Il presente lavoro offre un approccio metodologico innovativo per lo studio del ciclo idrogeologico in ambiente montano. Gli effetti della fusione della neve e del ghiaccio sono infatti di grande importanza nella gestione delle risorse idriche nell’aree interessate da copertura nevosa stagionale o permanente. Uno studio completo, dunque, deve considerare i fenomeni riguardanti l'accumulo del manto nevoso nel periodo invernale e relativa fusione nel periodo primaverile-estivo. Per far fronte a questa necessità si è progettata e installata una stazione meteorologica sperimentale, con lo scopo di determinare tutti i parametri che caratterizzano il manto nevoso. Inoltre dall'analisi sui sensori installati si è progettato e brevettato un nuovo strumento per la determinazione della densità della neve e del suo contenuto in acqua (snow water equivalent S.W.E.). In conclusione, al fine di completare lo studio del ciclo idrogeologico si è affrontata la problematica riguardante l'analisi delle sorgenti presenti nel bacino e la loro vulnerabilità anche attraverso la produzione di software specifici. Le precipitazioni nevose non contribuiscono all'atto del loro verificarsi ai deflussi del bacino, ma il loro contributo, spesso estremamente significativo, si concretizza nel fenomeno della fusione nei mesi primaverili ed estivi. Le portate in periodo di fusione costituiscono non di rado l'evento idrogeologico più significativo dell'anno, non solo per quanto riguarda le sorgenti montane, ma anche per i torrenti che scorrono nelle valli. Infatti, spesso si sono verificate situazioni particolarmente pericolose per la formazione di piene in concomitanza di precipitazioni liquide e fusione della neve. Ne consegue l'importanza dello studio dei fenomeni nivali anche in relazione ai problemi di approvvigionamento idrico a fini agricoli, urbani ed idroelettrici. Nella panoramica dei metodi disponibili nello studio dei fenomeni nivali, agli insostituibili strumenti di indagine diretta, si affiancano i modelli matematici di simulazione, quali utili strumenti di analisi quantitativa dei processi e di estrapolazione degli stessi nel tempo. Un modello per lo studio dei deflussi nivali deve essere in grado di calcolare la quantità di acqua di fusione che diviene input della simulazione dei deflussi del bacino. Per fronteggiare questo compito nel passato sono stati sviluppati molti modelli, i quali non sempre appaiono in grado di rispondere alle esigenze operative, poiché richiedono dati sperimentali in genere non disponibili nelle normali reti di raccolta di dati meteorologici. Tali dati, quali radiazione, albedo, temperatura e densità della neve, ed equivalente in acqua sono in genere reperibili solo in aree sperimentali appositamente attrezzate. Praticamente l'unico dato reperibile con relativa facilità è quello della temperatura dell'aria: è quindi su questo dato che si basa in gran parte la modellistica dei fenomeni nivali con finalità pratiche, anche se non sempre la temperatura dell'aria in prossimità della superficie rappresenta un buon indice della fusione nivale. Il progetto ha riguardato lo studio del Vallone di Mascognaz, valle laterale in sinistra idrografica della Valle d'Ayas, in cui è stata installata una stazione meteorologica sperimentale, finanziata dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta, al fine di monitorare i parametri meteo climatici per gli anni 2010-2011. Nel contempo sono state monitorate le due sorgenti presenti nel Vallone all’interno di un programma di cooperazione transfrontaliera INTERREG STRADA, che ha lo scopo di definire delle linee guida per la salvaguardia delle sorgenti montane. Al fine di definire una metodologia speditiva per determinare lo S.W.E. si sono installate nella stazione meteorologica tutte le migliori tecnologie presenti sul mercato (B.A.T. -Best Available Technology), ed attraverso una serie di campagne nel bacino, durante il periodo invernale, si sono effettuate delle correlazioni tra i dati e sono stati calibrati tutti i sensori. L’approccio utilizzato nel Vallone di Mascognaz è stato poi esteso a gran parte delle stazioni della Media-Bassa Valle d’Aosta ottenendo delle correlazioni che hanno permesso di ricavare il quantitativo d’acqua derivante dalle precipitazioni nevose durante il periodo invernale. In collaborazione con l’Ing. Bartolomeo Montrucchio e del Dott. Gabriele Nocerino si è sviluppato un nuovo sensore, detto fotochionometro, che permette di misurare la densità del manto nevoso e di conseguenza stimarne il contenuto in acqua. Il principio su cui si basa il sensore è la capacità della neve di farsi attraversare dalla luce, variando poi l'attenuazione del segnale luminoso con il variare della densità. Lo strumento ha iniziato la procedura di brevettazione ed è stato oggetto di numerosi riconoscimenti sia dalla Regione Piemonte che dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta, inoltre in occasione della Notte dei Ricercatori è stato presentato al pubblico. Nel bacino, al fine di una migliore caratterizzazione dei fenomeni infiltrativi, è stato eseguito uno studio geologico e geomorfologico di dettaglio andando ad individuare quale fosse l’area di ricarica delle sorgenti per così poi definirne l’area di salvaguardia. Per lo studio della vulnerabilità delle sorgenti sono state applicate diverse metodologie; il metodo del tempo di dimezzamento (Civita, 1988), l’indice VESPA (Galleani, Vigna, Banzato, Lo Russo, 2011), e il metodo della Cross-Correlation (Fiorillo, 2010). Si sono anche eseguite ogni tre mesi a partire da Ottobre 2010, mese in cui sono state installate le sonde per il monitoraggio in continuo di livello, temperatura, conducibilità e l'analisi del chimismo delle sorgenti valutandone sia i maggiori (Anioni e Cationi) sia gran parte dei metalli che si possono trovare comunemente in ambiente montano. In conclusione del lavoro a Gennaio 2012 è stata svolta una analisi isotopica al fine di definire la provenienza delle acque delle sorgenti, definendone sia il tempo di permanenza nell’acquifero che la loro relazione con quelle del torrente. Si sono infine definite delle linee guida nello studio dei bacini montani per standardizzarne l’approccio, analizzando dunque in dettaglio come possano essere valutati gli apporti, nevosi e non, e il loro rapporto con sorgenti e torrenti. Le linee guida derivano non solo dalle conclusioni di questa tesi di dottorato, ma sono il risultato di un percorso di formazione ed esperienza maturato in anni di studi sui bacini montani. Lo scopo di queste sarà quello di evitare sprechi di soldi e tempo, partendo dunque dalla analisi delle criticità presenti, si definiranno le soluzioni da adottare.

Analisi dei dati derivanti da una stazione meteorologica sperimentale al fine di quantificare e proteggere la risorsa idrica nei bacini montani / Suozzi, Enrico. - (2012). [10.6092/polito/porto/2498307]

Analisi dei dati derivanti da una stazione meteorologica sperimentale al fine di quantificare e proteggere la risorsa idrica nei bacini montani

SUOZZI, ENRICO
2012

Abstract

Il presente lavoro offre un approccio metodologico innovativo per lo studio del ciclo idrogeologico in ambiente montano. Gli effetti della fusione della neve e del ghiaccio sono infatti di grande importanza nella gestione delle risorse idriche nell’aree interessate da copertura nevosa stagionale o permanente. Uno studio completo, dunque, deve considerare i fenomeni riguardanti l'accumulo del manto nevoso nel periodo invernale e relativa fusione nel periodo primaverile-estivo. Per far fronte a questa necessità si è progettata e installata una stazione meteorologica sperimentale, con lo scopo di determinare tutti i parametri che caratterizzano il manto nevoso. Inoltre dall'analisi sui sensori installati si è progettato e brevettato un nuovo strumento per la determinazione della densità della neve e del suo contenuto in acqua (snow water equivalent S.W.E.). In conclusione, al fine di completare lo studio del ciclo idrogeologico si è affrontata la problematica riguardante l'analisi delle sorgenti presenti nel bacino e la loro vulnerabilità anche attraverso la produzione di software specifici. Le precipitazioni nevose non contribuiscono all'atto del loro verificarsi ai deflussi del bacino, ma il loro contributo, spesso estremamente significativo, si concretizza nel fenomeno della fusione nei mesi primaverili ed estivi. Le portate in periodo di fusione costituiscono non di rado l'evento idrogeologico più significativo dell'anno, non solo per quanto riguarda le sorgenti montane, ma anche per i torrenti che scorrono nelle valli. Infatti, spesso si sono verificate situazioni particolarmente pericolose per la formazione di piene in concomitanza di precipitazioni liquide e fusione della neve. Ne consegue l'importanza dello studio dei fenomeni nivali anche in relazione ai problemi di approvvigionamento idrico a fini agricoli, urbani ed idroelettrici. Nella panoramica dei metodi disponibili nello studio dei fenomeni nivali, agli insostituibili strumenti di indagine diretta, si affiancano i modelli matematici di simulazione, quali utili strumenti di analisi quantitativa dei processi e di estrapolazione degli stessi nel tempo. Un modello per lo studio dei deflussi nivali deve essere in grado di calcolare la quantità di acqua di fusione che diviene input della simulazione dei deflussi del bacino. Per fronteggiare questo compito nel passato sono stati sviluppati molti modelli, i quali non sempre appaiono in grado di rispondere alle esigenze operative, poiché richiedono dati sperimentali in genere non disponibili nelle normali reti di raccolta di dati meteorologici. Tali dati, quali radiazione, albedo, temperatura e densità della neve, ed equivalente in acqua sono in genere reperibili solo in aree sperimentali appositamente attrezzate. Praticamente l'unico dato reperibile con relativa facilità è quello della temperatura dell'aria: è quindi su questo dato che si basa in gran parte la modellistica dei fenomeni nivali con finalità pratiche, anche se non sempre la temperatura dell'aria in prossimità della superficie rappresenta un buon indice della fusione nivale. Il progetto ha riguardato lo studio del Vallone di Mascognaz, valle laterale in sinistra idrografica della Valle d'Ayas, in cui è stata installata una stazione meteorologica sperimentale, finanziata dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta, al fine di monitorare i parametri meteo climatici per gli anni 2010-2011. Nel contempo sono state monitorate le due sorgenti presenti nel Vallone all’interno di un programma di cooperazione transfrontaliera INTERREG STRADA, che ha lo scopo di definire delle linee guida per la salvaguardia delle sorgenti montane. Al fine di definire una metodologia speditiva per determinare lo S.W.E. si sono installate nella stazione meteorologica tutte le migliori tecnologie presenti sul mercato (B.A.T. -Best Available Technology), ed attraverso una serie di campagne nel bacino, durante il periodo invernale, si sono effettuate delle correlazioni tra i dati e sono stati calibrati tutti i sensori. L’approccio utilizzato nel Vallone di Mascognaz è stato poi esteso a gran parte delle stazioni della Media-Bassa Valle d’Aosta ottenendo delle correlazioni che hanno permesso di ricavare il quantitativo d’acqua derivante dalle precipitazioni nevose durante il periodo invernale. In collaborazione con l’Ing. Bartolomeo Montrucchio e del Dott. Gabriele Nocerino si è sviluppato un nuovo sensore, detto fotochionometro, che permette di misurare la densità del manto nevoso e di conseguenza stimarne il contenuto in acqua. Il principio su cui si basa il sensore è la capacità della neve di farsi attraversare dalla luce, variando poi l'attenuazione del segnale luminoso con il variare della densità. Lo strumento ha iniziato la procedura di brevettazione ed è stato oggetto di numerosi riconoscimenti sia dalla Regione Piemonte che dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta, inoltre in occasione della Notte dei Ricercatori è stato presentato al pubblico. Nel bacino, al fine di una migliore caratterizzazione dei fenomeni infiltrativi, è stato eseguito uno studio geologico e geomorfologico di dettaglio andando ad individuare quale fosse l’area di ricarica delle sorgenti per così poi definirne l’area di salvaguardia. Per lo studio della vulnerabilità delle sorgenti sono state applicate diverse metodologie; il metodo del tempo di dimezzamento (Civita, 1988), l’indice VESPA (Galleani, Vigna, Banzato, Lo Russo, 2011), e il metodo della Cross-Correlation (Fiorillo, 2010). Si sono anche eseguite ogni tre mesi a partire da Ottobre 2010, mese in cui sono state installate le sonde per il monitoraggio in continuo di livello, temperatura, conducibilità e l'analisi del chimismo delle sorgenti valutandone sia i maggiori (Anioni e Cationi) sia gran parte dei metalli che si possono trovare comunemente in ambiente montano. In conclusione del lavoro a Gennaio 2012 è stata svolta una analisi isotopica al fine di definire la provenienza delle acque delle sorgenti, definendone sia il tempo di permanenza nell’acquifero che la loro relazione con quelle del torrente. Si sono infine definite delle linee guida nello studio dei bacini montani per standardizzarne l’approccio, analizzando dunque in dettaglio come possano essere valutati gli apporti, nevosi e non, e il loro rapporto con sorgenti e torrenti. Le linee guida derivano non solo dalle conclusioni di questa tesi di dottorato, ma sono il risultato di un percorso di formazione ed esperienza maturato in anni di studi sui bacini montani. Lo scopo di queste sarà quello di evitare sprechi di soldi e tempo, partendo dunque dalla analisi delle criticità presenti, si definiranno le soluzioni da adottare.
2012
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