Il lavoro si inserisce all’interno di un quadro di ricerca più ampio portato avanti dal Dipartimento di Progettazione Architettonica e di Disegno Industriale, che ha dato origine negli anni a molteplici tesi di dottorato, oltre che a diverse convenzioni a livello locale, nazionale ed europeo. La linea di ricerca comune è quella che lavora intorno al possibile ruolo che il progetto di architettura – nelle sue diverse scale e dimensioni – può avere oggi all’interno dei quadri articolati e contraddittori che costituiscono lo sfondo delle trasformazioni della città e del territorio. Uno sfondo che rende necessario riportare in primo piano la centralità del progetto come luogo per riformulare temi e questioni, tornando a riconoscere all’architettura quello spessore disciplinare che non è autonomia, quanto piuttosto specificità dei propri ruoli e strumenti. A partire da questi temi, la tesi si propone di indagare i processi di trasformazione urbana e territoriale recenti, andando a leggere elementi critici e potenzialità del rapporto tra economia e forma. Obiettivo è quello di ritrovare attraverso il progetto di architettura il luogo teorico e operativo attraverso cui definire strumenti utili al governo delle trasformazioni: strumenti capaci di superare, da un lato, risposte ancora incentrate su visioni autoriali del progetto – legate all’idea di un’architettura autonoma ‐, ma anche processi di progressiva affermazione di poetiche del frammento. L’architettura è una disciplina debole, fatta di occasioni specifiche, decisioni puntuali, interpretazioni sempre mutevoli. Debolezza che rappresenta insieme la sua forza e la sua fragilità. Nel tentativo di superare questa ontologica fragilità si ricorre, spesso in modo non consapevole, all’uso strumentale di discipline “altre” dallo statuto più forte, costruendo simulacri di struttura a nascondere quelle che sono non solo le debolezze dell’architettura, ma anche le sue reali specificità. A partire da queste premesse, il lavoro di ricerca esplora la possibilità di un uso strumentale, ma esplicito, di un approccio disciplinare terzo – come quello economico ‐, per provare a mettere in luce le potenzialità ancora inespresse del rapporto tra economia e forma nel campo del progetto urbano e territoriale. Quali sono gli strumenti attraverso cui è possibile esplicitare – e quindi orientare e governare – la continua circuitazione che lega nelle trasformazioni urbane e territoriali le variabili economiche alla qualità dell’abitare?La struttura del lavoro di ricerca riflette questa doppia chiave di lettura: da un lato gli aspetti dell’economia urbana, che muovono dagli intrecci stretti che legano attori pubblici e privati, nel loro essere fattore determinante (e spesso predominante) all’interno dei processi di trasformazione; dall’altro lato, il possibile ruolo che il progetto di architettura alla grande scala può giocare all’interno di queste dinamiche, nel suo essere luogo privilegiato di verifica (o di messa in crisi) di scenari e assetti futuri orientati alla qualità dell’abitare. Una prima parte del lavoro di ricerca ‐ “La città tra mercato e forma” ‐ ripercorre il dibattito che ha attraversato la città e il territorio in tempi recenti, all’interno di uno sguardo doppio che tiene insieme la letteratura legata all’economia e alla geografia urbana con testi di natura storico‐critica, che raccontano da un punto di vista disciplinare modi, processi e strumenti dell’architettura e dell’urbanistica. Una seconda parte – “Esperienze di progetto urbano” – è costruita a partire dalla lettura di alcuni casi studio: l’interesse si focalizza in particolare intorno a due esperienze della storia torinese recente – la Spina 3 e lo Scalo Vanchiglia ‐, che vengono rilette alla luce di alcuni temi chiave e nodi critici emersi nella prima parte del lavoro di ricerca: il tema della qualità e i materiali urbani attraverso cui questa viene perseguita, le relazioni tra strumenti della pianificazione e piano operativo, il rapporto tra politiche e mercato. A questi casi studio privilegiati, si affianca la lettura di alcuni casi nazionali e internazionali, interessanti per le loro analogie e differenze con quelli torinesi. Il lavoro di ricerca si chiude, infine con una riflessione circa il ruolo che oggi il progetto di architettura può giocare all’interno del quadro complesso degli attori, delle competenze, degli strumenti attraverso i quali una città e un territorio orientano e scelgono i propri scenari di assetto futuro. Il progetto di architettura sembra a questo proposito uno strumento ricco di potenzialità, nel suo essere possibile luogo di confronto “fisico” tra attori e discipline diverse. Quotidianamente si assiste al progressivo affermarsi e consolidarsi di pratiche dialogiche tra istituzioni, attori e discipline specifiche diverse. Ciò che emerge è l’esigenza sempre più diffusa di momenti di confronto tra forze e poteri economici, da una parte, e visioni politiche e tecniche dall’altra. All’interno di queste dinamiche, il controllo morfologico delle trasformazioni può porsi come garanzia di una soluzione che “ottimizza” le occasioni ‐ sostanzialmente irreversibili ‐ di trasformazione della città. La dimensione morfologica non è più “forma autonoma”, ma anzi diventa il luogo intorno al quale si stratificano e si sovrappongono, ritrovando un proprio equilibrio, le diverse posizioni sulla città e sul territorio. Una dimensione morfologica che non è deposito ultimo di linguaggi e processi culturalmente e disciplinarmente distanti – l’economia e l’architettura –, ma che diventa invece condensatore dei diversi interessi e visioni presenti nel processo.

“Economia e forma. Torino, trasformazioni urbane tra mercato e morfologia” / Antonelli, Paolo. - (2009).

“Economia e forma. Torino, trasformazioni urbane tra mercato e morfologia”

ANTONELLI, PAOLO
2009

Abstract

Il lavoro si inserisce all’interno di un quadro di ricerca più ampio portato avanti dal Dipartimento di Progettazione Architettonica e di Disegno Industriale, che ha dato origine negli anni a molteplici tesi di dottorato, oltre che a diverse convenzioni a livello locale, nazionale ed europeo. La linea di ricerca comune è quella che lavora intorno al possibile ruolo che il progetto di architettura – nelle sue diverse scale e dimensioni – può avere oggi all’interno dei quadri articolati e contraddittori che costituiscono lo sfondo delle trasformazioni della città e del territorio. Uno sfondo che rende necessario riportare in primo piano la centralità del progetto come luogo per riformulare temi e questioni, tornando a riconoscere all’architettura quello spessore disciplinare che non è autonomia, quanto piuttosto specificità dei propri ruoli e strumenti. A partire da questi temi, la tesi si propone di indagare i processi di trasformazione urbana e territoriale recenti, andando a leggere elementi critici e potenzialità del rapporto tra economia e forma. Obiettivo è quello di ritrovare attraverso il progetto di architettura il luogo teorico e operativo attraverso cui definire strumenti utili al governo delle trasformazioni: strumenti capaci di superare, da un lato, risposte ancora incentrate su visioni autoriali del progetto – legate all’idea di un’architettura autonoma ‐, ma anche processi di progressiva affermazione di poetiche del frammento. L’architettura è una disciplina debole, fatta di occasioni specifiche, decisioni puntuali, interpretazioni sempre mutevoli. Debolezza che rappresenta insieme la sua forza e la sua fragilità. Nel tentativo di superare questa ontologica fragilità si ricorre, spesso in modo non consapevole, all’uso strumentale di discipline “altre” dallo statuto più forte, costruendo simulacri di struttura a nascondere quelle che sono non solo le debolezze dell’architettura, ma anche le sue reali specificità. A partire da queste premesse, il lavoro di ricerca esplora la possibilità di un uso strumentale, ma esplicito, di un approccio disciplinare terzo – come quello economico ‐, per provare a mettere in luce le potenzialità ancora inespresse del rapporto tra economia e forma nel campo del progetto urbano e territoriale. Quali sono gli strumenti attraverso cui è possibile esplicitare – e quindi orientare e governare – la continua circuitazione che lega nelle trasformazioni urbane e territoriali le variabili economiche alla qualità dell’abitare?La struttura del lavoro di ricerca riflette questa doppia chiave di lettura: da un lato gli aspetti dell’economia urbana, che muovono dagli intrecci stretti che legano attori pubblici e privati, nel loro essere fattore determinante (e spesso predominante) all’interno dei processi di trasformazione; dall’altro lato, il possibile ruolo che il progetto di architettura alla grande scala può giocare all’interno di queste dinamiche, nel suo essere luogo privilegiato di verifica (o di messa in crisi) di scenari e assetti futuri orientati alla qualità dell’abitare. Una prima parte del lavoro di ricerca ‐ “La città tra mercato e forma” ‐ ripercorre il dibattito che ha attraversato la città e il territorio in tempi recenti, all’interno di uno sguardo doppio che tiene insieme la letteratura legata all’economia e alla geografia urbana con testi di natura storico‐critica, che raccontano da un punto di vista disciplinare modi, processi e strumenti dell’architettura e dell’urbanistica. Una seconda parte – “Esperienze di progetto urbano” – è costruita a partire dalla lettura di alcuni casi studio: l’interesse si focalizza in particolare intorno a due esperienze della storia torinese recente – la Spina 3 e lo Scalo Vanchiglia ‐, che vengono rilette alla luce di alcuni temi chiave e nodi critici emersi nella prima parte del lavoro di ricerca: il tema della qualità e i materiali urbani attraverso cui questa viene perseguita, le relazioni tra strumenti della pianificazione e piano operativo, il rapporto tra politiche e mercato. A questi casi studio privilegiati, si affianca la lettura di alcuni casi nazionali e internazionali, interessanti per le loro analogie e differenze con quelli torinesi. Il lavoro di ricerca si chiude, infine con una riflessione circa il ruolo che oggi il progetto di architettura può giocare all’interno del quadro complesso degli attori, delle competenze, degli strumenti attraverso i quali una città e un territorio orientano e scelgono i propri scenari di assetto futuro. Il progetto di architettura sembra a questo proposito uno strumento ricco di potenzialità, nel suo essere possibile luogo di confronto “fisico” tra attori e discipline diverse. Quotidianamente si assiste al progressivo affermarsi e consolidarsi di pratiche dialogiche tra istituzioni, attori e discipline specifiche diverse. Ciò che emerge è l’esigenza sempre più diffusa di momenti di confronto tra forze e poteri economici, da una parte, e visioni politiche e tecniche dall’altra. All’interno di queste dinamiche, il controllo morfologico delle trasformazioni può porsi come garanzia di una soluzione che “ottimizza” le occasioni ‐ sostanzialmente irreversibili ‐ di trasformazione della città. La dimensione morfologica non è più “forma autonoma”, ma anzi diventa il luogo intorno al quale si stratificano e si sovrappongono, ritrovando un proprio equilibrio, le diverse posizioni sulla città e sul territorio. Una dimensione morfologica che non è deposito ultimo di linguaggi e processi culturalmente e disciplinarmente distanti – l’economia e l’architettura –, ma che diventa invece condensatore dei diversi interessi e visioni presenti nel processo.
2009
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