Nel suo libro Progettare un edificio. Otto lezioni di architettura (Roma 1993), Ludovico Quaroni scriveva: “l’opera architettonica risulta innanzitutto dallo studio dei contenuti sociali, delle ragioni istituzionali per le quali una determinata società o potere richiede un’opera architettonica (utilitas) […] e queste ragioni ‘umane’ devono fornire la base di ogni buona progettazione” (ivi, p. 32). Con riferimento alla triade vitruviana – utilitas, firmitas, venustas – che costituisce per l’A. il fondamento di ogni progetto di architettura, Quaroni insiste fin dall’inizio sulla necessaria integrazione delle tre componenti nell’iter progettuale, ben evidenziando quanto, nella formazione degli architetti (ambito al quale il libro si rivolge), sia fondamentale partire dalla domanda sociale – quella che l’A. definisce come “contenuto” o “struttura dei contenuti” del progetto – per non astrarsi o ignorare i condizionamenti reali ai quali ogni opera architettonica deve rispondere. Perciò, se teoricamente risulta possibile all’interno dell’Accademia esercitarsi su una sola delle tre componenti – “struttura dei contenuti”, “struttura resistente”, “struttura linguistica” – per ridurre problemi complessi e consentire di studiarli a fondo nelle loro specificità, alla base dell’educazione progettuale sarà sempre necessaria quella capacità, sottolineata da Quaroni, “di operare la sintesi fra elementi estranei, analizzando, valutando, comparando, scegliendo, semplificando opportunamente il numero dei dati, stabilendo una precisa gerarchia di valori e di relazioni, perché quanto si sta producendo sia riconoscibile, identificabile, funzionale ai presupposti di partenza” (ivi, p. 37). Condividiamo l’impostazione di Quaroni: un progetto, anche quando si sviluppa all’interno dell’Istituzione universitaria, dovrebbe partire da una base reale, in cui fondamentale appare il contenuto-domanda sociale, oggi non più appannaggio soltanto di un potere istituzionale/decisionale, ma sempre più emergente dal basso, nei processi partecipativi delle collettività coinvolte. A tal fine, l’Accademia potrebbe (e dovrebbe) dare uno specifico supporto: non solo nel fornire risposte a problemi già espressi, quanto – forse ancor di più – nel saper comprendere e formulare domande inespresse, nel proporre e anticipare questioni, nell’accompagnare le singole collettività e/o istituzioni negli iter procedurali, nel saper quindi individuare gli strumenti operativi più opportuni ai diversi livelli di governance ai fini di una più diretta partecipazione e maggiore integrazione del nostro operato istituzionale nei processi di modificazione del reale.

Per una "struttura dei contenuti" sociali nell'educazione progettuale / Gregory, Paola. - ELETTRONICO. - (2019), pp. 461-464. (Intervento presentato al convegno Imparare architettura. VII Forum ProArch. I laboratori di progettazione e le pratiche di insegnamento tenutosi a Milano nel 16-17 Novembre 2018).

Per una "struttura dei contenuti" sociali nell'educazione progettuale

Gregory Paola
2019

Abstract

Nel suo libro Progettare un edificio. Otto lezioni di architettura (Roma 1993), Ludovico Quaroni scriveva: “l’opera architettonica risulta innanzitutto dallo studio dei contenuti sociali, delle ragioni istituzionali per le quali una determinata società o potere richiede un’opera architettonica (utilitas) […] e queste ragioni ‘umane’ devono fornire la base di ogni buona progettazione” (ivi, p. 32). Con riferimento alla triade vitruviana – utilitas, firmitas, venustas – che costituisce per l’A. il fondamento di ogni progetto di architettura, Quaroni insiste fin dall’inizio sulla necessaria integrazione delle tre componenti nell’iter progettuale, ben evidenziando quanto, nella formazione degli architetti (ambito al quale il libro si rivolge), sia fondamentale partire dalla domanda sociale – quella che l’A. definisce come “contenuto” o “struttura dei contenuti” del progetto – per non astrarsi o ignorare i condizionamenti reali ai quali ogni opera architettonica deve rispondere. Perciò, se teoricamente risulta possibile all’interno dell’Accademia esercitarsi su una sola delle tre componenti – “struttura dei contenuti”, “struttura resistente”, “struttura linguistica” – per ridurre problemi complessi e consentire di studiarli a fondo nelle loro specificità, alla base dell’educazione progettuale sarà sempre necessaria quella capacità, sottolineata da Quaroni, “di operare la sintesi fra elementi estranei, analizzando, valutando, comparando, scegliendo, semplificando opportunamente il numero dei dati, stabilendo una precisa gerarchia di valori e di relazioni, perché quanto si sta producendo sia riconoscibile, identificabile, funzionale ai presupposti di partenza” (ivi, p. 37). Condividiamo l’impostazione di Quaroni: un progetto, anche quando si sviluppa all’interno dell’Istituzione universitaria, dovrebbe partire da una base reale, in cui fondamentale appare il contenuto-domanda sociale, oggi non più appannaggio soltanto di un potere istituzionale/decisionale, ma sempre più emergente dal basso, nei processi partecipativi delle collettività coinvolte. A tal fine, l’Accademia potrebbe (e dovrebbe) dare uno specifico supporto: non solo nel fornire risposte a problemi già espressi, quanto – forse ancor di più – nel saper comprendere e formulare domande inespresse, nel proporre e anticipare questioni, nell’accompagnare le singole collettività e/o istituzioni negli iter procedurali, nel saper quindi individuare gli strumenti operativi più opportuni ai diversi livelli di governance ai fini di una più diretta partecipazione e maggiore integrazione del nostro operato istituzionale nei processi di modificazione del reale.
2019
9788890905476
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