"La sicurezza alimentare, intesa come capacità della produzione agricola di soddisfare il fabbisogno nutrizionale della popolazione mondiale, è intimamente legata alla disponibilità di acqua, essendo quest’ultima essenziale alla produzione di qualsiasi nutrimento. Per esempio, secondo la FAO, occorrono in media 1.000-2.000 litri di acqua per produrre un chilogrammo di grano e circa 15.000 litri per ottenere la stessa quantità di carne bovina. Considerando questi volumi, virtualmente contenuti nelle derrate alimentari di cui ci si nutre, un individuo consuma mediamente 2.000 litri di acqua al giorno, circa mille volte il fabbisogno pro capite giornaliero di acqua da bere. In un sistema chiuso agli scambi internazionali di prodotti alimentari, la crescita di popolazione in una data regione geografica sarebbe limitata dalla disponibilità locale di risorse idriche, semmai temperata dal grado di efficienza raggiunto nella gestione di tale risorsa. Gli scambi internazionali di prodotti agroalimentari aggirano questo limite, trasferendo “acqua virtuale” dai paesi esportatori ai paesi importatori di alimenti. Circa 2.700 miliardi di metri cubi di acqua virtuale sono trasferiti ogni anno attraverso una rete di commerci che connette oltre 200 paesi con più di 15.700 legami bidirezionali. Tuttavia, gli effetti prodotti dal commercio di acqua virtuale sulla sicurezza alimentare non sono ancora completamente chiariti: agli eventuali benefici (trasferimento di acqua da zone ricche a zone povere di risorsa) si affiancano possibili distorsioni legate all’assenza di un sistema di regole appropriato e condiviso per la definizione del valore economico della risorsa idrica. Di conseguenza, non è facile valutare il possibile sovrasfruttamento di tale risorsa in contesti fragili dal punto di vista socioeconomico e ambientale. Sebbene il problema sia intrinsecamente globale, data l’estensione del commercio di derrate alimentari, le implicazioni su sui singoli paesi possono avere connotazioni molto differenti e di notevole interesse. L’Italia rappresenta un caso emblematico di elevato consumo di acqua virtuale e di dipendenza dalle importazioni di cibo. Il nostro paese risulta infatti essere tra i primi al mondo per importazione netta di acqua virtuale, a fronte di un elevato consumo pro capite e di una continua contrazione della superficie nazionale dedicata alla produzione agricola. Le contraddizioni locali derivanti dal modello globale di approvvigionamento di cibo sono il tema trattato in questo contributo, con particolare riferimento al caso dell’Italia."

Globalizzazione del cibo e geografia dell'acqua. Il caso italiano / Allamano, Paola; Claps, Pierluigi; D'Odorico, P.; Laio, Francesco; Ridolfi, Luca; Tamea, Stefania - In: L'acqua che mangiamo - Cos'è l'acqua virtuale e come la consumiamo / Marta Antonelli e Francesca Greco. - STAMPA. - Milano : Edizioni Ambiente srl, 2013. - ISBN 9788866270881. - pp. 163-179

Globalizzazione del cibo e geografia dell'acqua. Il caso italiano

ALLAMANO, PAOLA;CLAPS, Pierluigi;LAIO, FRANCESCO;RIDOLFI, LUCA;TAMEA, STEFANIA
2013

Abstract

"La sicurezza alimentare, intesa come capacità della produzione agricola di soddisfare il fabbisogno nutrizionale della popolazione mondiale, è intimamente legata alla disponibilità di acqua, essendo quest’ultima essenziale alla produzione di qualsiasi nutrimento. Per esempio, secondo la FAO, occorrono in media 1.000-2.000 litri di acqua per produrre un chilogrammo di grano e circa 15.000 litri per ottenere la stessa quantità di carne bovina. Considerando questi volumi, virtualmente contenuti nelle derrate alimentari di cui ci si nutre, un individuo consuma mediamente 2.000 litri di acqua al giorno, circa mille volte il fabbisogno pro capite giornaliero di acqua da bere. In un sistema chiuso agli scambi internazionali di prodotti alimentari, la crescita di popolazione in una data regione geografica sarebbe limitata dalla disponibilità locale di risorse idriche, semmai temperata dal grado di efficienza raggiunto nella gestione di tale risorsa. Gli scambi internazionali di prodotti agroalimentari aggirano questo limite, trasferendo “acqua virtuale” dai paesi esportatori ai paesi importatori di alimenti. Circa 2.700 miliardi di metri cubi di acqua virtuale sono trasferiti ogni anno attraverso una rete di commerci che connette oltre 200 paesi con più di 15.700 legami bidirezionali. Tuttavia, gli effetti prodotti dal commercio di acqua virtuale sulla sicurezza alimentare non sono ancora completamente chiariti: agli eventuali benefici (trasferimento di acqua da zone ricche a zone povere di risorsa) si affiancano possibili distorsioni legate all’assenza di un sistema di regole appropriato e condiviso per la definizione del valore economico della risorsa idrica. Di conseguenza, non è facile valutare il possibile sovrasfruttamento di tale risorsa in contesti fragili dal punto di vista socioeconomico e ambientale. Sebbene il problema sia intrinsecamente globale, data l’estensione del commercio di derrate alimentari, le implicazioni su sui singoli paesi possono avere connotazioni molto differenti e di notevole interesse. L’Italia rappresenta un caso emblematico di elevato consumo di acqua virtuale e di dipendenza dalle importazioni di cibo. Il nostro paese risulta infatti essere tra i primi al mondo per importazione netta di acqua virtuale, a fronte di un elevato consumo pro capite e di una continua contrazione della superficie nazionale dedicata alla produzione agricola. Le contraddizioni locali derivanti dal modello globale di approvvigionamento di cibo sono il tema trattato in questo contributo, con particolare riferimento al caso dell’Italia."
2013
9788866270881
L'acqua che mangiamo - Cos'è l'acqua virtuale e come la consumiamo
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