Le torri medievali, disseminate un po’ dovunque sul territorio, costituiscono una peculiarità unica di tante nostre città: ne caratterizzano il profilo e ne sintetizzano l’immagine e la storia, soprattutto la storia anche se è l’immagine a colpirci con maggiore immediatezza, al punto da diventare talvolta il simbolo identificativo di una comunità. E’ questo il caso della Torre Ghirlandina di Modena (Cadignani, 2009), non certo l’unico ma sicuramente paradigmatico per i problemi posti, legati allo stretto rapporto con la Cattedrale, all’interazione con il terreno e più in generale con l’ambiente naturale. La sua costruzione, come quella di altre torri medievali, solitamente caratterizzate da significativa snellezza, ha rappresentato momenti di notevole impegno statico, giacchè i materiali si trovano ad essere particolarmente sollecitati già solo per effetto del peso proprio. Sollecitazioni destinate ad evolversi nel tempo, se l’interazione con il terreno diventa motivo di un sia pure lento ma continuo cambio della configurazione geometrica, che risulta così caratterizzata da una visibile pendenza. Ed è stupefacente notare come l’osservatore, anche digiuno di conoscenze scientifiche, riesca a cogliere la vera essenza del problema, perché, interrogandosi sulla sua pendenza e su come la torre possa reagire ad una qualunque azione che ne perturbi l’attuale configurazione, pone di fatto l’accento sulla natura dell’equilibrio, ossia sulla stabilità dell’equilibrio. Questa stabilità risulta tanto più precaria quanto minore è la rigidezza del terreno e la Torre di Pisa rappresenta al riguardo un esempio emblematico, perché il tema della conservazione del Campanile di Piazza dei Miracoli si è identificato al termine di tanti studi con quello della stabilità dell’equilibrio (Hambly, 1985; Como, 1993; Lancellotta, 1993; Desideri e Viggiani, 1994; Nova e Montrasio, 1995; Federico e Ferlisi, 1999; Burland et al., 2003; Marchi et al, 2011). Beninteso, altri problemi di natura strutturale possono mettere in crisi l’apparato murario (Heyman, 1992), come testimoniano le rovinose vicende del Campanile di Venezia e della Torre Civica di Pavia (Binda et al., 1992; Macchi, 1993; Como, 2010). E la torre, giunta fino a noi attraverso tanti secoli, ha superato durante le fasi della sua edificazione momenti che acquisivano carattere di criticità ogni qualvolta il carico unitario trasmesso al terreno di fondazione risultava prossimo alla capacità portante del sistema fondazione-terreno. Per comprendere le fortunate circostanze che hanno garantito la sopravvivenza della torre è dunque indispensabile rileggerne la storia e identificare quelle interruzioni (probabilmente non programmate dall’Architetto ignaro dei principi di Meccanica delle terre, che oggi costituiscono la nostra chiave di lettura dei problemi di interazione terreno-struttura, ma indiscutibilmente ingenio clarus, doctus et aptus), quei periodi di stasi, che hanno consentito al terreno di consolidarsi sotto i carichi ad esso trasmessi, con conseguente miglioramento delle caratteristiche meccaniche e possibilità quindi di resistere agli ulteriori incrementi di sollecitazione prodotti dalle successive fasi di accrescimento della struttura. Si tratta di periodi di stasi che possono essere individuati attraverso la lettura e la decifrazione dell’organismo strutturale, della tessitura materica, del programma scultoreo, delle suture e dei segni lasciati nell’apparato lapideo dai vari cantieri. Dunque si tratta di vari livelli di lettura, e, tra questi, c’è quello riguardante l’interazione struttura-terreno, che può talora contribuire in modo quasi inatteso a spiegare quei segni ai quali si sta accennando e illustrare i meccanismi che di fatto hanno permesso la sopravvivenza del bene. E’ questo l’oggetto di questa XI Croce Lecture, che vuole evidenziare gli aspetti peculiari della nostra disciplina, la geotecnica, quando è posta al servizio della conservazione dei beni architettonici e, più in generale, del costruito storico, ripercorrendo la storia e i problemi posti dalla torre Ghirlandina.

La Torre Ghirlandina: una storia di interazione struttura-terreno. XI Croce Lecture / Lancellotta, Renato. - In: RIVISTA ITALIANA DI GEOTECNICA. - ISSN 0557-1405. - STAMPA. - XLVII:2(2013), pp. 7-37.

La Torre Ghirlandina: una storia di interazione struttura-terreno. XI Croce Lecture.

LANCELLOTTA, RENATO
2013

Abstract

Le torri medievali, disseminate un po’ dovunque sul territorio, costituiscono una peculiarità unica di tante nostre città: ne caratterizzano il profilo e ne sintetizzano l’immagine e la storia, soprattutto la storia anche se è l’immagine a colpirci con maggiore immediatezza, al punto da diventare talvolta il simbolo identificativo di una comunità. E’ questo il caso della Torre Ghirlandina di Modena (Cadignani, 2009), non certo l’unico ma sicuramente paradigmatico per i problemi posti, legati allo stretto rapporto con la Cattedrale, all’interazione con il terreno e più in generale con l’ambiente naturale. La sua costruzione, come quella di altre torri medievali, solitamente caratterizzate da significativa snellezza, ha rappresentato momenti di notevole impegno statico, giacchè i materiali si trovano ad essere particolarmente sollecitati già solo per effetto del peso proprio. Sollecitazioni destinate ad evolversi nel tempo, se l’interazione con il terreno diventa motivo di un sia pure lento ma continuo cambio della configurazione geometrica, che risulta così caratterizzata da una visibile pendenza. Ed è stupefacente notare come l’osservatore, anche digiuno di conoscenze scientifiche, riesca a cogliere la vera essenza del problema, perché, interrogandosi sulla sua pendenza e su come la torre possa reagire ad una qualunque azione che ne perturbi l’attuale configurazione, pone di fatto l’accento sulla natura dell’equilibrio, ossia sulla stabilità dell’equilibrio. Questa stabilità risulta tanto più precaria quanto minore è la rigidezza del terreno e la Torre di Pisa rappresenta al riguardo un esempio emblematico, perché il tema della conservazione del Campanile di Piazza dei Miracoli si è identificato al termine di tanti studi con quello della stabilità dell’equilibrio (Hambly, 1985; Como, 1993; Lancellotta, 1993; Desideri e Viggiani, 1994; Nova e Montrasio, 1995; Federico e Ferlisi, 1999; Burland et al., 2003; Marchi et al, 2011). Beninteso, altri problemi di natura strutturale possono mettere in crisi l’apparato murario (Heyman, 1992), come testimoniano le rovinose vicende del Campanile di Venezia e della Torre Civica di Pavia (Binda et al., 1992; Macchi, 1993; Como, 2010). E la torre, giunta fino a noi attraverso tanti secoli, ha superato durante le fasi della sua edificazione momenti che acquisivano carattere di criticità ogni qualvolta il carico unitario trasmesso al terreno di fondazione risultava prossimo alla capacità portante del sistema fondazione-terreno. Per comprendere le fortunate circostanze che hanno garantito la sopravvivenza della torre è dunque indispensabile rileggerne la storia e identificare quelle interruzioni (probabilmente non programmate dall’Architetto ignaro dei principi di Meccanica delle terre, che oggi costituiscono la nostra chiave di lettura dei problemi di interazione terreno-struttura, ma indiscutibilmente ingenio clarus, doctus et aptus), quei periodi di stasi, che hanno consentito al terreno di consolidarsi sotto i carichi ad esso trasmessi, con conseguente miglioramento delle caratteristiche meccaniche e possibilità quindi di resistere agli ulteriori incrementi di sollecitazione prodotti dalle successive fasi di accrescimento della struttura. Si tratta di periodi di stasi che possono essere individuati attraverso la lettura e la decifrazione dell’organismo strutturale, della tessitura materica, del programma scultoreo, delle suture e dei segni lasciati nell’apparato lapideo dai vari cantieri. Dunque si tratta di vari livelli di lettura, e, tra questi, c’è quello riguardante l’interazione struttura-terreno, che può talora contribuire in modo quasi inatteso a spiegare quei segni ai quali si sta accennando e illustrare i meccanismi che di fatto hanno permesso la sopravvivenza del bene. E’ questo l’oggetto di questa XI Croce Lecture, che vuole evidenziare gli aspetti peculiari della nostra disciplina, la geotecnica, quando è posta al servizio della conservazione dei beni architettonici e, più in generale, del costruito storico, ripercorrendo la storia e i problemi posti dalla torre Ghirlandina.
2013
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