La questione dell’abitazione è di difficile trattabilità per ragioni diverse rispetto al passato. Nel corso della modernità le rivendicazioni e i diritti proiettati sulla casa apparivano come elementi espressi da una società segmentata in classi con funzioni, interessi e destino evolutivo differente. Tale scena storica era alternativa ad altre concezioni del legame sociale, prima di tutte quelle iscrivibili nel liberalismo, in cui l’intervento dello stato in materia di abitazione viene assunto come ratio di carattere assistenziale, rivolto a un segmento della popolazione quantitativamente minoritario di cui il mercato non si cura. Più ragioni sembrano convergere nel presente: l’incerta definizione di nuove forme di cittadinanza, l’aumento dei flussi migratori internazionali, le mutazioni delle soglie dell’inclusione nelle liste ufficiali della popolazione, i diritti minimi riconosciuti realmente spendibili, il ridotto margine d’azione delle politiche pubbliche statali, la rilevanza dei livelli d’investimento per eventuali interventi incisivi. La sofferenza abitativa perde ogni carattere spaziale, valoriale relativo all’esperienza e alla personalità degli individui, per essere affrontata in termini di efficienza militare e di polizia mediatica, o insediativa. Al contempo si perpetuano nicchie di extralegalità, governate da attori e processi fortemente cogenti, che rinnovano fenomeni di sfruttamento, esclusione e marginalità, anche dal punto di vista abitativo. A ciò si sommano le inquietudini legate alla trasformazione dell’abitazione da bene patrimoniale e identitario in bene finanziario, del quale a partire dal 2007 si pone in evidenza l’instabilità, e la prospettiva di perdita di valore nel futuro a breve e medio termine. L’ipotesi che si intende sostenere è che per interpretare la domanda abitativa in Italia e in Europa occorre ritornare a una descrizione teorica (e politica) dell’abitazione all’interno della società contemporanea. Su uno sfondo ulteriore si pongono le immagini della società che sorreggono le politiche volte all’integrazione e all’inclusione, o piuttosto al riconoscimento di differenze legate ai diritti umani. Esse sembrano destinate a convivere in uno spazio non misurato nella sua totalità, o intrinsecamente topologico. Si forma nuovamente l’immagine inamovibile di una società segmentatai, rispetto alla quale si apre in tutta la sua attualità il problema del computo e della proporzione, delle dispari opportunità, della rappresentanza e dell’ideazione di nuove forme istituzionali di partecipazione.
L’abitazione e la teoria della società / Paone, Fabrizio - In: Atti della XIX Conferenza Nazionale SIU. "Cambiamenti. Responsabilità e strumenti per l'urbanistica al servizio del paese", Catania 16-18 giugno 2016 / AA.VV.. - ELETTRONICO. - Roma/Milano : Planum Publisher, 2017. - ISBN 9788899237080. - pp. 1799-1803
L’abitazione e la teoria della società
PAONE, FABRIZIO
2017
Abstract
La questione dell’abitazione è di difficile trattabilità per ragioni diverse rispetto al passato. Nel corso della modernità le rivendicazioni e i diritti proiettati sulla casa apparivano come elementi espressi da una società segmentata in classi con funzioni, interessi e destino evolutivo differente. Tale scena storica era alternativa ad altre concezioni del legame sociale, prima di tutte quelle iscrivibili nel liberalismo, in cui l’intervento dello stato in materia di abitazione viene assunto come ratio di carattere assistenziale, rivolto a un segmento della popolazione quantitativamente minoritario di cui il mercato non si cura. Più ragioni sembrano convergere nel presente: l’incerta definizione di nuove forme di cittadinanza, l’aumento dei flussi migratori internazionali, le mutazioni delle soglie dell’inclusione nelle liste ufficiali della popolazione, i diritti minimi riconosciuti realmente spendibili, il ridotto margine d’azione delle politiche pubbliche statali, la rilevanza dei livelli d’investimento per eventuali interventi incisivi. La sofferenza abitativa perde ogni carattere spaziale, valoriale relativo all’esperienza e alla personalità degli individui, per essere affrontata in termini di efficienza militare e di polizia mediatica, o insediativa. Al contempo si perpetuano nicchie di extralegalità, governate da attori e processi fortemente cogenti, che rinnovano fenomeni di sfruttamento, esclusione e marginalità, anche dal punto di vista abitativo. A ciò si sommano le inquietudini legate alla trasformazione dell’abitazione da bene patrimoniale e identitario in bene finanziario, del quale a partire dal 2007 si pone in evidenza l’instabilità, e la prospettiva di perdita di valore nel futuro a breve e medio termine. L’ipotesi che si intende sostenere è che per interpretare la domanda abitativa in Italia e in Europa occorre ritornare a una descrizione teorica (e politica) dell’abitazione all’interno della società contemporanea. Su uno sfondo ulteriore si pongono le immagini della società che sorreggono le politiche volte all’integrazione e all’inclusione, o piuttosto al riconoscimento di differenze legate ai diritti umani. Esse sembrano destinate a convivere in uno spazio non misurato nella sua totalità, o intrinsecamente topologico. Si forma nuovamente l’immagine inamovibile di una società segmentatai, rispetto alla quale si apre in tutta la sua attualità il problema del computo e della proporzione, delle dispari opportunità, della rappresentanza e dell’ideazione di nuove forme istituzionali di partecipazione.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/11583/2673657