Saggio scritto in occasione dell'installazione presentata dai due architetti croati Vinko Penezić e Krešimir Rogina alla Mostra internazionale di architettura della Biennale di Venezia 2008, "Out There: Architecture Beyond Building", diretta da Aaron Betsky. L'installazione di grande dimensione e site specific costituiva - come le altre presenti alle Corderie dell'Arsenale - una possibile risposta alla questione di "sentirsi a casa" nel mondo. Ripercorrendo i temi sviluppati dai due architetti dagli anni Ottanta in poi - in concorsi di progettazione, realizzazioni, installazioni e scritti - si sottolinea la centralità di un'idea di architettura come interfaccia, cui sottende lo spostamento dell'attenzione progettuale dall’oggetto alle logiche e modalità d’uso, ovvero a quelle esigenze di interscambio e retroazione che sottendono a un adattamento reciproco. Rielaborando tematiche desunte dalla ricerca radicale degli anni Sessanta, legata in particolare alla figura di Cedric Price, loro riconosciuto maestro e amico, il cui primato della tecnologia lungi dal perseguire finalità estetiche proprie della dimensione spettacolare dell’high tech consente piuttosto di realizzare le istanze di un avanzamento sociale attraverso l’attualizzazione di un’estrema flessibilità dello spazio, di una sua continua riconfigurazione in rapporto al veloce cambiamento dei costumi e all’incessante estensione degli scambi, P & R sviluppano, fin dalla metà degli anni Ottanta, una concezione fortemente inclusiva e processuale dell’architettura pensata sempre nei termini di un “ambiente a misura delle attività umane”. As Penezic & Rogina write in connection with their new installation at the 2008 Venice Biennial, “Architecture is neither primarily a shelter, nor a condition any more, but serves as an interface between the nomadic dweller and her/his immediate surroundings – the natural, the mechanical, the digital, the phenomenological.” Speaking about architecture as interface means first and foremost shifting attention from the object to the forms and rationale of use, to the requirements of interchange and feedback upon which mutual adaptation is based. A space of interrelation and interaction is thus created between the internal and the external environments, understood respectively as the materials and the way in which the artefact is built and its conditions of use and surroundings. This intermediate area acts as a spatial “sponge” capable of responding in real time to environmental changes and the goals of the project, and also exerts a deep influence on the practices and relations presupposed by object, subject and environment in their interactive processes.

Architecture as Interface / Gregory, P. - In: Penezić & Rogina architects: Who’s afraid of Big Bad Wolf in Digital Age? Interactive Installation at the Venice Biennale 2008 / V. Penezić, K. Rogina. - STAMPA. - ZAGREB : Boško Zatezalo, 2008. - ISBN 9789532019124. - pp. 64-82

Architecture as Interface

Gregory, P.
2008

Abstract

Saggio scritto in occasione dell'installazione presentata dai due architetti croati Vinko Penezić e Krešimir Rogina alla Mostra internazionale di architettura della Biennale di Venezia 2008, "Out There: Architecture Beyond Building", diretta da Aaron Betsky. L'installazione di grande dimensione e site specific costituiva - come le altre presenti alle Corderie dell'Arsenale - una possibile risposta alla questione di "sentirsi a casa" nel mondo. Ripercorrendo i temi sviluppati dai due architetti dagli anni Ottanta in poi - in concorsi di progettazione, realizzazioni, installazioni e scritti - si sottolinea la centralità di un'idea di architettura come interfaccia, cui sottende lo spostamento dell'attenzione progettuale dall’oggetto alle logiche e modalità d’uso, ovvero a quelle esigenze di interscambio e retroazione che sottendono a un adattamento reciproco. Rielaborando tematiche desunte dalla ricerca radicale degli anni Sessanta, legata in particolare alla figura di Cedric Price, loro riconosciuto maestro e amico, il cui primato della tecnologia lungi dal perseguire finalità estetiche proprie della dimensione spettacolare dell’high tech consente piuttosto di realizzare le istanze di un avanzamento sociale attraverso l’attualizzazione di un’estrema flessibilità dello spazio, di una sua continua riconfigurazione in rapporto al veloce cambiamento dei costumi e all’incessante estensione degli scambi, P & R sviluppano, fin dalla metà degli anni Ottanta, una concezione fortemente inclusiva e processuale dell’architettura pensata sempre nei termini di un “ambiente a misura delle attività umane”. As Penezic & Rogina write in connection with their new installation at the 2008 Venice Biennial, “Architecture is neither primarily a shelter, nor a condition any more, but serves as an interface between the nomadic dweller and her/his immediate surroundings – the natural, the mechanical, the digital, the phenomenological.” Speaking about architecture as interface means first and foremost shifting attention from the object to the forms and rationale of use, to the requirements of interchange and feedback upon which mutual adaptation is based. A space of interrelation and interaction is thus created between the internal and the external environments, understood respectively as the materials and the way in which the artefact is built and its conditions of use and surroundings. This intermediate area acts as a spatial “sponge” capable of responding in real time to environmental changes and the goals of the project, and also exerts a deep influence on the practices and relations presupposed by object, subject and environment in their interactive processes.
2008
9789532019124
Penezić & Rogina architects: Who’s afraid of Big Bad Wolf in Digital Age? Interactive Installation at the Venice Biennale 2008
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