziologia e prognosi degli scenari ambientali in mutamento dell’Antropocene che gli esperti hanno modellato sulla base dei dati raccolti negli ultimi vent’anni. A seguito di uno sguardo sulla fragilità del paesaggio italiano tra cambiamento climatico e responsabilità dell’uomo, si indagano i danni arrecati recentemente a numerosi giardini per effetto di estemporanei eventi catastrofici e di processi lenti e cumulativi: tempeste, alluvioni, siccità, incendi, fisiopatie e malattie di natura biotica, perdita di vocazionalità territoriale ed estinzione di specie vegetali. Ne è emblema la «tempesta del secolo» di forza 10 che il 26 e 28 dicembre 1999 si è abbattuta su l’Île de France, sconvolgendo il paradigma dell’arte dei giardini d’Occidente – il parco di Versailles – e con esso l’uomo nella sua capacità di far fronte a un evento traumatico di tale violenza distruttiva. La condizione di tabula rasa ha offerto tuttavia l’occasione per una rigenerazione del patrimonio arboreo e a nuove configurazioni dal vocabolario contemporaneo, analogamente a quanto sperimentato nell’ultimo quarto del XVIII secolo da Hubert Robert per Luigi XVI. A seguire, il connubio tra climatologia del passato e arte figurativa illustra un’anamnesi dell’Età Moderna segnata da un clima in costante mutamento, mettendo in luce la correlazione tra fenomeni atmosferici e consapevolezza della fragilità dell’uomo, il cui sguardo è rivolto al cielo in un misto di interesse scientifico e malinconica ricerca delle cause dei propri mali. La disamina di costanti variazioni quali la «piccola era glaciale» e singoli eventi traumatici come il «Grand Hiver» del 1709 e il 1816, «anno senza estate», evidenzia la risposta innovativa, resiliente e creativa delle scienze e delle arti che si riverbera nella cultura del giardino: serre e giardini di paesaggio si diffondono, oltre che per risposta culturale, politica, sociale ed economica, anche per un vantaggio climatico, ponendosi come perfetti ambiti di acclimatazione di esotismi e sperimentazione di specie di climi freddi – specialmente conifere – impiegate nella riproduzione ad arte di paesaggi nordici. Le odierne misurazioni suggeriscono che la persistenza del riscaldamento del tardo XX secolo sia senza precedenti. Quali nuovi scenari attendono i nostri giardini? Quale sarà la loro e la nostra capacità di resilienza? L’inevitabile adattamento, intrinseco al carattere entropico della natura stessa, sollecita un approccio attivo, creativo e sostenibile nella conservazione di tale «patrimonio fragile», al fine di garantirne la trasmissione quale inestimabile eredità culturale.
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