Introduzione «Nicht die gebaute Stadt, sondern ihre Bürger, ihr geistiges Bild, ist Stadt». H.C. Müller1 L’Internationale Bauausstellung Berlin 1984/1987 è un fenomeno storiografico piuttosto singolare. Le sue molteplici caratteristiche si fondono – e spesso si confondono – all’interno di una letteratura vastissima, che essa stessa ha in gran parte prodotto e orientato e che non è mai stata sottoposta a una organica e approfondita verifica storiografica. Le decine di pubblicazioni curate dall’IBA hanno finora costituito il principale – e spesso unico – veicolo per la conoscenza del processo a essa sotteso2. Tuttavia proprio la sua produzione letteraria – assieme alle esposizioni – può essere letta in primo luogo come strumento di legittimazione. Di esso la Bauausstellung si è servita per affermarsi all’interno della cultura architettonica internazionale, costruendo narrazioni precise delle motivazioni, dei principi e delle buone pratiche che ne hanno caratterizzato la vicenda. In primo luogo l’IBA è nata come un’esposizione di architetture costruite. In tal senso essa ha fatto seguito alla consolidata tradizione berlinese delle Bauausstellungen3, rinnovandola facendosi carico delle nuove istanze originate dalla crisi demografica e identitaria della città degli anni ’60-’70. Essa è stata infatti il principale strumento di una strategia di valorizzazione di luoghi specifici – per lo più centrali – della città, volta a rendere Berlino ovest un luogo 1 Hans Christian MÜLLER, Incipit del discorso alla conferenza stampa di presentazione dell’Internationale Bauausstellung 1984, 05.02.1980, [AdK, fondo H.C. Müller, incartamento 2-4 (il fondo non è stato ancora inventariato)]. 2 Per una bibliografia completa delle pubblicazioni IBA – compresa la cosiddetta «letteratura grigia» – si rimanda a AUTZEN Reiner et. al. (red.), DEUTSCHE INSTITUT FÜR URBANISTIK (a cura di), Veröffentlichungen der Internationale Bauausstellung Berlin – Dokumentation von Forschungsberichten, Gutachten, Wettbewerbs- und Planungsunterlagen, Berlin, 1987. 3 La tradizione delle Bauausstellungen berlinesi è costituita sostanzialmente da due esposizioni. La prima, del 1931, voluta da Martin Wagner e curata da Mies van der Rohe, ebbe luogo negli spazi espositivi della fiera di Berlino, con modelli di architetture esposti al chiuso. La seconda, l’Interbau del 1957, fu realizzata all’interno dell’Hansaviertel, presso i limiti settentrionali del parco del Tiergarten. Per un quadro sintetico della tradizione delle Bauausstellungen si rimanda a Johannes CRAMER, Niels GUTSCHOW, Bauausstellungen – Eine Architekturgeschichte der 20. Jahrhunderts, Kohlhammer, Stuttgart/Berlin/Köln/Mainz 1984. Per l’Interbau 1957 si rimanda in questa sede alle più recenti pubblicazioni: Sandra WAGNER-CONZELMANN, Die Interbau 1957 in Berlin – Stadt von Heute, Stadt von Morgen, Imhof, Peterberg 2007 e Gabriele DOLFF-BONEKÄMPER, Franziska SCHMIDT, Das Hansaviertel – Internationale Nachkriegsmoderne in Berlin, Bauwesen, Berlin 1999. In italiano cfr. Andrea MAGLIO, Berlino prima del muro – La ricostruzione negli anni 1945-1961, Hevelius, Benevento 2003, pp. 133-53. II nuovamente attraente e «degno di nota in ambito internazionale»4. In secondo luogo, in maniera più significativa, l’IBA ha agito come motore di una riforma incisiva, seppur parziale, del progetto architettonico e urbano del dopoguerra. Una riforma che è stata spesso definita, con una formula sintetica, come un «mutamento di paradigma» – Paradigmenwechsel – rispetto all’urbanistica dei decenni post-bellici5. Incaricata di guidare la riprogettazione di aree centrali della città storica, divenute marginali per la loro vicinanza al muro, l’IBA ha incarnato diverse ambiguità, originate sostanzialmente dalla compresenza di caratteri spiccati e contrastanti: impronta istituzionale e ricerca d’autonomia operativa, esigenze mediatiche e compiti attuativi, autopromozione attraverso un uso accattivante dell’immagine e coinvolgimento diretto in processi intricatissimi. Dualismi e ambiguità che si riflettono nelle sue due anime, che hanno agito in sostanziale autonomia l’una dall’altra, con personale, compiti, aree di intervento e principi propri. L’una è la cosiddetta IBA-Neubau, guidata da Josef Paul Kleihues, responsabile del progetto architettonico ex-novo. L’altra è l’IBA-Altbau, diretta da Hardt-Waltherr Hämer e deputata al risanamento e alla riqualificazione di un frammento di città il larga parte scampato ai bombardamenti e densamente abitato. La letteratura esistente restituisce questa molteplicità di caratteri ricalcando per lo più quanto la stessa Bauausstellung GmbH – società a capitale pubblico incaricata della preparazione e della realizzazione dell’IBA6 – ha prodotto nel corso della sua attività, tra il 1979 e il 1987. Già alla fine del 1984 la società aveva dato alle stampe circa 8.000 pagine tra descrizioni dei progetti, opuscoli, cataloghi, saggi storici e note critico-teoriche, assumendo agli occhi degli osservatori più smaliziati le sembianze di un «mostro di carta»7, la cui dimensione mediatica finiva per coprirne, in una certa misura, senso e contenuti. Una tale mole documentaria ha nutrito quasi integralmente l’immagine storiografica e ha orientato la percezione della Bauausstellung fino ai tempi più recenti. Con una sola eccezione, la storiografia non ha avvertito l’esigenza di guardare 4 L’IBA si inserisce in questo senso all’interno di strategie in intervento urbano caratterizzate da importanti attributi mediatici. Su questo aspetto si rimanda a Hartmut HÄUSSERMANN, Walter SIEBEL, “Die Politik der Festivalisierung und die Festivalisierung der Politik. Große Ereignisse in der Stadtpolitik”, in ID. (a cura di), Festivalisierung der Stadtpolitik – Stadtentwicklung durch große Projekte, Westdeutscher Verlag, Opladen 1993, pp. 8 sgg. 5 La storiografia ha interpretato questo mutamento di paradigma soprattutto nel segno della «riscoperta della città storica», cfr. in particolare Vittorio MAGNAGO LAMPUGNANI, Die Stadt im 20. Jahrhundert – Visionen, Entwürfe, Gebautes, Wagenbach, Berlin 2011 (I ed. 2010), II Band, pp. 836 sgg., Werner DURTH, Paul SIGEL, Baukultur – Spiegel gesellschaftlichen Wandels, Jovis, Berlin 2010 (II ed. aggiornata e ampliata, I ed. 2009). 6 GmbH è l’equivalente tedesco di Srl: Gesellschaft mit beschränkten Haftung – Societa a responsabilità limitata. 7 Günther KÜHNE, Die IBA als Papiermonster – Überblick über die Kataloge zum Berichtsjahr 1984. Erster Teil, in «Werk und Zeit» Nr. 3/1984, p. 3. III all’IBA attraverso la lente di ingrandimento del materiale d’archivio – anch’esso copiosissimo sebbene frammentato in diversi fondi e non sempre accessibile8 – e sottoporre in tal modo a una più accurata verifica un’immagine storicizzatasi forse troppo precocemente. L’unico caso di recupero delle fonti originali è poi emblematico di altri aspetti peculiari del fenomeno storiografico IBA. La tesi di dottorato di Günter Schlusche, pubblicata a cura della Technische Universität di Berlino nel 19979, ripercorre la vicenda della sola IBA-Neubau. Pur non ampliando particolarmente l’orizzonte interpretativo, il lavoro monografico di Schlusche ha avuto il merito di portare alla luce frammenti di una documentazione fino ad allora inedita, e spostare lo sguardo dal prodotto architettonico – che invece aveva dominato l’immagine dell’IBA, soprattutto in contesti internazionali – alle relazioni con il mondo della politica e delle istituzioni, fondamentali per la ricostruzione di una storia che, almeno in prima battuta, è la storia di un’istituzione. Ciò detto, anche questo caso non sfugge a una certa autoreferenzialità che sembra essere una costante della proiezione letteraria dell’Internationale Bauausstellung: lo stesso Schlusche è stato infatti membro di rilievo dell’IBA-Neubau. Quest’unica monografia, che mette a fuoco alcuni aspetti interessanti del funzionamento dell’Internationale Bauausstellung ma che si concentra su una sola delle sue due componenti, contribuisce a spiegare il titolo di questa ricerca di dottorato. L’Altra IBA – l’IBA-Altbau – non è mai stata fatta oggetto di un approfondimento critico delle fonti d’archivio o, più in generale, di uno studio monografico. Le sue caratteristiche distintive contribuiscono a chiarire quali possano essere le ipotesi di lavoro alla base dell’esigenza di spostare l’attenzione su una documentazione rimasta finora in ombra. Nel lavoro dell’IBA-Altbau si sono espresse al massimo grado alcune delle caratteristiche peculiari per l’intera Bauausstellung: in primo luogo il carattere eminentemente conflittuale del processo a essa sotteso. Il lavoro all’interno di un ambiente consolidato e difficile, come quello dei quartieri di Kreuzberg – la Luisenstadt, attorno Kottbusser Tor, e So 36, ai margini orientali del distretto – ha comportato un ulteriore 8 La documentazione relativa alla Bauausstellung si trova attualmente divisa tra il Landesarchiv (LArch), l’Akademie der Künste (AdK) e il Kreuzberg Museum (KM). Il primo possiede diversi fondi che interessano l’operato dell’IBA. Il primo è il fondo IBA-Neubau, depositato all’archivio del Land di Berlino nel 2001 e da allora non accessibile perché non inventariato secondo i criteri del LArch. Il fondo si trova attualmente in fase di inventariazione. Tuttavia un’ampia documentazione è accessibile all’interno del fondo del SenBauWohn, che possiede l’intera documentazione relativa alla fase di elaborazione del progetto IBA 1984 e molta documentazione relativa anche alla sua fase di attuazione, in particolar modo per quanto riguarda gli eventi espositivi. L’AdK custodisce invece l’archivio dell’IBA-Altbau/STERN, interamente consultabile; come consultabile è anche il fondo IBA-Altbau/STERN, di dimensioni ridotte, conservato presso il KM. 9 Günter SCHLUSCHE, Die International Bauausstellung Berlin – Eine Bilanz, Arbeitshefte des Institutes für Stadtund Regionalplanung – Technische Universität Berlin, Heft 59, 1997. IV moltiplicarsi degli attori coinvolti nel progetto urbano, in misura maggiore rispetto a contesti diradati e poco abitati, come quelli in cui lavora il gruppo Neubau. Gli abitanti e, in un certo senso, la stessa struttura urbana esistente si sono configurati come attori determinanti per il progetto della città, obbligando la Bauausstellung ad affinare strategie di mediazione e capacità di dialogo. Come oggetto di studio, quella parte dell’Internationale Bauausstellung che si è confrontata direttamente con la città consolidata, e con la tradizione oltremodo scomoda del risanamento, offre dunque la possibilità di proporre e sottoporre a verifica alcune ipotesi interpretative, che si riflettono tanto sulla scelta delle fonti quanto sulla ricerca di nuove coordinate temporali alle quali legare la storia che qui si racconta. Gli archivi dell’IBA-Altbau, separati da quelli del resto della Bauausstellung, si sono costruiti sulle tracce lasciate dai molti attori che hanno partecipato al processo progettuale, restituendo per questo una pluralità di relazioni talvolta addirittura difficile da controllare. In quanto istituzione la Bauausstellung ha prodotto una documentazione vastissima e stratificata, nella quale si legge il dialogo ma anche il conflitto con gli altri attori istituzionali del progetto urbano, in primo luogo l’amministrazione pubblica. In quanto operatore diretto nel progetto di risanamento e riqualificazione del quartiere, d’altra parte, essa ha intrattenuto relazioni strette anche con gli utenti e con l’ampio panorama costituito da associazioni e gruppi di iniziativa che ne difendono gli interessi. Anche dalla lettura delle fonti, la popolazione di Kreuzberg si conferma anzi parte in causa rilevante nel tentativo di riforma del progetto urbano intrapreso dall’IBA. Tra le carte dei suoi archivi è possibile dunque mettere a confronto fonti di tipo diverso, che da un lato ne restituiscono le intenzioni programmatiche e le relazioni istituzionali, ma che dall’altro raccontano anche di una rete multiforme di relazioni che con quelle intenzioni interagisce continuamente, spingendole a verifiche successive e non di rado a modifiche. Dalle fonti d’archivio emerge un quadro abbastanza nitido dei metodi che la Bauausstellung ha costruito e posto alla base di quello che le viene riconosciuto come il suo più rilevante successo, ovvero il superamento della stagione del «dogmatismo tardo-moderno»10. È infatti soprattutto il processo di definizione dei metodi a rendere l’esperienza di risanamento dell’IBA paradigmatica. A Kreuzberg la Bauausstellung si trova a metà tra poteri istituzionali, centrale e distrettuale, tra un «autoritarismo del piano» ormai in piena crisi e le rivendicazioni 10 Dieter FRICK, “Anstoß zu Innovation und Reform – Die Internationale Bauausstellung aus der Sicht von Handelnden Beteiligten”, in Joachim BRECH (a cura di), Neue Wege der Planungskultur – Orientierungen in der Zeit des Umbruchs, VWP, Darmstadt, 1993, pp. 243-53, qui p. 252. V della popolazione, tra l’esigenza di realizzare i propri progetti in tempi brevi e le priorità della salvaguardia della città consolidata, in particolar modo della sua struttura sociale. La sua storia è in gran parte la storia della mediazione tra questi opposti e il Behutsame Stadterneuerung non ne è altro che una sintesi: un «Risanamento prudente» attuato con strumenti pubblici di finanziamento e controllo, ma che si realizza attraverso la collaborazione – e talvolta l’opposizione – di società costruttrici, rappresentanti degli interessi locali, liberi professionisti e soprattutto degli abitanti11. I «12 Principi del Risanamento prudente» ne costituiscono il manifesto. Essi sono forse il lascito più duraturo dell’IBA-Altbau a Berlino e alla città europea. La definizione di un arco temporale in cui leggere e verificare la vicenda dell’IBA-Altbau pone tuttavia altre questioni, particolarmente importanti per la storicizzazione dell’oggetto di studio. In prima istanza: se essa è stata una risposta – o un tentativo di risposta – a pratiche preesistenti, quale è la sua relazione con esse? Ovvero, dove va ricercato l’incipt – il terminus a quo – del racconto, avendo come obiettivo una ricostruzione dei motivi culturali e politici di un’esperienza che fonde questi due elementi in maniera inestricabile? Non vi è dubbio – e con ciò si presenta una delle ipotesi sottoposte a verifica nel corso della ricerca – che la risposta fornita dall’IBA, in particolare nell’ambito dello Stadterneuerung, sia stata l’esito di un percorso di maturazione lungo e non circoscrivibile nel breve tempo di vita della Bauausstellung GmbH. Quanto portato a compimento dall’IBA-Altbau è infatti il risultato di percorsi diversi, costituiti dall’intreccio di storie personali e aspetti culturali, vicende politiche e iniziative legislative che affondano le radici nella frattura del 1968 e si consolidano, con lentezza e contraddittorietà, nel corso del decennio successivo. Per esempio, seguendo la biografia del suo responsabile, l’architetto Hardt-Waltherr Hämer, si ripercorre un pezzo significativo della storia dello Stadterneuerung, che dalla fine degli anni ‘60 conduce al ruolo dirimente del Gruppo di lavoro da lui diretto all’interno dell’Internationale Bauausstellung12. Nel ripercorrere le principali vicende che hanno costituito l’antefatto all’attività dell’IBA, la sua figura emerge spesso, 11 Che il Behutsame Stadterneuerung sia stato il risultato di un lavoro di sintesi più che un’invenzione può essere dimostrato anche dal fatto che l’appello a un «risanamento prudente» fosse stato lanciato, con le medesime parole – appunto Behutsame Stadterneuerung –, dal Sindaco Willi Brandt già nel 1964, rimanendo tuttavia per lungo tempo lettera morta. Cfr. Johann Friedrich GEIST, Klaus KÜRVERS, Das Berliner Mietshaus – 1945-1989, Bd. III, Prestel, München 1989, p. 597. 12 Cfr. tra gli altri, Manfred SACK (a cura di), Stadt im Kopf – Hardt-Waltherr Hämer, Jovis, Berlin 2002 e BOLLÉ Michael, SCHÜTZE Karl-Robert (a cura di), Hardt-Waltherr Hämer, Architekt HBK – Behutsame Stadterneuerung, catalogo dell’esposizione, Universität der Künste, 3.4.-4.5.2007, Schriften aus dem Archiv der Universität der Künste, Nr. 12, Berlin 2007. VI rafforzando ulteriormente le diverse continuità che il settore Altbauerneuerung della Bauausstellung instaura con il dibattito e con le pratiche a esso precedenti. La mancanza di uno studio monografico ha fatto anche sì che le diverse storie che confluiscono nell’esperienza della Bauausstellung non siano mai state messe in luce in maniera organica, ma siano bensì rimaste frammenti di storie diverse, spesso tra loro non comunicanti. Anche da questo punto di vista si può guardare invece all’IBA-Altbau come a un momento di sintesi rivelatore, nel quale riconoscere e verificare fili rossi che tra gli anni ‘60 e ‘80, con un’intensità forse inedita nel dopoguerra, legano Berlino al resto della Germania e all’Europa. Quanto realizzato dalla Bauausstellung a Kreuzberg è il risultato di un confronto internazionale innovativo – anche in virtù degli esiti operativi che ha prodotto – volto alla ricerca di modelli di Urban Renewal poco eclatanti ma affini alle riflessioni dell’IBA-Altbau sulla democraticità del processo progettuale, ad esempio, o su aspetti cui l’IBA stessa è riuscita a fornire contribuiti considerati poi paradigmatici in ambito internazionale, come sul tema del «diritto alla città»13. Le influenze internazionali si stratificano a partire dagli anni ‘60, con la penetrazione del dibattito americano, e proseguono poi con Bologna, le città olandesi – soprattutto Rotterdam –, con Vienna e, non in ultimo, con l’attenzione al patrimonio storico dedicata in misura crescente dalla DDR14. Da Berlino questi stimoli sono poi rimessi in circolo e rimbalzano anche all’esterno dell’Europa: in Sudamerica, negli USA, in Giappone, instaurando legami e rimandi reciproci che in questo lavoro si sono potuti solo accennare. Alcuni momenti del confronto internazionale su senso e valori della città storica hanno poi costituito le premesse al riorientamento culturale di cui l’IBA-Altbau ha rappresentato un’avanguardia: in primo luogo il caso dell’Anno del Patrimonio Architettonico del 1975, indetto e curato dal Consiglio d’Europa; un punto di svolta tanto incisivo all’interno del contesto tedesco e berlinese quanto piuttosto ignorato nel dibattito italiano15. D’altra parte, una piena comprensione della relazione tra l’IBA e lo Stadterneuerung di Berlino risulterebbe oltremodo difficoltosa, come infatti è stata, se non preceduta da una disamina delle dinamiche specifiche con cui il risanamento stesso si è sviluppato – in uno 13 In particolare Dan BERNFELD, Rehabilitation du Quartier de Kreuzberg (Berlin) – Logement/Formation-emplois/culture, Ciedart, Venezia 1985 e ID., “Vom Recht auf Stadt”, in Dankmar GURATZSCH (a cura di), Das Neue Berlin – Konzepte der Internationalen Bauausstllung 1987 für einen Städtebau mit Zukunft, Gebr. Mann, Berlin 1987, pp. 124-7. 14 Su quest’ultimo punto cfr. Florian URBAN, Designing the Past in East Berlin before and after the German Reunification, in «Progress in Planning», Nr. 68, 2007, pp. 1-55, qui, p.11. 15 Il tema, di particolare rilevanza, sarà trattato in questo studio con riferimento pressoché esclusivo al contesto tedesco. Riguardo alla letteratura in lingua italiana e inglese sul ruolo del Consiglio d’Europa si rimanda a Pietro ROSSELLI, Restaurare la città, oggi, Alinea, Firenze 1991 e a Donald APPLEYARD, The Conservation of European Cities, MIT Press, Cambridge/London, 1979. VII stretto sodalizio tra istituzioni e mondo dell’architettura – a partire dal varo del primo Stadterneuerungsprogramm del 1963. Seppur rinunciando ad ambizioni di completezza, che risulterebbero fuorvianti, questo studio tenta di seguire i diversi fili rossi che legano l’oggetto di studio alla vicenda complessa e multiforme del risanamento berlinese proprio a partire dal 1963 – termine a quo di questo lavoro –, indagando le motivazioni e le pratiche che hanno caratterizzato una componente centrale dell’antefatto alla Bauausstellung di Kreuzberg, nella misura in cui quest’ultima ne costituisce allo stesso tempo il prosieguo e il sovvertimento. Proprio nel confronto con il risanamento della città ottocentesca si evidenzia la compresenza di impronta istituzionale e carattere alternativo come una delle più interessanti ambiguità dell’IBAAltbau – essa è tuttavia cifra consistente per l’intera Bauausstellung. Quest’ultima è infatti nata per iniziativa politica, ma la sua azione è stata per lo più una critica – secondo alcuni osservatori una delle critiche più concrete e incisive – alla politica stessa, parte integrante di un sistema intricato e monolitico di burocrazie e interessi economici legati all’industria edilizia – il cosiddetto Interessenblock – che ha trovato nel processo di risanamento uno dei suoi più radicali e problematici canali d’attuazione. La ricostruzione della vicenda dell’IBA-Altbau inizia dunque circa dieci anni prima che il processo di elaborazione dell’Internationale Bauausstellung cominciasse all’interno degli uffici del Senato berlinese, nel 1973. La necessità di guardare all’oggetto di studio attraverso un campo lungo, ricercandone, come si è detto, soprattutto le radici politico-culturali, è stato più volte confortato dall’aver rintracciato legami forti all’interno di un arco temporale che si dispiega su circa 25 anni di storia. Tuttavia, una tale ampiezza di sguardo ha implicato una certa eterogeneità del ricorso alle fonti: alcune delle riflessioni sul contesto, nel quale l’IBA è stata elaborata e si è formata, si nutrono della ricca letteratura esistente – soprattutto la cosiddetta «letteratura grigia» (Graue Literatur) prodotta dalle istituzioni berlinesi –, portando a sintesi storie in parte già scritte ma rimaste per lo più autonome e certo molto poco note, talvolta anche all’interno dei confini berlinesi. Al contrario, la fase di elaborazione vera e propria del progetto Bauausstellung è per lo più storia istituzionale ampiamente documentata dagli archivi municipali. Essa riflette la pluralità delle istanze compresenti nel dibattito alla metà degli anni ’70. Si è sviluppata in primo luogo all’interno degli uffici del Senato berlinese, aprendosi poi in una seconda fase a diversi contributi del mondo della cultura locale e internazionale. Tra il 1973 e il 1979, le riflessioni degli interlocutori, politici e tecnici, raccontano una parabola rivelatrice della metamorfosi del VIII progetto urbano, che ha faticato a distanziarsi dai principi del modernismo post-bellico e da una concezione del risanamento coincidente con l’automatismo abbattimento/ricostruzione, con la sostituzione sistematica del vecchio con il nuovo. Una piena revisione dei criteri di valutazione della città ottocentesca è avvenuta in realtà solo con l’entrata in funzione della Bauausstellung, nell’estate del 1979. Tra la fase di elaborazione, comunque ricchissima di spunti, e l’attività della Bauausstellung si riscontra infatti uno scarto netto, comprovato in vari modi dalle ricerche, e che ha motivato la scelta, forse per altri versi un po’ rigida, di scandire in due ampie parti una vicenda che mostra molteplici linee continuità tra i suoi diversi momenti. L’alterità tra gli indirizzi politici e l’operato dell’IBA-Altbau emerge immediatamente dopo la sua formazione, ma si consolida negli anni fino a divenire una vera e propria opposizione, un «dualismo»16 mai sanato fino in fondo. Le relazioni conflittuali tra le istituzioni centrali e l’IBA testimoniano il tentativo di quest’ultima di conquistare spazi di autonomia soprattutto attraverso la legittimazione proveniente dall’ampia partecipazione al suo progetto urbano e ai riconoscimenti internazionali. Malgrado gli indirizzi politici, e non in conseguenza di essi, il Gruppo di lavoro Stadterneuerung ha riempito i vuoti lasciati da istituzioni che nel corso degli anni ’80 tendono a distogliere sempre più l’attenzione dalle dinamiche sociali implicite negli interventi di rinnovamento urbano per concentrarsi su una sorta di spettacolarizzazione della città storica17. Se la scelta dell’incipit del racconto riflette una delle ipotesi di partenza – e cioè l’importanza dei legami tra l’IBA-Altbau e la storia politica, culturale e architettonica del risanamento e dell’approccio alla città consolidata del dopoguerra – le meditazioni attorno al terminus ad quem arricchiscono il quadro di nuovi spunti di riflessione. Una delle più interessanti ambiguità dell’Internationale Bauausstellung nel suo complesso, lo si è già accennato, è l’essere stata contemporaneamente uno strumento di intervento concreto e un evento mediatico di carattere temporaneo. Quest’ambiguità, di per sé ricca di spunti, la distingue nettamente sia dalle precedenti Bauausstellungen, collocate in luoghi circoscritti e piuttosto isolati, sia con un caso a essa coevo e per certi versi comparabile, l’esposizione Urbana di Kassel (1977-1982)18, 16 La definizione è del Presidente della Commissione edilizia del Parlamento di Berlino, Heinz-Viktor SIEMON, Vorsitzender der Bauausschuss des Abgeordnetenhaus, in Stadtgespräch, rubrica della trasmissiome Kulturtermin della Sender Freies Berlin, I. Programm, 30 August 1982, dattilostritto, senza numeri di pagina, [KM, IBA-STERN, 138/863]. 17 Il caso del giubileo del 1987, che assorbirà le maggiori energie della politica urbana di Berlino, ne è l’esempio più eclatante, cfr. tra gli altri, Krijn THIJS, Drei Geschichte eine Stadt – Die Berliner Stadtjubiläen von 1937 und 1987, Böhlau, Köln/Weimar/Wien 2008. 18 Malgrado i diversi rimandi, tra l’IBA e la settima edizione della serie Documenta Kassel non è mai stato intrapreso un confronto diretto. Tra le critiche mosse all’esperienza di Kassel c’è stata proprio la lontananza IX nella quale tuttavia l’aspetto sperimentale dell’insediamento residenziale ha prevalso largamente sull’interazione con la città. Al contrario, proprio i legami strettissimi che l’IBA ha instaurato con le dinamiche urbane di Berlino ovest, e soprattutto con Kreuzberg, l’hanno resa pioniera di un nuovo e più stretto connubio tra esposizione e territorio. In Germania le potenzialità di questo connubio, dalla scala del quartiere a quella regionale, sono state rielaborate nelle diverse Bauausstellungen che tra gli anni ’90 e il nuovo secolo si sono succedute proprio a partire dal caso di Berlino19. Qui, per la prima volta, l’evento espositivo ha costituito poco più che un pretesto per un intervento duraturo e penetrante tanto dal punto di vista delle pratiche quanto da quello culturale. Alla luce di queste riflessioni il termine ufficiale dell’IBA, nel dicembre 1987, rappresenta una momento di frattura solo molto parziale – se non marginale – rispetto all’intera esperienza della Bauausstellung, in particolar modo nell’ambito dello Stadterneuerung. La sua influenza, diretta e indiretta, si dispiega infatti ben oltre i limiti spaziali e temporali dell’esposizione. Una frattura più interessante e rivelatrice, anche perché capace di far intravedere quali prospettive di lungo periodo possano essere riconosciute all’esperienza dell’IBA-Altbau, sembra potersi ravvisare addirittura prima del 1987. Lo scioglimento anticipato dell’IBA-Altbau, nel dicembre 1985, e il trasferimento del Gruppo di lavoro Stadterneuerung in una società privata autonoma dalla Bauausstellung, la STERN, sembra mettere in chiaro alcune questioni dirimenti. Voluto dal Senato cittadino, lo scioglimento testimonia da un lato le molte discrasie tra gli indirizzi politici degli anni ’80 e il Behutsame Stadterneuerung; dall’altro conferma tuttavia come la stessa politica abbia riconosciuto la necessità di svincolare il recupero della città storica dalle costrizioni spaziali e temporali dell’esposizione. La STERN ha ereditato personale, compiti e principi dell’IBA-Altbau garantendo la sopravvivenza del Behutsame Stadterneuerung anche oltre il 1987. Sebbene la STERN ne costituisca il prosieguo più diretto, la sua storia sembra essere però un’altra rispetto a quella dell’IBA-Altbau, poiché altre e molto diverse sono le condizioni in cui la nuova società ha operato, soprattutto all’indomani della riunificazione. Come la scelta delle coordinate temporali dell’indagine conferma, l’oggetto di questa ricerca – lo si è detto solo implicitamente – non è un’esposizione di architetture costruite. dalla città, Cfr. DOCUMENTA FORUM KASSEL (a cura di), Beiträge zu einer documenta urbana, H.1, Kassel 1982 e ID. (a cura di), Sichtbar machen – Beiträge zu einer documenta urbana, H.2, Kassel 1982. In ogni caso, diversi sono gli architetti che partecipano contemporaneamente a entrambi gli eventi: Hilmer & Sattler, Hermann Herzberger, Heinrich e Inken Baller e Otto Steidle; questi ultimi due autori di importanti contributi in ambito Altbau. 19 Per una ricostruzione sintetica dei rimandi tra l’Internationale Bauausstellung 1987 e le successive Bauausstellung tedesche, con relativa bibliografia, si rimanda alle note conclusive. X Tuttavia l’aspetto mediatico della Bauausstellung emerge in diverse occasioni come cifra cospicua e influente, anche a Kreuzberg: la risonanza del «grande evento», ad esempio, ha contribuito a garantirle la legittimazione necessaria a rafforzare la propria posizione nel conflitto tra attori e livelli della scena urbana. Per altri versi invece i processi partecipativi, inevitabilmente macchinosi, sono entrati in conflitto con i tempi stretti dell’Ausstellung. I principali momenti espositivi, nel 1984 e nel 1987, possono esser letti come occasioni di verifica, in cui emergono le divergenti strategie mediatiche delle due anime della Bauausstellung20 e dove, contemporaneamente, si evidenza una certa difficoltà nel mettere in mostra il processo che si cela dietro al prodotto architettonico. * La ricerca che qui si propone ha inteso mettere in luce prima di tutto i legami tra l’IBAAltbau e il contesto in cui essa si è formata e ha operato, precisando alcuni dei tratti meno visibili del «modello Kreuzberg» nel tentativo di contribuire alla comprensione delle influenze che questo potrebbe aver esercitato dalla fine di quell’esperienza, soprattutto all’indomani della riunificazione21. Una delle maggiori conseguenze di questo approccio è stata la scelta di privilegiare le motivazioni delle architetture piuttosto che le architetture stesse, i metodi piuttosto che gli esiti, pur rilevanti; in sintesi il processo rispetto al prodotto. Nel tentativo di muoversi in coerenza con tale approccio, e in controtendenza con gran parte della letteratura sull’IBA, questo studio offre con una certa parsimonia il materiale grafico agli occhi del lettore. Gli archivi del resto sono quasi del tutto privi di disegni o progetti, che invece si trovano in abbondanza nelle pubblicazioni IBA e sulle pagine delle maggiori riviste, anche italiane. Qui si è cercato di prescindere dai discorsi che più spesso hanno riguardato l’IBA, anche perché quasi sempre riferiti alla sua anima Neubau: dalle querelle di stile alle riflessioni sull’urbanistica del cosiddetto post-modern o alla relazione edificio/isolato/città – individuata negli anni ’90 come una delle maggiori eredità lasciate dalla Bauausstellung al dibattito berlinese22. In maniera che è parsa più proficua, la storia di un pezzo dell’IBA – delineata 20 Nel 1987 l’IBA-Altbau è stata ormai già sostituita dalla STERN, che partecipa in ogni caso agli eventi espositivi sebbene in tono minore rispetto agli anni precedenti. 21 Per valutazioni sulla relazione tra la percezione dell’IBA e la riunificazione si rimanda alle note conclusive. 22 Per quest’ultimo aspetto, non privo di interesse rispetto al tema dell’influenza della Bauausstellung sulla ricostruzione postunitaria cfr. Werner OECHSLIN, “Phönixgeburt – Die Internationale Bauausstellung Berlin XI secondo periodizzazioni e contenuti suoi propri – potrebbe contribuire così anche alla definizione di questioni altre e più ampie: dalle dinamiche del decentramento delle responsabilità progettuali alla parabola delineata dalla «democrazia come committente»23, dal tentativo di riqualificare senza stravolgere la struttura sociale – modello alternativo rispetto a uno dei fenomeni urbani berlinesi più studiati degli ultimi due decenni: la Gentrification – all’interesse dell’approccio multidisciplinare al progetto urbano. L’IBA-Altbau e le sue radici sono guardate insomma come un frammento interessante della storia di Berlino e della città europea tra gli anni ’60 e ’80. L’auspicio è che la storia che segue possa fornire contributi utili – a partire dal progetto urbano – alla scrittura di altre storie che si intrecciano attorno a uno snodo cruciale, forse anche perché conclusivo, del Novecento24.
L’altra IBA - L’Internationale Bauausstellung Berlin 1984/1987 e il Behutsame Stadterneuerung di Kreuzberg / Cutolo, Davide. - (2012). [10.6092/polito/porto/2502173]
L’altra IBA - L’Internationale Bauausstellung Berlin 1984/1987 e il Behutsame Stadterneuerung di Kreuzberg
CUTOLO, DAVIDE
2012
Abstract
Introduzione «Nicht die gebaute Stadt, sondern ihre Bürger, ihr geistiges Bild, ist Stadt». H.C. Müller1 L’Internationale Bauausstellung Berlin 1984/1987 è un fenomeno storiografico piuttosto singolare. Le sue molteplici caratteristiche si fondono – e spesso si confondono – all’interno di una letteratura vastissima, che essa stessa ha in gran parte prodotto e orientato e che non è mai stata sottoposta a una organica e approfondita verifica storiografica. Le decine di pubblicazioni curate dall’IBA hanno finora costituito il principale – e spesso unico – veicolo per la conoscenza del processo a essa sotteso2. Tuttavia proprio la sua produzione letteraria – assieme alle esposizioni – può essere letta in primo luogo come strumento di legittimazione. Di esso la Bauausstellung si è servita per affermarsi all’interno della cultura architettonica internazionale, costruendo narrazioni precise delle motivazioni, dei principi e delle buone pratiche che ne hanno caratterizzato la vicenda. In primo luogo l’IBA è nata come un’esposizione di architetture costruite. In tal senso essa ha fatto seguito alla consolidata tradizione berlinese delle Bauausstellungen3, rinnovandola facendosi carico delle nuove istanze originate dalla crisi demografica e identitaria della città degli anni ’60-’70. Essa è stata infatti il principale strumento di una strategia di valorizzazione di luoghi specifici – per lo più centrali – della città, volta a rendere Berlino ovest un luogo 1 Hans Christian MÜLLER, Incipit del discorso alla conferenza stampa di presentazione dell’Internationale Bauausstellung 1984, 05.02.1980, [AdK, fondo H.C. Müller, incartamento 2-4 (il fondo non è stato ancora inventariato)]. 2 Per una bibliografia completa delle pubblicazioni IBA – compresa la cosiddetta «letteratura grigia» – si rimanda a AUTZEN Reiner et. al. (red.), DEUTSCHE INSTITUT FÜR URBANISTIK (a cura di), Veröffentlichungen der Internationale Bauausstellung Berlin – Dokumentation von Forschungsberichten, Gutachten, Wettbewerbs- und Planungsunterlagen, Berlin, 1987. 3 La tradizione delle Bauausstellungen berlinesi è costituita sostanzialmente da due esposizioni. La prima, del 1931, voluta da Martin Wagner e curata da Mies van der Rohe, ebbe luogo negli spazi espositivi della fiera di Berlino, con modelli di architetture esposti al chiuso. La seconda, l’Interbau del 1957, fu realizzata all’interno dell’Hansaviertel, presso i limiti settentrionali del parco del Tiergarten. Per un quadro sintetico della tradizione delle Bauausstellungen si rimanda a Johannes CRAMER, Niels GUTSCHOW, Bauausstellungen – Eine Architekturgeschichte der 20. Jahrhunderts, Kohlhammer, Stuttgart/Berlin/Köln/Mainz 1984. Per l’Interbau 1957 si rimanda in questa sede alle più recenti pubblicazioni: Sandra WAGNER-CONZELMANN, Die Interbau 1957 in Berlin – Stadt von Heute, Stadt von Morgen, Imhof, Peterberg 2007 e Gabriele DOLFF-BONEKÄMPER, Franziska SCHMIDT, Das Hansaviertel – Internationale Nachkriegsmoderne in Berlin, Bauwesen, Berlin 1999. In italiano cfr. Andrea MAGLIO, Berlino prima del muro – La ricostruzione negli anni 1945-1961, Hevelius, Benevento 2003, pp. 133-53. II nuovamente attraente e «degno di nota in ambito internazionale»4. In secondo luogo, in maniera più significativa, l’IBA ha agito come motore di una riforma incisiva, seppur parziale, del progetto architettonico e urbano del dopoguerra. Una riforma che è stata spesso definita, con una formula sintetica, come un «mutamento di paradigma» – Paradigmenwechsel – rispetto all’urbanistica dei decenni post-bellici5. Incaricata di guidare la riprogettazione di aree centrali della città storica, divenute marginali per la loro vicinanza al muro, l’IBA ha incarnato diverse ambiguità, originate sostanzialmente dalla compresenza di caratteri spiccati e contrastanti: impronta istituzionale e ricerca d’autonomia operativa, esigenze mediatiche e compiti attuativi, autopromozione attraverso un uso accattivante dell’immagine e coinvolgimento diretto in processi intricatissimi. Dualismi e ambiguità che si riflettono nelle sue due anime, che hanno agito in sostanziale autonomia l’una dall’altra, con personale, compiti, aree di intervento e principi propri. L’una è la cosiddetta IBA-Neubau, guidata da Josef Paul Kleihues, responsabile del progetto architettonico ex-novo. L’altra è l’IBA-Altbau, diretta da Hardt-Waltherr Hämer e deputata al risanamento e alla riqualificazione di un frammento di città il larga parte scampato ai bombardamenti e densamente abitato. La letteratura esistente restituisce questa molteplicità di caratteri ricalcando per lo più quanto la stessa Bauausstellung GmbH – società a capitale pubblico incaricata della preparazione e della realizzazione dell’IBA6 – ha prodotto nel corso della sua attività, tra il 1979 e il 1987. Già alla fine del 1984 la società aveva dato alle stampe circa 8.000 pagine tra descrizioni dei progetti, opuscoli, cataloghi, saggi storici e note critico-teoriche, assumendo agli occhi degli osservatori più smaliziati le sembianze di un «mostro di carta»7, la cui dimensione mediatica finiva per coprirne, in una certa misura, senso e contenuti. Una tale mole documentaria ha nutrito quasi integralmente l’immagine storiografica e ha orientato la percezione della Bauausstellung fino ai tempi più recenti. Con una sola eccezione, la storiografia non ha avvertito l’esigenza di guardare 4 L’IBA si inserisce in questo senso all’interno di strategie in intervento urbano caratterizzate da importanti attributi mediatici. Su questo aspetto si rimanda a Hartmut HÄUSSERMANN, Walter SIEBEL, “Die Politik der Festivalisierung und die Festivalisierung der Politik. Große Ereignisse in der Stadtpolitik”, in ID. (a cura di), Festivalisierung der Stadtpolitik – Stadtentwicklung durch große Projekte, Westdeutscher Verlag, Opladen 1993, pp. 8 sgg. 5 La storiografia ha interpretato questo mutamento di paradigma soprattutto nel segno della «riscoperta della città storica», cfr. in particolare Vittorio MAGNAGO LAMPUGNANI, Die Stadt im 20. Jahrhundert – Visionen, Entwürfe, Gebautes, Wagenbach, Berlin 2011 (I ed. 2010), II Band, pp. 836 sgg., Werner DURTH, Paul SIGEL, Baukultur – Spiegel gesellschaftlichen Wandels, Jovis, Berlin 2010 (II ed. aggiornata e ampliata, I ed. 2009). 6 GmbH è l’equivalente tedesco di Srl: Gesellschaft mit beschränkten Haftung – Societa a responsabilità limitata. 7 Günther KÜHNE, Die IBA als Papiermonster – Überblick über die Kataloge zum Berichtsjahr 1984. Erster Teil, in «Werk und Zeit» Nr. 3/1984, p. 3. III all’IBA attraverso la lente di ingrandimento del materiale d’archivio – anch’esso copiosissimo sebbene frammentato in diversi fondi e non sempre accessibile8 – e sottoporre in tal modo a una più accurata verifica un’immagine storicizzatasi forse troppo precocemente. L’unico caso di recupero delle fonti originali è poi emblematico di altri aspetti peculiari del fenomeno storiografico IBA. La tesi di dottorato di Günter Schlusche, pubblicata a cura della Technische Universität di Berlino nel 19979, ripercorre la vicenda della sola IBA-Neubau. Pur non ampliando particolarmente l’orizzonte interpretativo, il lavoro monografico di Schlusche ha avuto il merito di portare alla luce frammenti di una documentazione fino ad allora inedita, e spostare lo sguardo dal prodotto architettonico – che invece aveva dominato l’immagine dell’IBA, soprattutto in contesti internazionali – alle relazioni con il mondo della politica e delle istituzioni, fondamentali per la ricostruzione di una storia che, almeno in prima battuta, è la storia di un’istituzione. Ciò detto, anche questo caso non sfugge a una certa autoreferenzialità che sembra essere una costante della proiezione letteraria dell’Internationale Bauausstellung: lo stesso Schlusche è stato infatti membro di rilievo dell’IBA-Neubau. Quest’unica monografia, che mette a fuoco alcuni aspetti interessanti del funzionamento dell’Internationale Bauausstellung ma che si concentra su una sola delle sue due componenti, contribuisce a spiegare il titolo di questa ricerca di dottorato. L’Altra IBA – l’IBA-Altbau – non è mai stata fatta oggetto di un approfondimento critico delle fonti d’archivio o, più in generale, di uno studio monografico. Le sue caratteristiche distintive contribuiscono a chiarire quali possano essere le ipotesi di lavoro alla base dell’esigenza di spostare l’attenzione su una documentazione rimasta finora in ombra. Nel lavoro dell’IBA-Altbau si sono espresse al massimo grado alcune delle caratteristiche peculiari per l’intera Bauausstellung: in primo luogo il carattere eminentemente conflittuale del processo a essa sotteso. Il lavoro all’interno di un ambiente consolidato e difficile, come quello dei quartieri di Kreuzberg – la Luisenstadt, attorno Kottbusser Tor, e So 36, ai margini orientali del distretto – ha comportato un ulteriore 8 La documentazione relativa alla Bauausstellung si trova attualmente divisa tra il Landesarchiv (LArch), l’Akademie der Künste (AdK) e il Kreuzberg Museum (KM). Il primo possiede diversi fondi che interessano l’operato dell’IBA. Il primo è il fondo IBA-Neubau, depositato all’archivio del Land di Berlino nel 2001 e da allora non accessibile perché non inventariato secondo i criteri del LArch. Il fondo si trova attualmente in fase di inventariazione. Tuttavia un’ampia documentazione è accessibile all’interno del fondo del SenBauWohn, che possiede l’intera documentazione relativa alla fase di elaborazione del progetto IBA 1984 e molta documentazione relativa anche alla sua fase di attuazione, in particolar modo per quanto riguarda gli eventi espositivi. L’AdK custodisce invece l’archivio dell’IBA-Altbau/STERN, interamente consultabile; come consultabile è anche il fondo IBA-Altbau/STERN, di dimensioni ridotte, conservato presso il KM. 9 Günter SCHLUSCHE, Die International Bauausstellung Berlin – Eine Bilanz, Arbeitshefte des Institutes für Stadtund Regionalplanung – Technische Universität Berlin, Heft 59, 1997. IV moltiplicarsi degli attori coinvolti nel progetto urbano, in misura maggiore rispetto a contesti diradati e poco abitati, come quelli in cui lavora il gruppo Neubau. Gli abitanti e, in un certo senso, la stessa struttura urbana esistente si sono configurati come attori determinanti per il progetto della città, obbligando la Bauausstellung ad affinare strategie di mediazione e capacità di dialogo. Come oggetto di studio, quella parte dell’Internationale Bauausstellung che si è confrontata direttamente con la città consolidata, e con la tradizione oltremodo scomoda del risanamento, offre dunque la possibilità di proporre e sottoporre a verifica alcune ipotesi interpretative, che si riflettono tanto sulla scelta delle fonti quanto sulla ricerca di nuove coordinate temporali alle quali legare la storia che qui si racconta. Gli archivi dell’IBA-Altbau, separati da quelli del resto della Bauausstellung, si sono costruiti sulle tracce lasciate dai molti attori che hanno partecipato al processo progettuale, restituendo per questo una pluralità di relazioni talvolta addirittura difficile da controllare. In quanto istituzione la Bauausstellung ha prodotto una documentazione vastissima e stratificata, nella quale si legge il dialogo ma anche il conflitto con gli altri attori istituzionali del progetto urbano, in primo luogo l’amministrazione pubblica. In quanto operatore diretto nel progetto di risanamento e riqualificazione del quartiere, d’altra parte, essa ha intrattenuto relazioni strette anche con gli utenti e con l’ampio panorama costituito da associazioni e gruppi di iniziativa che ne difendono gli interessi. Anche dalla lettura delle fonti, la popolazione di Kreuzberg si conferma anzi parte in causa rilevante nel tentativo di riforma del progetto urbano intrapreso dall’IBA. Tra le carte dei suoi archivi è possibile dunque mettere a confronto fonti di tipo diverso, che da un lato ne restituiscono le intenzioni programmatiche e le relazioni istituzionali, ma che dall’altro raccontano anche di una rete multiforme di relazioni che con quelle intenzioni interagisce continuamente, spingendole a verifiche successive e non di rado a modifiche. Dalle fonti d’archivio emerge un quadro abbastanza nitido dei metodi che la Bauausstellung ha costruito e posto alla base di quello che le viene riconosciuto come il suo più rilevante successo, ovvero il superamento della stagione del «dogmatismo tardo-moderno»10. È infatti soprattutto il processo di definizione dei metodi a rendere l’esperienza di risanamento dell’IBA paradigmatica. A Kreuzberg la Bauausstellung si trova a metà tra poteri istituzionali, centrale e distrettuale, tra un «autoritarismo del piano» ormai in piena crisi e le rivendicazioni 10 Dieter FRICK, “Anstoß zu Innovation und Reform – Die Internationale Bauausstellung aus der Sicht von Handelnden Beteiligten”, in Joachim BRECH (a cura di), Neue Wege der Planungskultur – Orientierungen in der Zeit des Umbruchs, VWP, Darmstadt, 1993, pp. 243-53, qui p. 252. V della popolazione, tra l’esigenza di realizzare i propri progetti in tempi brevi e le priorità della salvaguardia della città consolidata, in particolar modo della sua struttura sociale. La sua storia è in gran parte la storia della mediazione tra questi opposti e il Behutsame Stadterneuerung non ne è altro che una sintesi: un «Risanamento prudente» attuato con strumenti pubblici di finanziamento e controllo, ma che si realizza attraverso la collaborazione – e talvolta l’opposizione – di società costruttrici, rappresentanti degli interessi locali, liberi professionisti e soprattutto degli abitanti11. I «12 Principi del Risanamento prudente» ne costituiscono il manifesto. Essi sono forse il lascito più duraturo dell’IBA-Altbau a Berlino e alla città europea. La definizione di un arco temporale in cui leggere e verificare la vicenda dell’IBA-Altbau pone tuttavia altre questioni, particolarmente importanti per la storicizzazione dell’oggetto di studio. In prima istanza: se essa è stata una risposta – o un tentativo di risposta – a pratiche preesistenti, quale è la sua relazione con esse? Ovvero, dove va ricercato l’incipt – il terminus a quo – del racconto, avendo come obiettivo una ricostruzione dei motivi culturali e politici di un’esperienza che fonde questi due elementi in maniera inestricabile? Non vi è dubbio – e con ciò si presenta una delle ipotesi sottoposte a verifica nel corso della ricerca – che la risposta fornita dall’IBA, in particolare nell’ambito dello Stadterneuerung, sia stata l’esito di un percorso di maturazione lungo e non circoscrivibile nel breve tempo di vita della Bauausstellung GmbH. Quanto portato a compimento dall’IBA-Altbau è infatti il risultato di percorsi diversi, costituiti dall’intreccio di storie personali e aspetti culturali, vicende politiche e iniziative legislative che affondano le radici nella frattura del 1968 e si consolidano, con lentezza e contraddittorietà, nel corso del decennio successivo. Per esempio, seguendo la biografia del suo responsabile, l’architetto Hardt-Waltherr Hämer, si ripercorre un pezzo significativo della storia dello Stadterneuerung, che dalla fine degli anni ‘60 conduce al ruolo dirimente del Gruppo di lavoro da lui diretto all’interno dell’Internationale Bauausstellung12. Nel ripercorrere le principali vicende che hanno costituito l’antefatto all’attività dell’IBA, la sua figura emerge spesso, 11 Che il Behutsame Stadterneuerung sia stato il risultato di un lavoro di sintesi più che un’invenzione può essere dimostrato anche dal fatto che l’appello a un «risanamento prudente» fosse stato lanciato, con le medesime parole – appunto Behutsame Stadterneuerung –, dal Sindaco Willi Brandt già nel 1964, rimanendo tuttavia per lungo tempo lettera morta. Cfr. Johann Friedrich GEIST, Klaus KÜRVERS, Das Berliner Mietshaus – 1945-1989, Bd. III, Prestel, München 1989, p. 597. 12 Cfr. tra gli altri, Manfred SACK (a cura di), Stadt im Kopf – Hardt-Waltherr Hämer, Jovis, Berlin 2002 e BOLLÉ Michael, SCHÜTZE Karl-Robert (a cura di), Hardt-Waltherr Hämer, Architekt HBK – Behutsame Stadterneuerung, catalogo dell’esposizione, Universität der Künste, 3.4.-4.5.2007, Schriften aus dem Archiv der Universität der Künste, Nr. 12, Berlin 2007. VI rafforzando ulteriormente le diverse continuità che il settore Altbauerneuerung della Bauausstellung instaura con il dibattito e con le pratiche a esso precedenti. La mancanza di uno studio monografico ha fatto anche sì che le diverse storie che confluiscono nell’esperienza della Bauausstellung non siano mai state messe in luce in maniera organica, ma siano bensì rimaste frammenti di storie diverse, spesso tra loro non comunicanti. Anche da questo punto di vista si può guardare invece all’IBA-Altbau come a un momento di sintesi rivelatore, nel quale riconoscere e verificare fili rossi che tra gli anni ‘60 e ‘80, con un’intensità forse inedita nel dopoguerra, legano Berlino al resto della Germania e all’Europa. Quanto realizzato dalla Bauausstellung a Kreuzberg è il risultato di un confronto internazionale innovativo – anche in virtù degli esiti operativi che ha prodotto – volto alla ricerca di modelli di Urban Renewal poco eclatanti ma affini alle riflessioni dell’IBA-Altbau sulla democraticità del processo progettuale, ad esempio, o su aspetti cui l’IBA stessa è riuscita a fornire contribuiti considerati poi paradigmatici in ambito internazionale, come sul tema del «diritto alla città»13. Le influenze internazionali si stratificano a partire dagli anni ‘60, con la penetrazione del dibattito americano, e proseguono poi con Bologna, le città olandesi – soprattutto Rotterdam –, con Vienna e, non in ultimo, con l’attenzione al patrimonio storico dedicata in misura crescente dalla DDR14. Da Berlino questi stimoli sono poi rimessi in circolo e rimbalzano anche all’esterno dell’Europa: in Sudamerica, negli USA, in Giappone, instaurando legami e rimandi reciproci che in questo lavoro si sono potuti solo accennare. Alcuni momenti del confronto internazionale su senso e valori della città storica hanno poi costituito le premesse al riorientamento culturale di cui l’IBA-Altbau ha rappresentato un’avanguardia: in primo luogo il caso dell’Anno del Patrimonio Architettonico del 1975, indetto e curato dal Consiglio d’Europa; un punto di svolta tanto incisivo all’interno del contesto tedesco e berlinese quanto piuttosto ignorato nel dibattito italiano15. D’altra parte, una piena comprensione della relazione tra l’IBA e lo Stadterneuerung di Berlino risulterebbe oltremodo difficoltosa, come infatti è stata, se non preceduta da una disamina delle dinamiche specifiche con cui il risanamento stesso si è sviluppato – in uno 13 In particolare Dan BERNFELD, Rehabilitation du Quartier de Kreuzberg (Berlin) – Logement/Formation-emplois/culture, Ciedart, Venezia 1985 e ID., “Vom Recht auf Stadt”, in Dankmar GURATZSCH (a cura di), Das Neue Berlin – Konzepte der Internationalen Bauausstllung 1987 für einen Städtebau mit Zukunft, Gebr. Mann, Berlin 1987, pp. 124-7. 14 Su quest’ultimo punto cfr. Florian URBAN, Designing the Past in East Berlin before and after the German Reunification, in «Progress in Planning», Nr. 68, 2007, pp. 1-55, qui, p.11. 15 Il tema, di particolare rilevanza, sarà trattato in questo studio con riferimento pressoché esclusivo al contesto tedesco. Riguardo alla letteratura in lingua italiana e inglese sul ruolo del Consiglio d’Europa si rimanda a Pietro ROSSELLI, Restaurare la città, oggi, Alinea, Firenze 1991 e a Donald APPLEYARD, The Conservation of European Cities, MIT Press, Cambridge/London, 1979. VII stretto sodalizio tra istituzioni e mondo dell’architettura – a partire dal varo del primo Stadterneuerungsprogramm del 1963. Seppur rinunciando ad ambizioni di completezza, che risulterebbero fuorvianti, questo studio tenta di seguire i diversi fili rossi che legano l’oggetto di studio alla vicenda complessa e multiforme del risanamento berlinese proprio a partire dal 1963 – termine a quo di questo lavoro –, indagando le motivazioni e le pratiche che hanno caratterizzato una componente centrale dell’antefatto alla Bauausstellung di Kreuzberg, nella misura in cui quest’ultima ne costituisce allo stesso tempo il prosieguo e il sovvertimento. Proprio nel confronto con il risanamento della città ottocentesca si evidenzia la compresenza di impronta istituzionale e carattere alternativo come una delle più interessanti ambiguità dell’IBAAltbau – essa è tuttavia cifra consistente per l’intera Bauausstellung. Quest’ultima è infatti nata per iniziativa politica, ma la sua azione è stata per lo più una critica – secondo alcuni osservatori una delle critiche più concrete e incisive – alla politica stessa, parte integrante di un sistema intricato e monolitico di burocrazie e interessi economici legati all’industria edilizia – il cosiddetto Interessenblock – che ha trovato nel processo di risanamento uno dei suoi più radicali e problematici canali d’attuazione. La ricostruzione della vicenda dell’IBA-Altbau inizia dunque circa dieci anni prima che il processo di elaborazione dell’Internationale Bauausstellung cominciasse all’interno degli uffici del Senato berlinese, nel 1973. La necessità di guardare all’oggetto di studio attraverso un campo lungo, ricercandone, come si è detto, soprattutto le radici politico-culturali, è stato più volte confortato dall’aver rintracciato legami forti all’interno di un arco temporale che si dispiega su circa 25 anni di storia. Tuttavia, una tale ampiezza di sguardo ha implicato una certa eterogeneità del ricorso alle fonti: alcune delle riflessioni sul contesto, nel quale l’IBA è stata elaborata e si è formata, si nutrono della ricca letteratura esistente – soprattutto la cosiddetta «letteratura grigia» (Graue Literatur) prodotta dalle istituzioni berlinesi –, portando a sintesi storie in parte già scritte ma rimaste per lo più autonome e certo molto poco note, talvolta anche all’interno dei confini berlinesi. Al contrario, la fase di elaborazione vera e propria del progetto Bauausstellung è per lo più storia istituzionale ampiamente documentata dagli archivi municipali. Essa riflette la pluralità delle istanze compresenti nel dibattito alla metà degli anni ’70. Si è sviluppata in primo luogo all’interno degli uffici del Senato berlinese, aprendosi poi in una seconda fase a diversi contributi del mondo della cultura locale e internazionale. Tra il 1973 e il 1979, le riflessioni degli interlocutori, politici e tecnici, raccontano una parabola rivelatrice della metamorfosi del VIII progetto urbano, che ha faticato a distanziarsi dai principi del modernismo post-bellico e da una concezione del risanamento coincidente con l’automatismo abbattimento/ricostruzione, con la sostituzione sistematica del vecchio con il nuovo. Una piena revisione dei criteri di valutazione della città ottocentesca è avvenuta in realtà solo con l’entrata in funzione della Bauausstellung, nell’estate del 1979. Tra la fase di elaborazione, comunque ricchissima di spunti, e l’attività della Bauausstellung si riscontra infatti uno scarto netto, comprovato in vari modi dalle ricerche, e che ha motivato la scelta, forse per altri versi un po’ rigida, di scandire in due ampie parti una vicenda che mostra molteplici linee continuità tra i suoi diversi momenti. L’alterità tra gli indirizzi politici e l’operato dell’IBA-Altbau emerge immediatamente dopo la sua formazione, ma si consolida negli anni fino a divenire una vera e propria opposizione, un «dualismo»16 mai sanato fino in fondo. Le relazioni conflittuali tra le istituzioni centrali e l’IBA testimoniano il tentativo di quest’ultima di conquistare spazi di autonomia soprattutto attraverso la legittimazione proveniente dall’ampia partecipazione al suo progetto urbano e ai riconoscimenti internazionali. Malgrado gli indirizzi politici, e non in conseguenza di essi, il Gruppo di lavoro Stadterneuerung ha riempito i vuoti lasciati da istituzioni che nel corso degli anni ’80 tendono a distogliere sempre più l’attenzione dalle dinamiche sociali implicite negli interventi di rinnovamento urbano per concentrarsi su una sorta di spettacolarizzazione della città storica17. Se la scelta dell’incipit del racconto riflette una delle ipotesi di partenza – e cioè l’importanza dei legami tra l’IBA-Altbau e la storia politica, culturale e architettonica del risanamento e dell’approccio alla città consolidata del dopoguerra – le meditazioni attorno al terminus ad quem arricchiscono il quadro di nuovi spunti di riflessione. Una delle più interessanti ambiguità dell’Internationale Bauausstellung nel suo complesso, lo si è già accennato, è l’essere stata contemporaneamente uno strumento di intervento concreto e un evento mediatico di carattere temporaneo. Quest’ambiguità, di per sé ricca di spunti, la distingue nettamente sia dalle precedenti Bauausstellungen, collocate in luoghi circoscritti e piuttosto isolati, sia con un caso a essa coevo e per certi versi comparabile, l’esposizione Urbana di Kassel (1977-1982)18, 16 La definizione è del Presidente della Commissione edilizia del Parlamento di Berlino, Heinz-Viktor SIEMON, Vorsitzender der Bauausschuss des Abgeordnetenhaus, in Stadtgespräch, rubrica della trasmissiome Kulturtermin della Sender Freies Berlin, I. Programm, 30 August 1982, dattilostritto, senza numeri di pagina, [KM, IBA-STERN, 138/863]. 17 Il caso del giubileo del 1987, che assorbirà le maggiori energie della politica urbana di Berlino, ne è l’esempio più eclatante, cfr. tra gli altri, Krijn THIJS, Drei Geschichte eine Stadt – Die Berliner Stadtjubiläen von 1937 und 1987, Böhlau, Köln/Weimar/Wien 2008. 18 Malgrado i diversi rimandi, tra l’IBA e la settima edizione della serie Documenta Kassel non è mai stato intrapreso un confronto diretto. Tra le critiche mosse all’esperienza di Kassel c’è stata proprio la lontananza IX nella quale tuttavia l’aspetto sperimentale dell’insediamento residenziale ha prevalso largamente sull’interazione con la città. Al contrario, proprio i legami strettissimi che l’IBA ha instaurato con le dinamiche urbane di Berlino ovest, e soprattutto con Kreuzberg, l’hanno resa pioniera di un nuovo e più stretto connubio tra esposizione e territorio. In Germania le potenzialità di questo connubio, dalla scala del quartiere a quella regionale, sono state rielaborate nelle diverse Bauausstellungen che tra gli anni ’90 e il nuovo secolo si sono succedute proprio a partire dal caso di Berlino19. Qui, per la prima volta, l’evento espositivo ha costituito poco più che un pretesto per un intervento duraturo e penetrante tanto dal punto di vista delle pratiche quanto da quello culturale. Alla luce di queste riflessioni il termine ufficiale dell’IBA, nel dicembre 1987, rappresenta una momento di frattura solo molto parziale – se non marginale – rispetto all’intera esperienza della Bauausstellung, in particolar modo nell’ambito dello Stadterneuerung. La sua influenza, diretta e indiretta, si dispiega infatti ben oltre i limiti spaziali e temporali dell’esposizione. Una frattura più interessante e rivelatrice, anche perché capace di far intravedere quali prospettive di lungo periodo possano essere riconosciute all’esperienza dell’IBA-Altbau, sembra potersi ravvisare addirittura prima del 1987. Lo scioglimento anticipato dell’IBA-Altbau, nel dicembre 1985, e il trasferimento del Gruppo di lavoro Stadterneuerung in una società privata autonoma dalla Bauausstellung, la STERN, sembra mettere in chiaro alcune questioni dirimenti. Voluto dal Senato cittadino, lo scioglimento testimonia da un lato le molte discrasie tra gli indirizzi politici degli anni ’80 e il Behutsame Stadterneuerung; dall’altro conferma tuttavia come la stessa politica abbia riconosciuto la necessità di svincolare il recupero della città storica dalle costrizioni spaziali e temporali dell’esposizione. La STERN ha ereditato personale, compiti e principi dell’IBA-Altbau garantendo la sopravvivenza del Behutsame Stadterneuerung anche oltre il 1987. Sebbene la STERN ne costituisca il prosieguo più diretto, la sua storia sembra essere però un’altra rispetto a quella dell’IBA-Altbau, poiché altre e molto diverse sono le condizioni in cui la nuova società ha operato, soprattutto all’indomani della riunificazione. Come la scelta delle coordinate temporali dell’indagine conferma, l’oggetto di questa ricerca – lo si è detto solo implicitamente – non è un’esposizione di architetture costruite. dalla città, Cfr. DOCUMENTA FORUM KASSEL (a cura di), Beiträge zu einer documenta urbana, H.1, Kassel 1982 e ID. (a cura di), Sichtbar machen – Beiträge zu einer documenta urbana, H.2, Kassel 1982. In ogni caso, diversi sono gli architetti che partecipano contemporaneamente a entrambi gli eventi: Hilmer & Sattler, Hermann Herzberger, Heinrich e Inken Baller e Otto Steidle; questi ultimi due autori di importanti contributi in ambito Altbau. 19 Per una ricostruzione sintetica dei rimandi tra l’Internationale Bauausstellung 1987 e le successive Bauausstellung tedesche, con relativa bibliografia, si rimanda alle note conclusive. X Tuttavia l’aspetto mediatico della Bauausstellung emerge in diverse occasioni come cifra cospicua e influente, anche a Kreuzberg: la risonanza del «grande evento», ad esempio, ha contribuito a garantirle la legittimazione necessaria a rafforzare la propria posizione nel conflitto tra attori e livelli della scena urbana. Per altri versi invece i processi partecipativi, inevitabilmente macchinosi, sono entrati in conflitto con i tempi stretti dell’Ausstellung. I principali momenti espositivi, nel 1984 e nel 1987, possono esser letti come occasioni di verifica, in cui emergono le divergenti strategie mediatiche delle due anime della Bauausstellung20 e dove, contemporaneamente, si evidenza una certa difficoltà nel mettere in mostra il processo che si cela dietro al prodotto architettonico. * La ricerca che qui si propone ha inteso mettere in luce prima di tutto i legami tra l’IBAAltbau e il contesto in cui essa si è formata e ha operato, precisando alcuni dei tratti meno visibili del «modello Kreuzberg» nel tentativo di contribuire alla comprensione delle influenze che questo potrebbe aver esercitato dalla fine di quell’esperienza, soprattutto all’indomani della riunificazione21. Una delle maggiori conseguenze di questo approccio è stata la scelta di privilegiare le motivazioni delle architetture piuttosto che le architetture stesse, i metodi piuttosto che gli esiti, pur rilevanti; in sintesi il processo rispetto al prodotto. Nel tentativo di muoversi in coerenza con tale approccio, e in controtendenza con gran parte della letteratura sull’IBA, questo studio offre con una certa parsimonia il materiale grafico agli occhi del lettore. Gli archivi del resto sono quasi del tutto privi di disegni o progetti, che invece si trovano in abbondanza nelle pubblicazioni IBA e sulle pagine delle maggiori riviste, anche italiane. Qui si è cercato di prescindere dai discorsi che più spesso hanno riguardato l’IBA, anche perché quasi sempre riferiti alla sua anima Neubau: dalle querelle di stile alle riflessioni sull’urbanistica del cosiddetto post-modern o alla relazione edificio/isolato/città – individuata negli anni ’90 come una delle maggiori eredità lasciate dalla Bauausstellung al dibattito berlinese22. In maniera che è parsa più proficua, la storia di un pezzo dell’IBA – delineata 20 Nel 1987 l’IBA-Altbau è stata ormai già sostituita dalla STERN, che partecipa in ogni caso agli eventi espositivi sebbene in tono minore rispetto agli anni precedenti. 21 Per valutazioni sulla relazione tra la percezione dell’IBA e la riunificazione si rimanda alle note conclusive. 22 Per quest’ultimo aspetto, non privo di interesse rispetto al tema dell’influenza della Bauausstellung sulla ricostruzione postunitaria cfr. Werner OECHSLIN, “Phönixgeburt – Die Internationale Bauausstellung Berlin XI secondo periodizzazioni e contenuti suoi propri – potrebbe contribuire così anche alla definizione di questioni altre e più ampie: dalle dinamiche del decentramento delle responsabilità progettuali alla parabola delineata dalla «democrazia come committente»23, dal tentativo di riqualificare senza stravolgere la struttura sociale – modello alternativo rispetto a uno dei fenomeni urbani berlinesi più studiati degli ultimi due decenni: la Gentrification – all’interesse dell’approccio multidisciplinare al progetto urbano. L’IBA-Altbau e le sue radici sono guardate insomma come un frammento interessante della storia di Berlino e della città europea tra gli anni ’60 e ’80. L’auspicio è che la storia che segue possa fornire contributi utili – a partire dal progetto urbano – alla scrittura di altre storie che si intrecciano attorno a uno snodo cruciale, forse anche perché conclusivo, del Novecento24.File | Dimensione | Formato | |
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