Le valli piemontesi del Chisone, Pellice e Germanasca, alle cui pendici sorge la città di Pinerolo (TO), sono conosciute come Valli valdesi per la presenza – dal secolo XIII in avanti – di tale minoranza cristiana, che aderì alla Riforma prote-stante nel 1532. La stanzialità forzosa in questi territori a cagione delle politiche sabaude (XVI-XIX secolo), oltre ad aver dato un’impronta specifica all’ambiente, ha consentito (e consente ancora oggi) di leggerne simbolicamente il paesaggio. Su questo fronte, risultano essere di particolare interesse le dinamiche di ricono-scimento dei luoghi storici e di memoria, e la loro conseguente tutela, che con-sentono di praticare una riflessione sulle politiche di conservazione attuate dalle istituzioni culturali valdesi (Società di Studi Valdesi, Fondazione Centro Cultura-le Valdese, Ufficio beni culturali della Tavola valdese), che denotano un approc-cio che si fonda non tanto su di un assunto legislativo legato alle categorie dei beni, bensì su di un criterio che mira alla salvaguardia dell’identità della comuni-tà. Tale tipo di azioni – tradizionali nelle Valli valdesi almeno dalla seconda me-tà del secolo XIX – sembra anticipare quanto dichiarato nella Convenzione qua-dro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, elabora-ta a Faro nel 2005, con la quale si sarebbe passati da una concezione di tutela incentrata sul bene culturale a una che pone al centro la comunità che guarda consapevolmente all’insieme del suo patrimonio. Il contributo si propone di far emergere alcuni caratteri persistenti della comunità valdese che, a mio parere, influiscono sulla conservazione dell’eredità culturale: la processualità dell’identità e della memoria; l’impiego, per la gestione comunitaria, del parla-mentarismo; la forte coscienza e applicazione del principio di responsabilità per-sonale; il costante ricorso all’educazione e alla formazione, continue e perma-nenti. Questi elementi fanno sì che si crei un quadro di forte condivisione – di obiettivi e conoscenze – tra organismi di tutela e cittadinanza, che diventano in tal modo una vera e propria “comunità di eredità” (definizione mutuata dalla Convenzione di Faro), ove la conservazione non è vista come azione eventua-le/straordinaria, ma parte della quotidianità.

Educare al patrimonio, partecipare alla conservazione. La comunità valdese e le sue politiche di tutela dell'eredità culturale / Rudiero, Riccardo. - STAMPA. - (2019), pp. 187-199. (Intervento presentato al convegno L'architettura e il paesaggio delle minoranze etniche tenutosi a Alagna val Sesia nel 7-9 settembre 2018).

Educare al patrimonio, partecipare alla conservazione. La comunità valdese e le sue politiche di tutela dell'eredità culturale

Rudiero Riccardo
2019

Abstract

Le valli piemontesi del Chisone, Pellice e Germanasca, alle cui pendici sorge la città di Pinerolo (TO), sono conosciute come Valli valdesi per la presenza – dal secolo XIII in avanti – di tale minoranza cristiana, che aderì alla Riforma prote-stante nel 1532. La stanzialità forzosa in questi territori a cagione delle politiche sabaude (XVI-XIX secolo), oltre ad aver dato un’impronta specifica all’ambiente, ha consentito (e consente ancora oggi) di leggerne simbolicamente il paesaggio. Su questo fronte, risultano essere di particolare interesse le dinamiche di ricono-scimento dei luoghi storici e di memoria, e la loro conseguente tutela, che con-sentono di praticare una riflessione sulle politiche di conservazione attuate dalle istituzioni culturali valdesi (Società di Studi Valdesi, Fondazione Centro Cultura-le Valdese, Ufficio beni culturali della Tavola valdese), che denotano un approc-cio che si fonda non tanto su di un assunto legislativo legato alle categorie dei beni, bensì su di un criterio che mira alla salvaguardia dell’identità della comuni-tà. Tale tipo di azioni – tradizionali nelle Valli valdesi almeno dalla seconda me-tà del secolo XIX – sembra anticipare quanto dichiarato nella Convenzione qua-dro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, elabora-ta a Faro nel 2005, con la quale si sarebbe passati da una concezione di tutela incentrata sul bene culturale a una che pone al centro la comunità che guarda consapevolmente all’insieme del suo patrimonio. Il contributo si propone di far emergere alcuni caratteri persistenti della comunità valdese che, a mio parere, influiscono sulla conservazione dell’eredità culturale: la processualità dell’identità e della memoria; l’impiego, per la gestione comunitaria, del parla-mentarismo; la forte coscienza e applicazione del principio di responsabilità per-sonale; il costante ricorso all’educazione e alla formazione, continue e perma-nenti. Questi elementi fanno sì che si crei un quadro di forte condivisione – di obiettivi e conoscenze – tra organismi di tutela e cittadinanza, che diventano in tal modo una vera e propria “comunità di eredità” (definizione mutuata dalla Convenzione di Faro), ove la conservazione non è vista come azione eventua-le/straordinaria, ma parte della quotidianità.
2019
9788832174045
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11583/2771933