Nella riscoperta del paesaggio come termine di dibattito e di confronto, di analisi e di progetto, si può individuare un ambito critico e operativo della riflessione architettonica degli ultimi venti anni: il luogo innanzitutto mentale in cui sembrano sovrapporsi i diversi e frammentari temi della contemporaneità che la “cornice” inclusiva del paesaggio comprende ed esalta. Nell’interpretare le relazioni tra paesaggio e architettura il termine paesaggio costituisce, perciò, non tanto un supporto su cui intervenire, quanto un orizzonte tematico e un terreno di confronto ideale del progetto contemporaneo. Da un lato il riferimento al carattere ambiguo e inclusivo del concetto di paesaggio evidenzia la difficoltà (se non la crisi) della cultura architettonica attuale a risolvere le aporie della città contemporanea, indicando un atteggiamento più attento a superare le rigide polarità del moderno per cogliere le reciproche trasversalità. Un invito a ripensare l’architettura e l’interpretazione del progetto entro orizzonti più aperti, in quadri di relazione più vasta, privilegiando l’interferenza e la contaminazione dei molteplici saperi e dei mutevoli orizzonti culturali, in una visione eteronoma ed eterodossa che trae spunti e ispirazione dall’altro-da- sé. Dall’altro, il concetto di paesaggio, recuperando al proprio interno non solo i caratteri configurativi riferibili a un organismo iconico complesso, ma anche le componenti instabili e gli aspetti latenti delle cose “nel prodigio di un invisibile che per un istante si fa vedere” (J. Baudrillard), riporta l’architettura al di qua dell’orizzonte “al termine di uno sguardo o al termine di un’esplorazione sensoriale” (M. Merleau-Ponty). In questo senso il paesaggio, come luogo della “rappresentazione del non rappresentabile” (A. Cauquelin), suggerisce, attraverso la pregnanza dell’evento architettonico, la possibilità di dar forma al sussistente, assumendo lo spazio, ovvero l’idea di spazio come paesaggio, quale luogo empirico e frutto di esperienza vissuta, nel recupero di una corporeità e temporalità di cui l’investe la pregnanza del soggetto. Piuttosto che sfondo, spazio geografico o “materiale operabile” dell’intervento architettonico, il paesaggio - e il riferimento dell’architettura al paesaggio - s’investe quindi di molteplici connotazioni e valori: è qualcosa che travalica l’ampliamento di scala dell’opera architettonica, ovvero la dilatazione del “territorio dell’architettura” (V . Gregotti); è qualcosa che va oltre la semplice idea di contesto; è qualcosa di diverso dalla sensibilità ambientalista e dall’attenzione ecologista. La sua grande attualità è semmai nella capacità di porsi come “epifania” dell’estetica contemporanea, rappresentazione visiva e simbolica dell’attuale condizione urbana e - parallelamente - possibile modalità formativa del progetto, riconoscibile nelle singole declinazioni tematiche e poetiche.

Paesaggio: architettura / Gregory, Paola. - vol. II:(2000), pp. 396-401.

Paesaggio: architettura

GREGORY, PAOLA
2000

Abstract

Nella riscoperta del paesaggio come termine di dibattito e di confronto, di analisi e di progetto, si può individuare un ambito critico e operativo della riflessione architettonica degli ultimi venti anni: il luogo innanzitutto mentale in cui sembrano sovrapporsi i diversi e frammentari temi della contemporaneità che la “cornice” inclusiva del paesaggio comprende ed esalta. Nell’interpretare le relazioni tra paesaggio e architettura il termine paesaggio costituisce, perciò, non tanto un supporto su cui intervenire, quanto un orizzonte tematico e un terreno di confronto ideale del progetto contemporaneo. Da un lato il riferimento al carattere ambiguo e inclusivo del concetto di paesaggio evidenzia la difficoltà (se non la crisi) della cultura architettonica attuale a risolvere le aporie della città contemporanea, indicando un atteggiamento più attento a superare le rigide polarità del moderno per cogliere le reciproche trasversalità. Un invito a ripensare l’architettura e l’interpretazione del progetto entro orizzonti più aperti, in quadri di relazione più vasta, privilegiando l’interferenza e la contaminazione dei molteplici saperi e dei mutevoli orizzonti culturali, in una visione eteronoma ed eterodossa che trae spunti e ispirazione dall’altro-da- sé. Dall’altro, il concetto di paesaggio, recuperando al proprio interno non solo i caratteri configurativi riferibili a un organismo iconico complesso, ma anche le componenti instabili e gli aspetti latenti delle cose “nel prodigio di un invisibile che per un istante si fa vedere” (J. Baudrillard), riporta l’architettura al di qua dell’orizzonte “al termine di uno sguardo o al termine di un’esplorazione sensoriale” (M. Merleau-Ponty). In questo senso il paesaggio, come luogo della “rappresentazione del non rappresentabile” (A. Cauquelin), suggerisce, attraverso la pregnanza dell’evento architettonico, la possibilità di dar forma al sussistente, assumendo lo spazio, ovvero l’idea di spazio come paesaggio, quale luogo empirico e frutto di esperienza vissuta, nel recupero di una corporeità e temporalità di cui l’investe la pregnanza del soggetto. Piuttosto che sfondo, spazio geografico o “materiale operabile” dell’intervento architettonico, il paesaggio - e il riferimento dell’architettura al paesaggio - s’investe quindi di molteplici connotazioni e valori: è qualcosa che travalica l’ampliamento di scala dell’opera architettonica, ovvero la dilatazione del “territorio dell’architettura” (V . Gregotti); è qualcosa che va oltre la semplice idea di contesto; è qualcosa di diverso dalla sensibilità ambientalista e dall’attenzione ecologista. La sua grande attualità è semmai nella capacità di porsi come “epifania” dell’estetica contemporanea, rappresentazione visiva e simbolica dell’attuale condizione urbana e - parallelamente - possibile modalità formativa del progetto, riconoscibile nelle singole declinazioni tematiche e poetiche.
2000
9788812000937
Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti. Appendice 2000
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