«Stavamo quasi per scrivere che la particolarità del paese consiste nel non averne nessuna, ma in effetti non è del tutto vero. Sicuramente esistono altri luoghi in cui la maggior parte delle case ha meno di novant'anni [...]. Qualcosa di diverso rispetto ad altri luoghi, però, sembriamo averla: qui non c'è una chiesa. E nemmeno un cimitero.» Così ha inizio il romanzo "Sumarljós og svo kemur nóttin" (Luce d'estate ed è subito notte) dell’islandese Jón Kalman Stefánsson: prima ancora di narrare una storia, si sottolinea la totale assenza di architettura sullo sfondo. L'Islanda è una terra su cui il segno dell'uomo è debole e divorato dagli elementi: un luogo in cui gli edifici più antichi hanno poco più di un secolo; in cui l'architettura assume il suo significato più primitivo – un contenitore della vita umana, e nient'altro. Per chi fa quotidianamente esperienza delle stratificazioni architettoniche degli ultimi duemila anni, l'idea di vivere senza architettura è quasi impensabile. E' possibile, dunque, narrare una storia senza architettura? Oppure, ai confini del mondo, la parola architettura assume nuovi significati? Questa ricerca vuole tentare di rispondere a tali domande attraverso le parole dei romanzi di Jón Kalman Stefánsson, tradotti in italiano da Silvia Cosimini.
Narrare senza architettura. L'Islanda nei romanzi di Jón Kalman Stefánsson / Nannini, Sofia - In: Archiletture. Forma e narrazione tra architettura e letteratura / Borsari A., Cassani Simonetti M., Iacoli G.. - STAMPA. - Sesto San Giovanni (MI) : Mimesis, 2019. - ISBN 9788857556529. - pp. 467-478
Narrare senza architettura. L'Islanda nei romanzi di Jón Kalman Stefánsson
Nannini Sofia
2019
Abstract
«Stavamo quasi per scrivere che la particolarità del paese consiste nel non averne nessuna, ma in effetti non è del tutto vero. Sicuramente esistono altri luoghi in cui la maggior parte delle case ha meno di novant'anni [...]. Qualcosa di diverso rispetto ad altri luoghi, però, sembriamo averla: qui non c'è una chiesa. E nemmeno un cimitero.» Così ha inizio il romanzo "Sumarljós og svo kemur nóttin" (Luce d'estate ed è subito notte) dell’islandese Jón Kalman Stefánsson: prima ancora di narrare una storia, si sottolinea la totale assenza di architettura sullo sfondo. L'Islanda è una terra su cui il segno dell'uomo è debole e divorato dagli elementi: un luogo in cui gli edifici più antichi hanno poco più di un secolo; in cui l'architettura assume il suo significato più primitivo – un contenitore della vita umana, e nient'altro. Per chi fa quotidianamente esperienza delle stratificazioni architettoniche degli ultimi duemila anni, l'idea di vivere senza architettura è quasi impensabile. E' possibile, dunque, narrare una storia senza architettura? Oppure, ai confini del mondo, la parola architettura assume nuovi significati? Questa ricerca vuole tentare di rispondere a tali domande attraverso le parole dei romanzi di Jón Kalman Stefánsson, tradotti in italiano da Silvia Cosimini.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/11583/2835583