Nel 1750, a seguito della pace di Aix-la-Chapelle e al periodo di tranquillità inaugurato a Torino dal sontuoso matrimonio del duca di Savoia con Maria Antonia di Spagna, a cui è invitato il marchese di Marigny in Italia per il suo Grand Tour, il marchese Morozzo decide di far completare e ammodernare il suo palazzo iniziato a fine ‘600 dall’architetto di corte Michelangelo Garove. Il rapporto fra la nobiltà e il dibattito architettonico del momento è rivelato dal mémoire che il nobile redige nel 1759, rileggendo scelte e indirizzi alla luce delle recenti critiche al rococò in buona parte associabili alla figura di Cochin (gli interventi sul Mercure de France del 1754 e del 1755 e la pubblicazione del suo Voyage d’Italie nel 1756 e nel 1758, in cui equipara certe architetture torinesi alle follie di Meisonnier). La scelta di Alfieri, comunque per sue dichiarazioni orientato alle regole della “buona architettura italiana” e seguace di Michelangelo, viene motivata per quanto realizzato ma “maggiormente” per la facciata della chiesa di Ginevra, a cui è associata a vario titolo la figura di Soufflot. Le discussioni in merito alla realizzazione della cancellata verso il giardino rivelano un partito in città ancora rivolto ai “capricciosi modellini francesi” (che ha per modelli Versailles) e, per contro, l’intesa fra committente e architetto per un orientamento verso un maggiore classicismo. Il tono del memoriale ha suggerito alla storiografia critica di attribuire ad Alfieri la decorazione architettonica del salone e dello scalone: in realtà l’intervento, attribuibile con certezza allo scenografo e costumista teatrale Leonardo Marini (1779) è più prossimo alla nuova facciata neopalladiana di Ottavio Bertotti Scamozzi (1789) che ai completamenti di Alfieri, comunque ancora rocaille per i decori interni e fondati sulla cultura architettonica francese della prima metà del Settecento per quanto riguarda l’attenzione alla distribuzione e l’impianto del giardino. Il memoriale, quindi, testimonia soprattutto la ricezione, al 1759, di quel “turning point” che Cochin associava al ritorno di Marigny a Parigi e che nell’asse Londra-Parigi-Roma aveva dato vita a una nuova architettura.

L’architecte Benedetto Alfieri, l’Hôtel Morozzo à Turin et les «Capricciosi Modellini Francesi / Cornaglia, Paolo - In: Le public et la politique des arts au siècle des Lumières - Annales du Centre Ledoux, Tomo VIII / Christophe Henry; Daniel Rabreau. - STAMPA. - Bordeaux : William Blake & Co., 2011. - ISBN 9782841031900. - pp. 155-167

L’architecte Benedetto Alfieri, l’Hôtel Morozzo à Turin et les «Capricciosi Modellini Francesi

CORNAGLIA, Paolo
2011

Abstract

Nel 1750, a seguito della pace di Aix-la-Chapelle e al periodo di tranquillità inaugurato a Torino dal sontuoso matrimonio del duca di Savoia con Maria Antonia di Spagna, a cui è invitato il marchese di Marigny in Italia per il suo Grand Tour, il marchese Morozzo decide di far completare e ammodernare il suo palazzo iniziato a fine ‘600 dall’architetto di corte Michelangelo Garove. Il rapporto fra la nobiltà e il dibattito architettonico del momento è rivelato dal mémoire che il nobile redige nel 1759, rileggendo scelte e indirizzi alla luce delle recenti critiche al rococò in buona parte associabili alla figura di Cochin (gli interventi sul Mercure de France del 1754 e del 1755 e la pubblicazione del suo Voyage d’Italie nel 1756 e nel 1758, in cui equipara certe architetture torinesi alle follie di Meisonnier). La scelta di Alfieri, comunque per sue dichiarazioni orientato alle regole della “buona architettura italiana” e seguace di Michelangelo, viene motivata per quanto realizzato ma “maggiormente” per la facciata della chiesa di Ginevra, a cui è associata a vario titolo la figura di Soufflot. Le discussioni in merito alla realizzazione della cancellata verso il giardino rivelano un partito in città ancora rivolto ai “capricciosi modellini francesi” (che ha per modelli Versailles) e, per contro, l’intesa fra committente e architetto per un orientamento verso un maggiore classicismo. Il tono del memoriale ha suggerito alla storiografia critica di attribuire ad Alfieri la decorazione architettonica del salone e dello scalone: in realtà l’intervento, attribuibile con certezza allo scenografo e costumista teatrale Leonardo Marini (1779) è più prossimo alla nuova facciata neopalladiana di Ottavio Bertotti Scamozzi (1789) che ai completamenti di Alfieri, comunque ancora rocaille per i decori interni e fondati sulla cultura architettonica francese della prima metà del Settecento per quanto riguarda l’attenzione alla distribuzione e l’impianto del giardino. Il memoriale, quindi, testimonia soprattutto la ricezione, al 1759, di quel “turning point” che Cochin associava al ritorno di Marigny a Parigi e che nell’asse Londra-Parigi-Roma aveva dato vita a una nuova architettura.
2011
9782841031900
Le public et la politique des arts au siècle des Lumières - Annales du Centre Ledoux, Tomo VIII
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