Il saggio, parte di un volume dedicato a illustrare l’influenza dell’opera e del pensiero di Roberto Pane, muove dalle riflessioni sul rapporto tra “antico e nuovo”, quale stimolo in riferimento allo studio della ricostruzione postbellica. Torino, seppure sia rimasta ai margini del dibattito seguito al secondo conflitto mondiale, rappresenta un interessante caso studio che induce a riflettere in merito al rapporto tra le istanze contraddittorie di “antico e nuovo”. Rispetto al panorama non solo nazionale, ma anche internazionale, Torino con il suo patrimonio architettonico risulta essere ancora scarsamente indagata in considerazione ai molteplici interventi di restauro e ricostruzione realizzati. In particolare, gli interventi di ricostruzione, condotti in assenza di contraddittorio, offrono la possibilità di porre a confronto atteggiamenti tra loro profondamente diversi; dalle “false architetture in stile”, alle «nuove e schiette espressioni [che] aggiungono la voce del nostro tempo al coro delle voci del passato», passando attraverso realizzazioni che cercano di coniugare entrambe le posizioni. L’atteggiamento assunto nell’immediato dopoguerra vede da un lato la difesa della tradizione barocca che induce, per quanto attiene ai principali monumenti vincolati, alla loro immediata ricostruzione operando interventi di «restauro conservativo delle facciate riconosciute auliche, mediazione stilistica nei risvolti, moderno senza troppi problemi nelle parti funzionali». Tra questi troviamo gli interventi condotti per gli edifici bombardati delle aree centrali della città in cui si propone la ricostruzione di quanto distrutto escludendo a priori qualunque moderna espressione architettonica. Attraverso alcuni esempi, ritenuti significativi a illustrare quanto avvenuto nel capoluogo piemontese, si evince come nel dopoguerra la città sia stata caratterizzata dall’opera di sostituzione che «è proseguita con ritmo apparentemente distratto, senza un filo conduttore che non fosse quello del massimo profitto, accentuato […] dalle densità edilizie costruibili nella cosiddetta zona centrale, più elevate qui che in qualsiasi altra parte della città. Si è costruito dapprima in deroga ai regolamenti per favorire la ricostruzione degli stabili abbattuti per eventi bellici, si è applicato poi il regolamento edilizio oppure le linee che “il piano di ricostruzione” […] indicava, lasciando largo margine alle innovazioni avventate e alternative in profondità rispetto alle preesistenze». Gli interventi torinesi, troppo spesso poco attenti al tessuto urbano, sono presumibilmente ascrivibili alla mancanza di conoscenza dei valori che caratterizzavano non tanto le grandi opere architettoniche, quanto la «letteratura architettonica». E’ doveroso precisare che i casi illustrati non rappresentano che gli esempi più significativi di tutta una serie di interventi che si sono succeduti, in un rapporto di continuità con la contemporaneità e che risultano essere espressione dell’irrisolta problematica legata all’inserimento di nuove architetture nel tessuto storico. Anche il caso torinese evidenzia l’attualità del pensiero di Pane secondo cui «considerato che il maggior danno apportato all’ambiente antico è determinato dalla prevalenza degli interessi della speculazione e che, d’altra parte, anche l’architettura di compromesso, sebbene ancora frequentemente attuata, non risolve affatto il rapporto tra nuovo e antico; considerato che molti architetti contribuiscono, per rassegnato conformismo, al determinarsi della presente situazione» fondamentale risulta «riconoscere la loro parte di responsabilità e la necessità di una loro più vigile coscienza, allo scopo di contribuire a configurare il nostro mondo in una forma accettabile e degna».

"Antico e nuovo" nel secondo dopoguerra a Torino / Benente, Michela. - STAMPA. - (2010), pp. 377-382. (Intervento presentato al convegno Roberto Pane tra storia e restauro. Architettura, città, paesaggio tenutosi a Napoli, Università degli studi di Napoli Federico II nel 27-28 ottobre 2008).

"Antico e nuovo" nel secondo dopoguerra a Torino

BENENTE, MICHELA
2010

Abstract

Il saggio, parte di un volume dedicato a illustrare l’influenza dell’opera e del pensiero di Roberto Pane, muove dalle riflessioni sul rapporto tra “antico e nuovo”, quale stimolo in riferimento allo studio della ricostruzione postbellica. Torino, seppure sia rimasta ai margini del dibattito seguito al secondo conflitto mondiale, rappresenta un interessante caso studio che induce a riflettere in merito al rapporto tra le istanze contraddittorie di “antico e nuovo”. Rispetto al panorama non solo nazionale, ma anche internazionale, Torino con il suo patrimonio architettonico risulta essere ancora scarsamente indagata in considerazione ai molteplici interventi di restauro e ricostruzione realizzati. In particolare, gli interventi di ricostruzione, condotti in assenza di contraddittorio, offrono la possibilità di porre a confronto atteggiamenti tra loro profondamente diversi; dalle “false architetture in stile”, alle «nuove e schiette espressioni [che] aggiungono la voce del nostro tempo al coro delle voci del passato», passando attraverso realizzazioni che cercano di coniugare entrambe le posizioni. L’atteggiamento assunto nell’immediato dopoguerra vede da un lato la difesa della tradizione barocca che induce, per quanto attiene ai principali monumenti vincolati, alla loro immediata ricostruzione operando interventi di «restauro conservativo delle facciate riconosciute auliche, mediazione stilistica nei risvolti, moderno senza troppi problemi nelle parti funzionali». Tra questi troviamo gli interventi condotti per gli edifici bombardati delle aree centrali della città in cui si propone la ricostruzione di quanto distrutto escludendo a priori qualunque moderna espressione architettonica. Attraverso alcuni esempi, ritenuti significativi a illustrare quanto avvenuto nel capoluogo piemontese, si evince come nel dopoguerra la città sia stata caratterizzata dall’opera di sostituzione che «è proseguita con ritmo apparentemente distratto, senza un filo conduttore che non fosse quello del massimo profitto, accentuato […] dalle densità edilizie costruibili nella cosiddetta zona centrale, più elevate qui che in qualsiasi altra parte della città. Si è costruito dapprima in deroga ai regolamenti per favorire la ricostruzione degli stabili abbattuti per eventi bellici, si è applicato poi il regolamento edilizio oppure le linee che “il piano di ricostruzione” […] indicava, lasciando largo margine alle innovazioni avventate e alternative in profondità rispetto alle preesistenze». Gli interventi torinesi, troppo spesso poco attenti al tessuto urbano, sono presumibilmente ascrivibili alla mancanza di conoscenza dei valori che caratterizzavano non tanto le grandi opere architettoniche, quanto la «letteratura architettonica». E’ doveroso precisare che i casi illustrati non rappresentano che gli esempi più significativi di tutta una serie di interventi che si sono succeduti, in un rapporto di continuità con la contemporaneità e che risultano essere espressione dell’irrisolta problematica legata all’inserimento di nuove architetture nel tessuto storico. Anche il caso torinese evidenzia l’attualità del pensiero di Pane secondo cui «considerato che il maggior danno apportato all’ambiente antico è determinato dalla prevalenza degli interessi della speculazione e che, d’altra parte, anche l’architettura di compromesso, sebbene ancora frequentemente attuata, non risolve affatto il rapporto tra nuovo e antico; considerato che molti architetti contribuiscono, per rassegnato conformismo, al determinarsi della presente situazione» fondamentale risulta «riconoscere la loro parte di responsabilità e la necessità di una loro più vigile coscienza, allo scopo di contribuire a configurare il nostro mondo in una forma accettabile e degna».
2010
9788831706339
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