La ricerca presentata in questa tesi di dottorato si inserisce nell’ambito della conservazione lapidea, tramite la sintesi di rivestimenti protettivi e la loro sperimentazione su substrati lapidei artificiali, ossia intonaci a base di calce. Gli intonaci sono stati prodotti in laboratorio per interventi di integrazione, a seguito della caratterizzazione degli intonaci originali del sito del Sacro Monte di Varallo Sesia, nell’ambito del progetto Re-Frescos. Per quanto riguarda la sintesi dei rivestimenti protettivi, la selezione dei materiali e delle modalità di sintesi sono state attuate al fine di approssimare il più possibile le caratteristiche finali dei rivestimenti a quelle caratteristiche riconosciute come “compatibili” rispetto al substrato, secondo criteri guida universalmente condivisi nel settore. Tra questi, la ricerca sta focalizzando l’attenzione nel ridurre l’impiego di solventi organici tossici e irritanti, per un minore impatto ambientale e per una maggiore sicurezza degli operatori. Perseguendo principalmente tali obiettivi, si propongono due rivestimenti del tutto differenti sia per quanto riguarda i materiali polimerici che il processo di polimerizzazione. La scelta dei materiali polimerici in particolare, si è avvalsa delle esperienze e delle ricerche di settore, che, nel corso degli anni, hanno da una parte proposto e studiato costantemente l’impiego di polimeri acrilici, dall’altra bandito, per poi “riscoprire” di recente, le resine epossidiche. Nel settore della conservazione lapidea inoltre si riscontrano solo di recente studi che propongono materiali ibridi organici-inorganici, che invece hanno assunto un ruolo di primo piano nella scienza dei materiali, poiché coniugano le caratteristiche della componente organica e inorganica. In questa ottica si propongono in questa tesi due materiali ibridi organici-inorganici, considerando la presenza di una componente organica e inorganica in entrambe le formulazioni, secondo una definizione generale di materiale ibrido. Il primo è un rivestimento epossidico-siliconico, polimerizzabile in situ tramite un meccanismo di fotopolimerizzazione cationica in luce visibile. Essendo un meccanismo cationico non necessita di condizioni anaerobiche e sfruttando la luce visibile, può essere potenzialmente condotto in assenza di appositi strumenti di irraggiamento. La formulazione è miscelabile in situ al momento dell’applicazione e non prevede l’impiego di solventi organici. Il secondo è invece un prodotto pronto all’uso, costituito da un copolimero acrilico in dispersione acquosa, sintetizzato tramite miniemulsione, una delle tecniche di sintesi in emulsione più vantaggiose per l’incapsulamento di nanoparticelle. Il copolimero è caricato con ossido di zinco, al fine di ritardare il fotodegrado della matrice polimerica, che rappresenta un punto critico nel settore della conservazione. Una fase preliminare di ottimizzazione e caratterizzazione ha riguardato entrambe le formulazioni, indagando in particolare il grado di polimerizzazione raggiunto, la temperatura di transizione vetrosa e la trasparenza. A seguito della fase di caratterizzazione, le formulazioni sono state applicate su substrati lapidei artificiali, come i campioni di intonaco. L’applicabilità dei rivestimenti alla protezione lapidea è stata valutata tramite indagini standard proposte dalle normative di settore. Si sono analizzate le variazioni cromatiche, le variazioni relative alla bagnabilità superficiale e alla morfologia dovute all’applicazione dei rivestimenti, e a seguito dell’invecchiamento UV. Sono state infine condotte prove preliminari di rimozione, al fine di testare la ritrattabilità dell’intervento, che rappresenta un altro punto critico nel settore della conservazione. Come già indicato precedentemente, l’opportunità di sperimentare i rivestimenti su intonaci è emersa dalla partecipazione al Progetto di ricerca Re-Frescos, incentrato sul sito Unesco del Sacro Monte di Varallo Sesia. Il coinvolgimento a tale progetto, ha riguardato lo studio delle finiture esterne di alcune cappelle del sito, che costituiscono un esempio significativo di come i lapidei artificiali siano altrettanto degni di attenzione dei lapidei naturali, in quanto portatori di valori tecnologici, estetici e funzionali da preservare. Lo studio ha riguardato la riformulazione in laboratorio di intonaci compatibili agli originali, a seguito della caratterizzazione di questi ultimi, per predisporre possibili interventi di integrazione. Tali campioni sono stati adoperati allo stesso tempo per la sperimentazione dei rivestimenti qui proposti. La partecipazione al progetto Re-Frescos, coinvolgendo se pur in modo marginale altri aspetti della conservazione materica, ha permesso di implementare lo studio di nuovi materiali protettivi, con gli altri filoni peculiari della scienza della conservazione, come la caratterizzazione dei materiali originali del bene e il loro degrado (diagnostica), la provenienza delle materie prime (archeometria) e la formulazione di nuovi materiali per interventi di integrazione.
Materiali ibridi per la protezione di lapidei: applicazione al Sacro Monte di Varallo Sesia / Serra, CHIARA LETIZIA; Tulliani, Jean Marc Christian; Sangermano, Marco; Zerbinatti, Marco; Tatiana, Kirova. - STAMPA. - (2013).
Materiali ibridi per la protezione di lapidei: applicazione al Sacro Monte di Varallo Sesia
SERRA, CHIARA LETIZIA;TULLIANI, Jean Marc Christian;SANGERMANO, MARCO;ZERBINATTI, MARCO;
2013
Abstract
La ricerca presentata in questa tesi di dottorato si inserisce nell’ambito della conservazione lapidea, tramite la sintesi di rivestimenti protettivi e la loro sperimentazione su substrati lapidei artificiali, ossia intonaci a base di calce. Gli intonaci sono stati prodotti in laboratorio per interventi di integrazione, a seguito della caratterizzazione degli intonaci originali del sito del Sacro Monte di Varallo Sesia, nell’ambito del progetto Re-Frescos. Per quanto riguarda la sintesi dei rivestimenti protettivi, la selezione dei materiali e delle modalità di sintesi sono state attuate al fine di approssimare il più possibile le caratteristiche finali dei rivestimenti a quelle caratteristiche riconosciute come “compatibili” rispetto al substrato, secondo criteri guida universalmente condivisi nel settore. Tra questi, la ricerca sta focalizzando l’attenzione nel ridurre l’impiego di solventi organici tossici e irritanti, per un minore impatto ambientale e per una maggiore sicurezza degli operatori. Perseguendo principalmente tali obiettivi, si propongono due rivestimenti del tutto differenti sia per quanto riguarda i materiali polimerici che il processo di polimerizzazione. La scelta dei materiali polimerici in particolare, si è avvalsa delle esperienze e delle ricerche di settore, che, nel corso degli anni, hanno da una parte proposto e studiato costantemente l’impiego di polimeri acrilici, dall’altra bandito, per poi “riscoprire” di recente, le resine epossidiche. Nel settore della conservazione lapidea inoltre si riscontrano solo di recente studi che propongono materiali ibridi organici-inorganici, che invece hanno assunto un ruolo di primo piano nella scienza dei materiali, poiché coniugano le caratteristiche della componente organica e inorganica. In questa ottica si propongono in questa tesi due materiali ibridi organici-inorganici, considerando la presenza di una componente organica e inorganica in entrambe le formulazioni, secondo una definizione generale di materiale ibrido. Il primo è un rivestimento epossidico-siliconico, polimerizzabile in situ tramite un meccanismo di fotopolimerizzazione cationica in luce visibile. Essendo un meccanismo cationico non necessita di condizioni anaerobiche e sfruttando la luce visibile, può essere potenzialmente condotto in assenza di appositi strumenti di irraggiamento. La formulazione è miscelabile in situ al momento dell’applicazione e non prevede l’impiego di solventi organici. Il secondo è invece un prodotto pronto all’uso, costituito da un copolimero acrilico in dispersione acquosa, sintetizzato tramite miniemulsione, una delle tecniche di sintesi in emulsione più vantaggiose per l’incapsulamento di nanoparticelle. Il copolimero è caricato con ossido di zinco, al fine di ritardare il fotodegrado della matrice polimerica, che rappresenta un punto critico nel settore della conservazione. Una fase preliminare di ottimizzazione e caratterizzazione ha riguardato entrambe le formulazioni, indagando in particolare il grado di polimerizzazione raggiunto, la temperatura di transizione vetrosa e la trasparenza. A seguito della fase di caratterizzazione, le formulazioni sono state applicate su substrati lapidei artificiali, come i campioni di intonaco. L’applicabilità dei rivestimenti alla protezione lapidea è stata valutata tramite indagini standard proposte dalle normative di settore. Si sono analizzate le variazioni cromatiche, le variazioni relative alla bagnabilità superficiale e alla morfologia dovute all’applicazione dei rivestimenti, e a seguito dell’invecchiamento UV. Sono state infine condotte prove preliminari di rimozione, al fine di testare la ritrattabilità dell’intervento, che rappresenta un altro punto critico nel settore della conservazione. Come già indicato precedentemente, l’opportunità di sperimentare i rivestimenti su intonaci è emersa dalla partecipazione al Progetto di ricerca Re-Frescos, incentrato sul sito Unesco del Sacro Monte di Varallo Sesia. Il coinvolgimento a tale progetto, ha riguardato lo studio delle finiture esterne di alcune cappelle del sito, che costituiscono un esempio significativo di come i lapidei artificiali siano altrettanto degni di attenzione dei lapidei naturali, in quanto portatori di valori tecnologici, estetici e funzionali da preservare. Lo studio ha riguardato la riformulazione in laboratorio di intonaci compatibili agli originali, a seguito della caratterizzazione di questi ultimi, per predisporre possibili interventi di integrazione. Tali campioni sono stati adoperati allo stesso tempo per la sperimentazione dei rivestimenti qui proposti. La partecipazione al progetto Re-Frescos, coinvolgendo se pur in modo marginale altri aspetti della conservazione materica, ha permesso di implementare lo studio di nuovi materiali protettivi, con gli altri filoni peculiari della scienza della conservazione, come la caratterizzazione dei materiali originali del bene e il loro degrado (diagnostica), la provenienza delle materie prime (archeometria) e la formulazione di nuovi materiali per interventi di integrazione.Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/11583/2507895
Attenzione
Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo