Peter Behrens non ha mai scritto un libro di teoria della progettazione. Non lo ha fatto per sistematizzare un pensiero analitico che accompagna quarant’anni di realizzazioni nel campo dell’architettura e non lo ha fatto neppure nella forma di un manuale didattico per i suoi allievi nella altrettanto lunga esperienza di insegnamento della progettazione, da Nürnberg a Düsseldorf, da Wien a Berlin . Non credo si tratti – come per molti grandi architetti della storia – di un’ambizione fallita: nella ricca produzione teorica che affianca tutta la sua carriera di progettista, Behrens non si è mai espresso in tal senso né ha mai manifestato nei suoi scritti d’occasione l’intenzione di cimentarsi in un progetto editoriale di più ampio respiro. La forma del saggio breve o dell’articolo di rivista sembra meglio corrispondere al suo carattere di intellettuale impegnato nella professione e sembra descrivere coerentemente un’epoca di trasformazione e rapidi cambiamenti in cui la sperimentazione e la multidisciplinarietà prevalgono sulla sistematizzazione e sulla codificazione, travalicando i confini istituzionalizzati tra i diversi campi del sapere, in ambito artistico come scientifico: dall’artista demiurgo del Gesamtkunstwerk alla dicotomia epocale tra architetti e ingegneri. Quello che emerge, piuttosto, negli scritti, a sottolineare una stretta connessione tra il pensiero e l’opera, è, soprattutto negli anni della piena maturità artistica, una chiara intenzione manualistica, evidente nei frequenti richiami a edifici della storia come modelli di riferimento e nelle descrizioni analitiche anche delle proprie opere come esempi esplicativi di determinate questioni teoriche e metodologiche. Costruire una teoria dell’architettura a partire dagli esempi, come in passato avevano fatto i trattatisti o gli architetti dell’Illuminismo sembra essere la cifra nascosta, forse inconsciamente, tra le righe delle pagine di Behrens . La produzione teorica di Behrens, coprendo un arco temporale che va dal 1900 al 1938, mostra dunque un eccezionale spaccato sul dibattito culturale alla nascita del “Neues Bauen”, sottolinea la sua notevole cultura architettonica – nonostante fosse un autodidatta in materia – e evidenzia la sua familiarità, pur non esente dai luoghi comuni, con le opere più significative di storia e critica dell’architettura nonché di storia dell’arte e di filosofia.
Der schreibende Architekt: Schlüsselbegriffe im Architekturverständnis von Peter Behrens / Malcovati, Silvia - In: Peter Behrens Zeitloses und Zeitbewegtes. Aufsätze, Vorträge, Gespräche 1900 –1938 / Hartmut Frank, Karin Lelonek. - STAMPA. - München - Monaco : Dölling und Galitz Verlag, 2015. - ISBN 978-3-86218-032-5. - pp. 75-97
Der schreibende Architekt: Schlüsselbegriffe im Architekturverständnis von Peter Behrens
MALCOVATI, SILVIA
2015
Abstract
Peter Behrens non ha mai scritto un libro di teoria della progettazione. Non lo ha fatto per sistematizzare un pensiero analitico che accompagna quarant’anni di realizzazioni nel campo dell’architettura e non lo ha fatto neppure nella forma di un manuale didattico per i suoi allievi nella altrettanto lunga esperienza di insegnamento della progettazione, da Nürnberg a Düsseldorf, da Wien a Berlin . Non credo si tratti – come per molti grandi architetti della storia – di un’ambizione fallita: nella ricca produzione teorica che affianca tutta la sua carriera di progettista, Behrens non si è mai espresso in tal senso né ha mai manifestato nei suoi scritti d’occasione l’intenzione di cimentarsi in un progetto editoriale di più ampio respiro. La forma del saggio breve o dell’articolo di rivista sembra meglio corrispondere al suo carattere di intellettuale impegnato nella professione e sembra descrivere coerentemente un’epoca di trasformazione e rapidi cambiamenti in cui la sperimentazione e la multidisciplinarietà prevalgono sulla sistematizzazione e sulla codificazione, travalicando i confini istituzionalizzati tra i diversi campi del sapere, in ambito artistico come scientifico: dall’artista demiurgo del Gesamtkunstwerk alla dicotomia epocale tra architetti e ingegneri. Quello che emerge, piuttosto, negli scritti, a sottolineare una stretta connessione tra il pensiero e l’opera, è, soprattutto negli anni della piena maturità artistica, una chiara intenzione manualistica, evidente nei frequenti richiami a edifici della storia come modelli di riferimento e nelle descrizioni analitiche anche delle proprie opere come esempi esplicativi di determinate questioni teoriche e metodologiche. Costruire una teoria dell’architettura a partire dagli esempi, come in passato avevano fatto i trattatisti o gli architetti dell’Illuminismo sembra essere la cifra nascosta, forse inconsciamente, tra le righe delle pagine di Behrens . La produzione teorica di Behrens, coprendo un arco temporale che va dal 1900 al 1938, mostra dunque un eccezionale spaccato sul dibattito culturale alla nascita del “Neues Bauen”, sottolinea la sua notevole cultura architettonica – nonostante fosse un autodidatta in materia – e evidenzia la sua familiarità, pur non esente dai luoghi comuni, con le opere più significative di storia e critica dell’architettura nonché di storia dell’arte e di filosofia.Pubblicazioni consigliate
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https://hdl.handle.net/11583/2642729
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